E adesso so che bisogna alzare le vele e prendere i venti del destino, dovunque spingano la barca. Dare un senso alla vita può condurre alla follia ma una vita senza senso è la tortura dell'inquietudine e del vano desiderio - è una barca che anela al mare eppure lo teme.
La capacità dell'individuo di gestire il principio paterno e materno permette di sostenere la tensione tra pensiero razionale ed emozione, anche se le figure parentali hanno un peso dentro ognuno è con ciò che si è elaborato di tali figure che bisogna venire a patti.
Perseo nello sguardo di Medusa vedrà di lui quello che lui stesso evita di vedere, mentre lui vedrà di lei la sua fissità, il suo essere intrappolata in un sistema compulsivo e distruttivo.
Il sentimento di disagio primario, nei confronti delle figure genitoriali, lascia addosso un senso di vergogna, questo sentimento tende a ricordare nella memoria psichica che si potrebbe essere rifiutati di nuovo, considerati inadeguati ancora?
Perseo intimamente sa che lo sguardo della Gorgone è uno sguardo nudo, senza filtri, al tempo stesso, la sua maturazione interiore ha coscienza di provare vergogna e di non doversi vergognare della vergogna.
Il sentimento di vergogna emerge tutte le volte in cui si viene costretti ad osservarsi, con gli occhi degli altri, tutte le volte dove si manifesta la parte debole della nostra storia. Nella storia del Mito, Perseo sa di non poter evitare il confronto con Medusa, qualora non l'incontrasse la vivrebbe dentro cento, mille, milioni di volte di più. L'altro possiede un segreto: il segreto di ciò che io sono.
Il sentimento di vergogna che scaturisce dal guardare l'altro in questa prospettiva ci limita ma nel contempo ci impedisce di divenire megalomani, è una rappresentazione di quella parte di noi che rifiuta di farsi frenare dalle umane limitazioni, vuole sperimentare e cogliere l'essenza nuova che esiste nell'esperienza con l'altro, nonostante tutto.
Ma di che genere di sguardo parliamo quando ci riferiamo a Perseo e Medusa? Lo sguardo non è un vedere oggetti ma un vedere destini: decifrare il fulgore degli occhi che si nasconde a volte nella fatica di vivere e nel silenzio.
Perseo, non vuole diventare estraneo a se stesso e questo gli permette di vedere che in quell'incontro sarà salvaguardata la sua possibilità di vita, perché ogni incontro, contiene in se il germe della trasformazione, l'opportunità di un'evoluzione necessaria.
Arrivato nel Palazzo di Medusa, percepisce immediatamente che questa strana creatura è costantemente arrabbiata. La rabbia è una memoria immutabile e ferma, non consente il presente, si pone come la riproposizione di qualcosa che è già stato. Questo sentimento rifiuta molto spesso di essere toccato per poter operare una trasformazione. Pensiamo al film St. Vincent con Bill Murray e Naomi Watts, il protagonista è avviluppato nella sua rabbia mista ad amarezza, ha bisogno di un bambino, la sua parte desiderosa di crescita, per leggere in lui altro, per accettare di partire da ciò che è diversamente. Dietro la rabbia, esiste però un rapporto con la mutevolezza che la sua parte bambina non ha accettato in quanto portatrice di ansietà. Nel gioco il bambino sposta la sua aggressività e la sua ansia su personaggi immaginari - spesso animali - che, come ci ricorda Anna Freud, fungono da sostituti dei genitori. Quando un bambino è capace di abbandonarsi a queste fantasie, noi lo riteniamo un bambino sano: egli riesce a trasformare i suoi impulsi aggressivi e le sue angosce, a familiarizzare con l'ambivalenza degli affetti e con le polarità della vita psichica, e impara a trasformare il cattivo in buono, la presunta minaccia di morte in processo di accettazione dei sentimenti. Se la trasformazione riesce, l'Io sfugge l'angoscia.
Per questo motivo possiamo dire che Perseo libera Medusa dall'angoscia, permette ad una parte di se una trasformazione e così facendo, aiuta se stesso a guardare altrove.
Pensiamo ad esempio al successo che oggi hanno i film dell'orrore, una proiezione sistematica sul grande schermo di un'angoscia che viene così separata da se stessi, consegnata ad un oggetto: lo schermo del cinema. Dobbiamo invece sfruttare la capacità della mente di evolversi, di allenare al meglio la propria plasticità, e in questo modo evolviamo re-immaginando i nostri mostri, come gli antichi greci con il mito di Medusa e diversi altri. Possiamo aggiungere che, nella vita, i nostri riferimenti biografici rimangono tali, ciò che cambia è il rapporto soggettivo con tali elementi, sempre mutevole e in trasformazione. La qualità della nostra vita interiore non è fondata tanto sui fatti, quanto sulle elaborazioni di senso a cui i fatti danno luogo. (G. Paris, Vita Interiore)
Infatti quando si sta male più che chiedersi "dove ho sbagliato?", risulta molto più utile riconoscere con quali aspetti di me e del mio vivere intrattengo rapporti sbagliati.
Io non so se accetto o no la mia vita - disgregata, dispersa - da tanti anni la vivo così com'è, ma vi sono ore, momenti... Come stasera questo andante di Mozart, che sa tutto e dice tutto -quello che non vorremmo fosse saputo e detto - e per avere meglio ragione di noi lo dice con la dolcezza di chi ha accettato per tutti ... (C. Campo, Lettere a Mita)
L'ansia dunque e la tristezza sono le emozioni più difficili da trasformare, si mascherano e si nascondono dentro le vite del soggetto, al tempo stesso la confidenza con la nostra interiorità genera "capacità di stare" nelle profondità con abilità e perizia, il vero cambiamento non sta nell'evitare questo genere di sentimenti ma nel poterli attraversare in modo esperto, in questa maniera possiamo recuperare ...
... le sorgenti palpitanti di vita e di immedesimazione, di partecipazione emozionale e di solidarietà, di comprensione e di speranza. (E. Borgna, L'Arcipelago delle Emozioni)
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