La paranoia ha ricevuto, dalla fine del 19° secolo, e specialmente in psichiatria, lo status di patologia individuale e soggettiva. Senza abbandonare questa genealogia, lo psicoanalista italiano Luigi Zoja, nel suo libro best seller “Paranoia: la follia che fa la storia”, aprì il gioco verso gli aspetti sociali e soprattutto collettivi della paranoia, mettendo in discussione il posto di tale disturbo nella storia e nei grandi movimenti di massa e autoritarismo del XX secolo e, soprattutto, fornendo un nuovo punto di vista. Il libro è stato pubblicato nel 2011 dalla casa editrice Bollati Boringhieri. Quello che colpisce maggiormente di questo testo è come possa essere risultato assolutamente predittivo di ciò che si è ulteriormente sviluppato in seno alla società occidentale, così da risultare di attualissima contemporaneità nella sua articolazione di un ragionamento che tocca aspetti profondi e contraddittori del pensiero e dell’anima. ![]() Anche se per lo stesso Zoja la percezione della paranoia e dei suoi effetti possa essere di difficile comprensione, per la natura stessa di questa subdola psicosi, senza dubbio la paranoia è una forma clinica che ha dominato il XX secolo e continua a prevalere anche ai nostri giorni. Il termine, che in psichiatria è stato usato storicamente con diverse sfumature di significato, ed oggi non è più incluso nella terminologia internazionale ufficiale relativa alle patologie mentali, essendo stato sostituito dal concetto più generale di disturbo delirante di tipo persecutorio, ha cominciato ad essere chiarito nel discorso psichiatrico tedesco nel XIX secolo. Molte spiegazioni nei manuali psichiatrici di quel periodo hanno poi avuto determinazioni un po' più specifiche per parte di vari specialisti, come il discusso Emil Kraepelin Schreber, sino alle attuali definizioni dove per paranoia si intende una psicosi caratterizzata da un delirio cronico, basato su un sistema di convinzioni, principalmente a tema persecutorio, non corrispondenti alla realtà. L’aspettò che rende innovativo l’excursus di Zoja nella paranoia sta nel sottolineare come la narrazione dello stile paranoico coincida con l’inizio della storia dell’uomo. Il racconto di Caino e Abele, riportato dalle sacre scritture, è un esempio illuminante: se Caino avesse potuto riconoscere i limiti del proprio ragionamento non avrebbe cercato responsabilità all’esterno. La paranoia è sistema di convinzioni che si manifesta spesso nel contesto di capacità cognitive e razionali integre, proprio ciò che lo rende di difficile considerazione, poiché, data la lucidità dei ragionamenti, si fatica a prendere in considerazione come l’assunto di base poggi su una visione data dalla propria immaginazione. Luigi Zoja ci dà un’idea di cosa sia la paranoia come malattia individuale nelle prime 15 pagine del testo: “Un disturbo psicotico caratterizzato da deliri sistematici, in particolare persecuzione o grandezza. Una forma estrema e irrazionale di sfiducia negli altri. […] Il paranoico serio costruisce una teoria del complotto perché in questo modo sembra trovare un significato alla sua sofferenza, compensando le sue debolezze. Nella sua costruzione della trama, il sistema delirante è logico e ben organizzato.”. (Luigi Zoja, “Paranoia: la follia che fa la storia”) Quindi il paranoico non deve dimostrare l'esistenza della trama, gli basta discuterne e conoscersi vittima: “[…] il vero paranoico sembra aver ricevuto un'illuminazione interpretativa: le spiegazioni date (a se stesso) assumono le caratteristiche di una fede. L'idea delirante è vera perché ha le stesse caratteristiche di una rivelazione religiosa. E la verità rivelata di una religione non può essere modificata, perché la sua modifica non sarebbe un emendamento ma un'eresia.”. (Luigi Zoja, “Paranoia: la follia che fa la storia”) Partendo da queste determinazioni, che riguardano situazioni di paranoia individuale, proseguendo nella lettura e inoltrandoci nella parte più consistente del libro, lo psicoanalista affronta e risponde ad una domanda fondamentale, costruendo una tesi con argomentazioni che ampliano il panorama clinico storicamente tracciato rispetto al problema della paranoia, espandendone anche il campo di studio. La domanda principale che lo studioso si è posto è, assunta la paranoia come disturbo individuale, che cosa si può dire dei casi storicamente datati di paranoia collettiva? Zoja spiega come sia proprio il tratto paranoico a risultare particolarmente accattivante in virtù della propria deresponsabilizzazione circa ciò che porta fuori nel rapporto con il mondo. Il paranoico semplifica, mentre lo stare al mondo richiede un confronto con la complessità delle cose. Le difficili spiegazioni e differenziazioni sull’argomento incontrate storicamente da Kraepelin, Freud e Melanie Klein, tra molti altri, sono ulteriormente complicate se le applichiamo nel campo sociale, alla massa e non più solo all’individuo. Zoja rivede quelle storiche definizioni mostrando il problema centrale che le stesse incontrano quando si applicano ai casi più globali e appunto sociali. Come sapere in uno stato di paranoia collettiva cos'è la follia e cos'è la lucidità? Qualsiasi caso di paranoia individuale ha la stessa origine, la stessa lettura genetica, quell'apparente costruzione logica e lucida del paziente che non può essere contestata da nessun medico, che ha in sé un "nucleo delirante", un presupposto fantasticato che costituisce l'elemento "malsano" di quel modo di pensare inizialmente coerente. Quel nucleo fantasticato è vitale piuttosto che razionale. In generale, il bilancio fantasioso parte da un'operazione di "investimento delle cause" in cui le conseguenze di un atto compiuto dal paranoico si trasformano nella conferma del suo sospetto paranoico. Prendiamo l'esempio proposto da Zoja di una nonna che nasconde la sua caffettiera perché crede che l'infermiera che si prende cura di lei la ruberà, la nonnina conferma il suo sospetto quando dimentica di averla nascosta e accusa quell'infermiera di aver commesso un furto. Le conseguenze diventano cause di un circolo vizioso sempre più vicino. E, naturalmente, appaiono poi anche le "voci", voci che complottano contro i malati, un elemento di megalomania fondamentale nei casi più acuti. Oppure voci che aumentano il grado di sospetto e paura di fronte ai diversi. Il mondo del paranoico è iperregolato e qualsiasi deviazione viene punita con un attacco brutale, quello che possiamo chiamare un "attacco preventivo" che vuole evitare un presunto male maggiore futuro. Queste paure alimentano l'estenuante completezza del paranoico, al punto che lo stesso sviluppa una falsa pazienza che si rivela fragile quando, dopo aver coperto un piano di “sterminio del nemico”, agisce, in un certo momento, frettolosamente, su un piano che Zoja definisce "piano inclinato", dove ogni azione si aggiunge all'altra in fretta, Hitler docet. Dopo aver analizzato quindi l'approccio individuale, la parte più corposa del testo si dedica all'osservazione di come la paranoia sia diventata un fenomeno collettivo molto poco studiato che, in una certa misura, è già storia. Dalla scoperta, conquista e colonizzazione dell'America per parte di Cristoforo Colombo, alle "guerre preventive" di George W. Bush, attraversando il nazismo e lo stalinismo, ogni capitolo del libro si ferma meticolosamente ad analizzare eventi storici che dimostrano la rilevanza di questo strumento descrittivo per comprendere il funzionamento della storia, non con un interesse filosofico-esplicativo ma con una prospettiva morale: razionalizzare queste situazioni ci può permettere di prendere una posizione contro di esse più chiaramente, evitando l'"effetto contagioso" del pensiero paranoico, che installa il grigio del non sapere chi è il pazzo e chi è il sano di mente. Casi particolari di leader megalomani come Hitler possono essere compresi solo quando la società nel suo complesso partecipa a quella stessa paranoia collettiva divenendone la portatrice prima, il sostegno fondamentale: non c’è niente di meglio per un paranoico di un consenso sociale che determina che il suo discorso sia una verità rivelata, dando sostanza alle sue illusioni. La lettura storica ha la sua forza lì, nel rapporto con la massa, nello scambio reciproco e circolare tra paranoia individuale e sociale. “Questa teoria anticipa proprio il tema in cui continueremo a imbatterci: un potenziale paranoico è presente in ogni uomo ordinario, in ogni fase della sua esistenza, in qualunque società si trovi. E l’ambiente ha il potere di accenderlo. Proprio questo è il pericolo di cui le nostre pagine vorrebbero occuparsi. I mostri esistono ma sono troppo pochi per esser veramente pericolosi, sono più pericolosi gli uomini comuni.”. (Luigi Zoja, “Paranoia: la follia che fa la storia”) Il passaggio dai vecchi regimi alle istituzioni democratiche ha concesso maggiori libertà all'individuo, ma ha anche installato un clima paranoico riprodotto dalle stesse istituzioni che è presente sin dalla nascita di questi ideali al tempo della Rivoluzione Francese. Affinché i nazionalismi potessero sopravvivere, divenne necessario costruire un nemico immaginario che seguisse la stessa logica delle proiezioni paranoiche che trovano potenziali assassini, nemici del nuovo regime, stranieri o membri di una razza impura, ovunque. “Negli anni successivi alla Guerra di Indipendenza ribolle il dibattito sulla Costituzione degli Stati Uniti d’America. Non si può far a meno di notare come, nelle lettere e negli articoli dell’epoca, alle emozioni più brucianti corrisponda già uno «stile paranoide». […] Fin dagli inizi della democrazia nordamericana, l’idealismo puritano ha invitato a diffidare dei rapporti di politica internazionale (quelli commerciali sono lasciati più liberi). In particolare, il rapporto con l’Europa è considerato contaminante. […] L’immigrato è assimilato al più presto e il più completamente possibile. Si discute se gli afroamericani siano persone o proprietà. I nativi esistono solo in quanto nemici. La stessa Dichiarazione d’Indipendenza, pietra miliare nella nascita dei diritti dell’uomo, li nomina unicamente in forma persecutoria: sono ‘spietati selvaggi’. […] Più che compiere una pulizia completa la gentrification frontier (non pretendo che il termine esista, l’ho inventato per analogia) si accontenta di rendere invisibile l’alterità che ingloba: le tribù indigene vengono rinchiuse nelle riserve, messicani e afroamericani negli slums.”. (Luigi Zoja, “Paranoia: la follia che fa la storia”) Dà brividi quando l'autore si ferma, vicino alla conclusione, nel più moderno caso argentino durante la dittatura, dove dal suo punto di vista i 30.000 scomparsi sono stati vittime di un attacco preventivo che ha cercato di "uccidere profilatticamente" cittadini che avrebbero potuto potenzialmente contaminare il resto della popolazione con i loro "ideali malati". La comparsa in Argentina dei documenti della dittatura, trovati presso il Ministero della Difesa, dimostra l'esistenza di un programma di sterminio paranoico che trasforma il marxismo, o la semplice ideologia, in malattie da sradicare con “attacchi preventivi”. Si continua, sempre secondo Zoja, a vivere in un clima di paranoia collettiva quando si leggono, ad esempio, le giustificazioni utilizzate dal governo degli Stati Uniti per la sua guerra al terrorismo o le ragioni del governo israeliano per la sua offensiva contro Gaza. Appaiono immediatamente la volontà “di prevenire l'annientamento preventivo”, la “fobia ”delle “curve ”e la “superiorità razziale ”o “morale”. Luigi Zoja riesce con questo lavoro ad aprire il panorama psichiatrico-psicoanalitico incrociandolo con lo studio storico, trovando costanti che ci permettono di comprendere la logica degli eventi che non possono limitarsi al mero incidente storico, ma presentano una loro perseveranza, tutto ciò può aprire alla possibilità di una vera prevenzione. Zoja è categorico in questo caso: in un mondo sottoposto all'effetto paranoico dei mass media, l'individuo è responsabile di fare lo sforzo razionale per rifiutare quel clima pericoloso e semplicemente dire di no. E se volessimo applicare queste teorie ai fatti d’oggi cosa si potrebbe dire della paranoia che aleggia nella guerra in Ucraina? Sono paranoici e russofobici gli occidentali, oppure è Vladimir Putin il paranoico che vede un’aggressione nell’espansione della NATO e sfrutta le condizioni nel Donbas, in Ucraina, di un neonazismo nascente, per attuare la sua politica espansiva e di aggressione? Da come si è polarizzato e radicalizzato il dibattito, la forma aggressiva e grigia che annulla le variazioni di colore, tanto per dare una visone metaforica alla questione, pare proprio che la paranoia si sia impossessata della dinamica della vicenda e si sia radicata in tutti fronti in conflitto. La stessa dinamica ha caratterizzato il periodo più forte e massmediaticamente invadente della pandemia da Covid19: l’odio mediatico ha raggiunto livelli impensabili. Ma anche su questo punto Luigi Zoja è molto convincente e ci racconta come nella società moderna la comunicazione venga incanalata nei mass media e filtrata dalle istituzioni che li presidiano. Questo filtro, che dovrebbe trattenere l’impurità del pensiero, al contrario, spesso la potenzia. Sospettare, ipotizzare complotti, evidenziare o addirittura inventare una distruttività sottostante a certi eventi, sono tutte funzioni costanti dei mass media. “I moderni mezzi di comunicazione incanalano la paranoia. Una volta affidato al potere moltiplicatore del mass medium, il fatto di essere odiati, invece di diventare occasione di autocritica, può esser offerto a dimostrazione che è giusto odiare: ecco che l’inversione delle cause assume dimensioni continentali ed effetti apocalittici. I movimenti di massa possono essere manipolati in modo da trasformare questa assurdità in un credo. Ce lo ricordano due fra gli slogan più celebri del XX secolo. ‘Molti nemici, molto onore’, diceva una formula fascista. ‘Essere attaccati dal nemico non è cosa cattiva: è cosa buona’, sosteneva Mao Ze Dong. Persino Pericle, maestro della comunicazione diretta nella piazza, aveva affermato che l’odio di cui erano oggetto gli ateniesi andava apprezzato, perché dimostrava la loro potenza.”. (Luigi Zoja, “Paranoia: la follia che fa la storia”) L’interessante lettura di Paranoia dello psicanalista Zoja la consideriamo illuminante, una sorta di faro da seguire, un messaggio per stimolare la nostra attenzione e allenamento ad una autocritica costruttiva, è un excursus storico della paranoia di massa dove si evidenzia come tale fenomeno sia principalmente una questione occidentale, a partire dal genocidio prodotto dalla colonizzazione delle Americhe per mano dello sterminatore Colombo, passando attraverso la nascita della più potente nazione democratica (gli USA), per arrivare poi alle due guerre mondiali e ai genocidi che hanno prodotto. L’auspicio è quello di tentare di smorzare l’effetto paranoico della nostra civiltà consci dell’arduo compito, ma senza arrenderci. “Il delirio paranoico si pone al di là e indipendentemente dal fatto che gli si creda o no, poiché si presenta a priori come verità che non ha bisogno di essere creduta per avere una esistenza attiva e valida.”. (Luigi Zoja, “Paranoia: la follia che fa la storia”)
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