Ogni 27 gennaio, la Giornata della Memoria ci invita a riflettere sull’Olocausto, un genocidio che ha segnato profondamente il XX secolo e la coscienza dell’umanità. Questa ricorrenza, tuttavia, non deve limitarsi a un semplice esercizio di ricordo: deve spingerci a comprendere le dinamiche umane, sociali e psicologiche che hanno reso possibili tragedie come questa e che, con volti e modalità diverse, si ripresentano anche nel presente. Il saggio di Helm Stierlin su Hitler (Carocci, 2003) rappresenta un’analisi illuminante. Divenuto un classico, questo studio non solo ricostruisce gli eventi storici, ma esplora la personalità di Adolf Hitler e la sua capacità di trascinare milioni di persone in una spirale distruttiva. Come osserva lo psichiatra Luigi Cancrini, esistono disturbi di personalità che possono risultare vincenti in determinate circostanze, soprattutto in individui con tratti antisociali e masochistici. Stierlin analizza la psicologia del giovane Hitler, segnata da un rapporto conflittuale con i genitori: una madre iperprotettiva e un padre autoritario e violento che picchiava spesso la moglie. Il bambino, che cercava di difenderla, subiva a sua volta percosse regolari. Gli ultimi anni della madre, durante l’adolescenza di Hitler, furono segnati da una malattia oncologica alla mammella. La cura, gestita da un medico ebreo, si rivelò inefficace, provocando forti sofferenze che la portarono alla morte.
Narcisismo di massa e l’altro come minaccia La psicologia di gruppo descritta da Stierlin individua nelle delusioni storiche della Germania le basi dell’alleanza tra il Führer e le masse. Ma ciò che rende questa analisi attuale è il modo in cui aiuta a comprendere i pericoli del narcisismo di massa e della svalutazione dell’altro, fenomeni che continuano a manifestarsi nelle società contemporanee. Viviamo in un’epoca segnata da polarizzazioni sociali, economiche e culturali. Il narcisismo collettivo si alimenta della svalutazione dell’altro e del rifugio in un mondo idealizzato. Come osserva Christopher Lasch: “Il divario tra fantasticherie e realtà, tra mondo del privilegio e mondo del quotidiano, spinge a un ironico distacco che smorza la sofferenza, ma paralizza la volontà di migliorare le condizioni sociali e di restituire dignità alla vita quotidiana” (C. Lasch, “La cultura del narcisismo”). Queste dinamiche spingono gruppi di persone disilluse a trovare identità e appartenenza in figure autoritarie che offrono soluzioni semplicistiche e individuano nemici simbolici su cui proiettare paure e frustrazioni. È lo stesso meccanismo che ha condotto al genocidio nazista e che, oggi, si ripropone in forme diverse. Il ritorno della simbologia nazista nelle strade di alcune città europee e americane è un segnale inquietante. Dimostra che le dinamiche del passato possono ripresentarsi se non vengono affrontate attraverso un’educazione emotiva in grado di canalizzare diversamente frustrazioni e conflitti. Leader egemoni e narcisismo del potere Le figure autoritarie, pur agendo in contesti diversi, condividono tratti ricorrenti:
Disuguaglianze, consumo e concentrazione del potere La disparità economica globale è un ulteriore elemento che alimenta la crisi sociale. Mai prima d’ora l’umanità ha conosciuto una disuguaglianza così marcata, dove una ristretta élite economica detiene il controllo su risorse, tecnologia e politica. Questi individui influenzano non solo le decisioni globali, ma anche i valori collettivi. La società basata sul consumo e sull’idea di progresso individuale ha reso l’aspirazione al successo una forza alienante, alimentando competizione e svalutazione del prossimo. La memoria come strumento di resistenza La Giornata della Memoria non è solo uno sguardo al passato, ma un’opportunità per riflettere sulle nuove forme di violenza, disuguaglianza e controllo che minacciano la dignità umana. Lavorare sulla memoria significa rielaborare i traumi collettivi, sviluppando empatia e consapevolezza. Solo attraverso una riflessione profonda su noi stessi e sulle nostre relazioni con gli altri possiamo costruire una società più resiliente, capace di resistere alle seduzioni del narcisismo di massa e alle derive autoritarie. “L’Olocausto può essere interpretato come un momento storico cruciale, in cui l’idolatria dell’oggetto e il rifiuto del vuoto hanno assunto una forma aberrante e distruttiva. Questo tentativo illusorio di colmare un vuoto interiore attraverso la disumanizzazione dell’altro ha consolidato una dinamica culturale che rifiuta il desiderio autentico, sostituendolo con l’adorazione dell’oggetto come simbolo di pienezza.” (A. Pancallo, L’inconscio e la battaglia dell’Anima) Letture correlate:
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