L’odierna tendenza a relegare l’altro sullo sfondo, come una melodia fissata che non può espandersi in armonie modulate, porta l’individuo ad andare continuamente verso qualcosa di esterno; un movimento incessante che coincide con un’esteriorizzazione continua della propria esistenza, un tempo dell’ordinario scandito dai bisogni dell’attimo. Il nostro tempo individuale è così catturato da ciò che proviene da fuori, come una farfalla attirata dalla luce, generando un’abitudine diffusa che rende difficile un orientamento interiore capace di calibrare i bisogni profondi, o nascosti, che attendono costantemente d’essere soddisfatti. La vita umana si snoda lungo il tempo attraverso un dialogo continuativo con noi stessi. Per spiegare con altre parole possiamo dire che il pensiero umano è catturato dalla temporalità e la realtà psicologica dell’individuo non può situarsi fuori da questa condizione.
Ma quali sono le caratteristiche del nostro tempo?
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Una visita al Museo Gypsoteca Antonio Canova di Possagno è un’esperienza unica, non solo grazie al fatto che incontriamo l’opera di un grande artista, ma come spesso accade dinanzi alla sublime arte, per incontrare se stessi. Ciascuna opera artistica fruita dallo spettatore è una congiunzione con una parte psicologica dell'autore, un riflesso che, se lo vogliamo osservare, funziona come specchio: in queste creazioni ci imbattiamo in un dialogo profondo con la nostra essenza più autentica. La gipsoteca del Canova, nello specifico, è una struttura intrisa di sacralità che spinge al silenzio, alla meditazione, sovrastati dai monumentali gessi dell’artista ivi contenuti, un pantheon che ci trasporta in una dimensione onirica, dove, la pregnanza delle opere rivela un bisogno comunicativo profondo dell’artista, ovvero, la necessità di rendere un materiale come il marmo capace di modularsi in forme aggraziate.
L’immersione nel Mito di Medusa, risulta efficace nel guidare la psiche verso rielaborazioni emotive importanti per la storia individuale di ognuno. Le associazioni attraverso i simboli, tra le pieghe del racconto mitico, aiutano a comprendere in modo significativo i passaggi necessari a sviluppare una mente che ha acquisito la capacità di connettersi verso una trasformazione continuativa. Procediamo innanzitutto, anche in questa fase del racconto relativo all’incontro tra Perseo e Andromeda, con il ricordare l’insieme degli accadimenti, per capire, poi, cosa cogliere in modo fruttuoso di questa circostanza.
«Ho tante cose da dire! Quasi direi da salvare: tutta la tragica bellezza di ciò che è passato in noi e vicino a noi, cose che io sola sento di aver visto e sentito fino alla sofferenza e che assolutamente non devono morire. ‘Rapisci la luce dalle fauci del serpente’...» (C. Campo, Gli Imperdonabili, Ed. Adelphi, 1987) Nella serie di approfondimenti dedicati al simbolo della bisaccia di Perseo (trovate alla fine di questo testo i link relativi), abbiamo iniziato la nostra riflessione illustrando la problematica dell’uomo moderno, alimentata dalla ricerca di una produttività continua che apre le porte al narcisismo.
“La capacità di amare, di investire nella vita, di creare e realizzare i nostri sogni è in dialogo costante con la nostra capacità di cercare le verità emotive, di tollerare il dolore e di affrontare il lutto.” (G. Atlas, L’eredità emotiva, Raffaello Cortina Editore, 2022) Le esperienze fanno da contraltare alle emozioni, ed in particolare ad alcuni specifici passaggi emotivi dello sviluppo di una persona che fungono da pilastri della nostra ossatura interiore.
L’illustre studioso tedesco di letteratura greca Walter Otto, particolarmente attento a ciò che l’eredità greca ci ha lasciato in termini umani, ci suggerisce come ciò che è proprio dell’uomo non si disperda ma continui ad essere presente in un ciclo perpetuo di rinnovamento:“guardiamo al presente, ma dal punto di vista di ciò che è eternamente umano.” Il Prof. Bonazzi, invece, in una sua presentazione del corso “Medusa, simbolo e trasformazione 2021” (Studio Pancallo, vedi il video proposto sotto), sottolineava come per i greci antichi risultasse fondamentale il rapporto con l’azione e la costruzione di una felicità, piuttosto che l’abbandonarsi a momenti di piacere momentaneo, e ci faceva notare come tale passaggio implichi ai nostri giorni una visione dell’umano che tende ad appannarsi, una visione difficile da cogliere.
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