Viviamo in tempi segnati da paura, incertezza e divisione. La crisi ecologica, economica e politica, unita all’avanzata delle nuove forme di totalitarismo e fanatismo, ci pone di fronte a una domanda essenziale: cosa significa essere umani? Rob Riemen, scrittore e intellettuale olandese, prova a rispondere in L’arte di diventare umani. Quattro lezioni sulla crisi della nostra epoca (Mondadori), un’opera che si muove tra saggio filosofico, pamphlet politico e romanzo di formazione. Un libro che vuole essere un omaggio alla grande tradizione dell’umanesimo europeo e, al tempo stesso, un monito urgente contro le insidie del presente. Un’arte da coltivare Per Riemen, diventare umani è una pratica, un impegno costante: “Non è una condizione data, ma una conquista. Un’arte che richiede disciplina, coraggio e dedizione”. Un concetto che affonda le radici nella grande tradizione filosofica e letteraria europea, da Socrate a Thomas Mann, da Ovidio a Bulgakov, pensatori e scrittori che hanno lottato contro le imposizioni del potere, difendendo la verità e la libertà.
“Solo mezzo secolo fa la speranza di una fratellanza universale sembrava un orizzonte concreto”, scrive Riemen, “eppure oggi queste idee suonano quasi datate. L’umanità è sempre più lacerata, la paura e la violenza hanno avuto il sopravvento”. Il libro nasce da questa consapevolezza e dall’urgenza di proporre un’alternativa: il ritorno a un umanesimo militante. Un nuovo umanesimo contro la disumanizzazione Il XXI secolo è segnato da una “nuova epoca dell’ansia”. Se il Novecento aveva trovato in Auden il poeta capace di raccontare il senso di smarrimento del dopoguerra, oggi la paura è tornata sotto nuove forme. Riemen individua i responsabili di questa crisi nel crescente dominio dell’economicismo, della tecnocrazia e delle nuove forme di totalitarismo ideologico: “Non c’è mai stata un’epoca in cui gli esseri umani abbiano vissuto senza paura, ma mai come oggi l’angoscia è stata così pervasiva e utilizzata come strumento di potere”. Non si tratta solo della minaccia di regimi autoritari, ma anche dell’omologazione culturale e della manipolazione del linguaggio. Qui si inserisce la riflessione sulla cancel culture e sul pericolo di un nuovo dogmatismo: “L’ideologia woke è, in fondo, una forma di neostalinismo. La cancel culture non è un fenomeno nuovo: Hitler e Stalin l’avevano già inventata”. In questa prospettiva, Riemen vede nel pensiero critico e nella cultura umanistica le uniche armi per contrastare la deriva del nostro tempo. La lezione di Musil: contro la stupidità e la menzogna Uno dei capitoli più interessanti del libro è dedicato a Robert Musil e alla sua analisi della stupidità. Riemen riprende il pensiero dello scrittore austriaco, mettendo in guardia contro “la stupidità sostenuta e piena di pretese, quella che si maschera da verità e si insinua nella cultura fino a diventarne parte integrante”. Un pericolo sempre attuale, soprattutto in un’epoca in cui la manipolazione dell’informazione e la polarizzazione del dibattito pubblico rendono sempre più difficile distinguere la verità dalla menzogna. Musil proponeva un antidoto a questa degenerazione: “Il principale rimedio contro la stupidità è il significato”, scrive Riemen, “ovvero la capacità di riconoscere il valore autentico delle cose, di discernere tra ciò che è giusto e ciò che è pura propaganda”. Un insegnamento che, oggi più che mai, si rivela fondamentale. Ripartire dalla cultura e dal confronto Il libro si chiude con un appello: per contrastare la disumanizzazione, è necessario ripartire dalla cultura, dal dibattito e dalla ricerca della verità. “Oggi la cultura deve ripartire dal basso, dalle realtà locali, dai giornali indipendenti, dai piccoli centri di pensiero che non si accontentano della propaganda”, afferma Riemen. E, soprattutto, bisogna tornare a guardare ai grandi maestri del passato. Per l’autore, una figura centrale è Thomas Mann: “Tutto il mio pensiero si basa su ciò che ho imparato da lui. Forse il libro più importante della mia formazione è stato La montagna incantata, che mi ha insegnato il valore del confronto e della parola”. Non è un caso che il Nexus Institute, da lui fondato, si ispiri proprio al modello del dibattito libero e aperto, un’idea di cultura come spazio di riflessione critica e resistenza intellettuale. Un libro necessario L’arte di diventare umani non è un libro semplice, né consolatorio. È una lettura densa, che richiede attenzione e impegno. Ma è anche un libro necessario, un richiamo alla responsabilità individuale e collettiva di fronte alle sfide del nostro tempo. Riemen ci invita a non arrenderci alla passività e alla rassegnazione, ma a “praticare l’umanesimo come un’arte, come un percorso quotidiano fatto di pensiero critico, bellezza e giustizia”. Un manifesto di resistenza culturale in un’epoca che rischia di perdere il senso stesso della propria umanità. Nota biografica su Rob Riemen e dettagli del libro Rob Riemen è un saggista, filosofo e intellettuale olandese, noto per il suo impegno nella difesa della cultura umanistica e del pensiero critico. Nel 1994 ha fondato il Nexus Institute, un centro di dibattito culturale di fama internazionale che promuove il confronto tra pensatori, scrittori, scienziati e artisti. Il suo lavoro si ispira alla tradizione dell'umanesimo europeo e ai grandi intellettuali del Novecento, da Thomas Mann a Albert Camus, da Benedetto Croce a George Steiner. Tra i suoi libri più noti si ricordano La nobiltà di spirito. Un ideale perduto (Rizzoli, 2010) e To Fight Against This Age: On Fascism and Humanism (2018), nei quali ha analizzato il ritorno del fascismo e il declino dei valori democratici. Il suo pensiero si concentra sull'importanza della cultura e dell’etica come strumenti di resistenza contro la disumanizzazione e il fanatismo ideologico. Dettagli del libro:
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