Oggi credo che non sarei stato in grado di studiare come feci allora, perché gli studi sono troppo ben organizzati mentre quando io ero un bambino non erano ben organizzati, così ho potuto lavorare e studiare allo stesso tempo. Fondamentale nel percorso divulgativo che stiamo facendo (presente nella sezione libri del nostro sito) il testo che ci accingiamo a proporvi, "Di carne e d’anima" di Boris Cyrulnik, lo dobbiamo presentare facendo un percorso a ritroso, partendo dalla biografia dell’autore piuttosto che dai contenuti del testo stesso. La sua storia, il suo percorso umano, è fondamentale per apprendere come dal dolore lo stesso scienziato sia diventato tale. Nato in Francia nel 1937, a Bordeaux, da una famiglia ebrea, Boris Cyrulnik ha sofferto la morte dei suoi genitori avvenuta in un campo di concentramento nazista. Egli evitò la deportazione nascondendosi, in occasione di una retata della polizia, nel bagno della sinagoga della sua città. Dopo la perdita dei genitori Cyrulnik deve crescere pagandosi gli studi da solo. Stimolato da un contesto che gli ha inculcato la passione per la letteratura e lo studio riesce a ottenere la laurea in medicina e, nel 1970, si specializza in neurologia e psichiatria. In merito alla "resilienza" di Cyrulnik, termine dallo stesso scienziato coniato - che in psicologia significa la capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza perdere la propria umanità, dove dare un senso alla vita è un aspetto inscindibile del processo resiliente - che La resilienza di Boris Cyrulnik, le sue connessioni d'unione con la vita, furono le persone, i libri e il rugby: Ho studiato medicina per un desiderio di sicurezza e d’integrazione, per esplorare la mente umana e dare un senso all’incomprensibile; nessuno dubita che mi sono indirizzato alla psichiatria perché la mia famiglia è stata deportata e mai più ritornata. Cyrulnik, che ha dedicato gran parte della sua vita a studiare i punti determinanti dello sviluppo personale degli esseri umani, parla della sua ricerca sulla connessione tra biologia e spirito.
Appassionatamente, l’autore di “Di Carne e d’Anima” - tradotto in altre lingue in “Di Corpo e Anima” - sostiene, nel medesimo libro, che possiamo tessere il sentimento della felicità ed essere architetti del nostro benessere. Racconta come l'esperienza emozionale sia, biologicamente, chimica pura che, però, è possibile modificare a favore del proprio benessere. Nello specifico parla della "resilienza neuronale" riferendosi alla intima connessione che c’è tra il fisico e lo spirito ovvero sia, tra il neurologico e la psiche; spiega il potere che può avere la persona nell’intervenire coscientemente in questo processo per avvicinarsi alla felicità. Dalla povertà o dall'eccesso nel nostro cervello di determinati neurotrasmettitori dipende la nostra allegria del vivere. Ma, la produzione di questi neurotrasmettitori, è strettamente legata all'amore e all'attenzione che ci hanno profuso durante l'infanzia e, più tardi - anche in base allo scenario culturale nel quale ci muoviamo - dalla qualità della passione impressa alla vita, dall'apertura all'amore, dal tipo di attitudine di fronte al quotidiano. Chiedendosi se la natura vulnerabile dell'uomo lo condanni inevitabilmente all'infelicità, l'autore risponde negativamente, sostenendo che non esiste nessun determinismo, né psicologico, né biologico. Esiste, invece, un legame strettissimo tra biologia e psicologia, tra reazioni chimiche, mentali e relazionali. Integrando discipline differenti, l'autore scandaglia l'universo fluido della psiche spaziando tra questioni come la vulnerabilità, la sofferenza mentale e fisica, l'empatia, il piacere, le risposte diverse alle sollecitazioni della vita. L'uomo è fatto di carne e anima e la vita è una conquista continua e costante. Così la chiave risiede negli affetti, nella solidarietà, e questi nel contatto umano. Per quanto grave possa essere quello che si ha sofferto, la psiche si palesa per essere così flessibile, che con gli ingredienti del contatto umano, con la comprensione, con la parola, si può tornare a "galleggiare". Boris Cyrulnik spiega che la resilienza e il trauma, non hanno frontiere e nemmeno nazionalità e che non c'è, a suo avviso, un'età o una condizione limite. (...) a Tolone stiamo lavorando con pazienti malati d’Alzheimer, che dimenticano le parole ma non gli affetti, i gesti, e nemmeno la musica. Il libro è un viaggio nelle profondità di quello che lo stesso Cyrulnik chiama l'anima intendendo l'anima nel senso psicoanalitico proposto da Sigmund Freud, che non ha nulla a che vedere con la religione, ma "una rappresentazione intima d’immagini e parole".
Un concetto molto diverso da quello che avrebbe un credente, anche se riferendosi alla religione, e avvicinandosi a quest’ultima da una prospettiva scientifica, constata come i credenti superano le malattie con più efficacia dei non credenti. Buon lettura! Pagine correlate: Comments are closed.
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