La paranoia ha ricevuto, dalla fine del 19° secolo, e specialmente in psichiatria, lo status di patologia individuale e soggettiva. Senza abbandonare questa genealogia, lo psicoanalista italiano Luigi Zoja, nel suo libro best seller “Paranoia: la follia che fa la storia”, aprì il gioco verso gli aspetti sociali e soprattutto collettivi della paranoia, mettendo in discussione il posto di tale disturbo nella storia e nei grandi movimenti di massa e autoritarismo del XX secolo e, soprattutto, fornendo un nuovo punto di vista. Il libro è stato pubblicato nel 2011 dalla casa editrice Bollati Boringhieri. Quello che colpisce maggiormente di questo testo è come possa essere risultato assolutamente predittivo di ciò che si è ulteriormente sviluppato in seno alla società occidentale, così da risultare di attualissima contemporaneità nella sua articolazione di un ragionamento che tocca aspetti profondi e contraddittori del pensiero e dell’anima.
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La maggiore difficoltà dell’essere umano sta nel potersi perdere nel nulla, nello stato di angoscia. Questo vissuto può essere ben plasmato dal mito, nel senso ampio del termine, così da evitare un disgregarsi delle forme spirituali, che sono un vero e proprio dramma esistenziale, che deve essere mediato tramite un dialogo tra pratico e teorico, azione e coscienza. Per superare questo problema è necessario far rientrare il mondo magico nella struttura della mente umana, cioè dare valore al fatto che la struttura dell’esistenza porta alla trascendenza come elemento costitutivo dell’essere. Un destino, quello dell’uomo, inteso come opera aperta sulla quale poter intervenire al fine di ricreare più e più volte il senso della propria esistenza.
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