“Il compito della filologia, cioè dello studio scientifico del mondo antico è di far rivivere con la forza della scienza quella vita scomparsa: il canto del poeta, il pensiero del filosofo e del legislatore, la santità del tempio, i sentimenti dei credenti e dei non credenti, le molteplici attività del mercato e del porto per terra e per mare, gli uomini intenti al lavoro e al gioco. Come ogni scienza, come in ogni filosofia, per dirla alla greca, anche qui si comincia con lo stupore che suscita ciò che non si comprende. Lo scopo è di arrivare alla comprensione.” (Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff) I Greci ci hanno lasciato un’eredità formidabile: la capacità di interrogare il reale senza cedere alla tentazione delle risposte facili. Nelle loro pratiche culturali, nei miti e nelle scuole di pensiero, troviamo una straordinaria attitudine alla ricategorizzazione del senso, una sfida al nostro bisogno di certezze.
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Nel video che presentiamo oggi, la psicologa Anna Pancallo conduce una conversazione con la scrittrice e saggista Andrea Marcolongo sul tema Il regno di Perseo, esplorando le profonde connessioni tra mito, psicologia e trasformazione dell’anima.
Nel mito di Perseo e Medusa, la necessità dell’eroe di costruire un regno dopo il rientro dalla propria avventura sancisce l’aver sviluppato la capacità di gestire gli aspetti difficili che albergano nella propria anima e, attraverso questo processo, essere riusciti a soddisfare in modo efficace i bisogni interiori che la movimentano. L’unicità del protagonista riflette, fin dall’inizio del racconto, quel bisogno di individuazione che rende Perseo altamente attraente agli occhi di una visione contemporanea: un individuo che lotta per far emergere in sé qualità umane più in linea con le complessità che albergano nella propria anima.
Al giorno d’oggi, la ricerca di un’eco responsiva nel mondo, di un “adattamento”, di una reazione, nasconde molte insidie e, l’immagine dell’incontro tra Perseo e Andromeda, ci propone di ripensare alle modalità con le quali possiamo affrontare tale sfida riportandoci prepotentemente ai temi del riconoscimento, dello scambio amoroso e dell’intimità, ma anche al tentativo, attraverso quel tipo di esperienza consumata nel mito, di evolvere la storia familiare. La vicinanza con un altro individuo risulta connessa a uno sguardo sul mondo, alla capacità di prendersi cura delle persone come delle cose. La mancanza di questo tipo di attenzione coinvolge un certo disamore per ciò che ci sta attorno e per quello che riesce a coinvolgerci. Una sorta di deserto dello spirito che porta fuori da se stessi e, che in qualche misura, si collega alla difficoltà di dare valore al passato.
L’odierna tendenza a relegare l’altro sullo sfondo, come una melodia fissata che non può espandersi in armonie modulate, porta l’individuo ad andare continuamente verso qualcosa di esterno; un movimento incessante che coincide con un’esteriorizzazione continua della propria esistenza, un tempo dell’ordinario scandito dai bisogni dell’attimo. Il nostro tempo individuale è così catturato da ciò che proviene da fuori, come una farfalla attirata dalla luce, generando un’abitudine diffusa che rende difficile un orientamento interiore capace di calibrare i bisogni profondi, o nascosti, che attendono costantemente d’essere soddisfatti. La vita umana si snoda lungo il tempo attraverso un dialogo continuativo con noi stessi. Per spiegare con altre parole possiamo dire che il pensiero umano è catturato dalla temporalità e la realtà psicologica dell’individuo non può situarsi fuori da questa condizione.
Ma quali sono le caratteristiche del nostro tempo? Una visita al Museo Gypsoteca Antonio Canova di Possagno è un’esperienza unica, non solo grazie al fatto che incontriamo l’opera di un grande artista, ma come spesso accade dinanzi alla sublime arte, per incontrare se stessi. Ciascuna opera artistica fruita dallo spettatore è una congiunzione con una parte psicologica dell'autore, un riflesso che, se lo vogliamo osservare, funziona come specchio: in queste creazioni ci imbattiamo in un dialogo profondo con la nostra essenza più autentica. La gipsoteca del Canova, nello specifico, è una struttura intrisa di sacralità che spinge al silenzio, alla meditazione, sovrastati dai monumentali gessi dell’artista ivi contenuti, un pantheon che ci trasporta in una dimensione onirica, dove, la pregnanza delle opere rivela un bisogno comunicativo profondo dell’artista, ovvero, la necessità di rendere un materiale come il marmo capace di modularsi in forme aggraziate.
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