L'ortoressia, dal greco orthos (corretto) e orexis (appetito) - riconosciuta tra i disturbi della nutrizione dal DSM-5 (*) - è un fenomeno che sta emergendo con sempre più forza nella società contemporanea. Il disturbo è caratterizzato da una preoccupazione eccessiva per il cibo sano e la qualità degli alimenti, questa condizione può condurre a restrizioni alimentari e isolamento sociale.
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Il senso dell’identità si associa all’idea di movimento perché è tramite questo ‘andare verso’ che l’individuo sperimenta il proprio essere nel mondo. Lo spazio in cui ci muoviamo riflette la nostra rappresentazione del mondo, come pure la configurazione sociale ed affettiva. L’identità è anche lo spazio del controllo in cui opera la nostra riflessività dove, inoltre, si plasmano i nostri significati in rapporto alla realtà. Tali significati si modificano nel corso degli anni perché gli individui sperimentano in vari modi l’esistenza in rapporto all’età.
Negli ultimi decenni, la tecnologia ha trasformato radicalmente il nostro modo di vivere, influenzando anche il modo in cui affrontiamo la sessualità.
La dieta Blue Zones è diventata una sorta di fenomeno su Netflix, con l'attenzione che si concentra non solo sulla longevità, ma anche sul benessere mentale ed emotivo delle persone che adottano questo stile di vita alimentare. Oltre alle considerazioni fisiche esiste un profondo legame psicologico da esplorare, che anche la serie televisiva ed il libri ispirano. Questo approfondimento sulle Blue Zones ci da l’opportunità di riflettere su come non sia strettamente necessario copiare un modello, non interamente replicabile peraltro, quanto riuscire a riconoscere cosa ci porta a tenerci lontani da aspetti maggiormente benefici; comprendere ad esempio che la difficoltà a modificare l’alimentazione è correlata alla tendenza ad uscire da se stessi.
Percorsi di narrazione corporea. Tra corporeità ed integrità: l’utilizzo del bracing funzionale29/9/2023 La plasticità neuronale, partendo dagli approfondimenti dello psicologo William James, successivamente elaborati da numerosi studiosi, è un aspetto del nostro funzionamento in grado di consentire qualità di vita negli anni. La plasticità neuronale sostiene il declino dei processi di funzionamento grazie alle caratteristiche di “plasticità funzionale compensatoria”, in grado di riorganizzare nuove risorse cognitive. Uno studio pubblicato su Agin Society, ci piega come persone con un grado di conoscenza maggiore possano sostenere con più efficacia i danni dovuti all’età. La spiegazione più probabile sta nel fatto che la maggiore conoscenza aumenta la plasticità del cervello così da favorire migliore stabilità rispetto ai processi d’invecchiamento. Dato che la psicoterapia alimenta un ambiente socio-emotivo più sviluppato, si può presumere che tutto questo dia vita a cervelli maggiormente resilienti.
La "Lotteria dei Geni. Come il DNA influenza la nostra vita e la società" di Kathryn Paige Harden (UTET) ci spinge a riflettere sulla complessità delle nostre storie personali. Molte volte abbiamo sentito dire che la vita è una serie di eventi casuali, una sorta di estrazione casuale della lotteria della vita. Ma si tratta solo di casualità?
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