Nelle prime righe del libro "L'uomo senza inconscio" di Massimo Recalcati, pubblicato da Raffaella Cortina Editore già nel 2010, che oggi proponiamo in questa recensione, si legge: A mio giudizio, è un grave errore non contemplare la possibilità disastrosa che il soggetto dell’inconscio possa declinare, eclissarsi, persino estinguersi. Ma cos'è l'estinzione dell'inconscio? Per Lacan, grande psicoanalista francese, di cui Recalcati è uno dei massimi esperti italiani, l'inconscio è un incontro con il nostro desiderio (che è diverso dal godimento). La scomparsa dell'inconscio, quindi, significa scomparsa o eclissi del desiderio, per mano del "discorso del capitalista", quell'ambito sociale occidentale che sopprime ogni legame con l'altro per un legame con l'oggetto o merce, se vogliamo usare questa parola per restare in un contesto più edonistico-consumistico. Massimo Recalcati, nel libro, compie un'esplorazione delle psicopatologie contemporanee ponendole nell'alveo culturale del post capitalismo, nella contemporaneità. Ripensa in modo originale le più diffuse patologie del disagio contemporaneo - anoressie, bulimie, obesità, tossicomanie, depressioni, attacchi di panico, somatizzazioni - sino ad arrivare alla tesi che in tutte queste nuove forme del sintomo, il soggetto dell'inconscio, cioè il soggetto del desiderio, non sia più il protagonista della scena. Al centro della nuova clinica è la difficoltà soggettiva di accedere al desiderio, è l'assenza, lo spegnimento, la morte del desiderio. Così prevalgono l'apatia, l'indifferenza, il vuoto, la fatica di esistere. La nuova clinica, sempre secondo il noto psicanalisita, è una clinica dell'antiamore, una clinica che non è più centrata, come accadeva nella clinica classica, freudiana, della nevrosi, sulle vicissitudini della vita amorosa: il soggetto ipermoderno appare come un soggetto smarrito, senza centro, dominato dalla spinta compulsiva a un godimento solitario - narcisistico e cinico - che esclude lo scambio con l'altro. Quando Recalcati esprime la sua tesi su chi sia il "killer" dell'inconscio la risposta non lascia spazio a equivoci: È il nostro tempo che minaccia l’intimità più radicale e scabrosa del soggetto: è l’epoca dei turboconsumatori, dell’inebetimento maniacale, della gadgettizzazione della vita, della burocrazia robotizzata, del culto narcisistico dell’Io, dell’estasi della prestazione, della spinta compulsiva al godimento immediato come nuovo comandamento assoluto. L’inconscio è invece il luogo della verità, del desiderio più particolare, impossibile da redimere e da adattare – dal carattere indistruttibile -, per dirla con Freud. Non è però un dato di natura, qualcosa che esiste in quanto tale, come un’espressione ontologica della realtà umana immune dalle trasformazioni sociali. Il nostro tempo quindi è insensibile al tempo dilatato del pensiero, opprime l’esistenza con un eccesso di stimolazioni e oggetti di consumo, cancella la spinta singolare del desiderio in nome di un iper-edonismo. Oggi assistiamo a una metamorfosi inquietante nel senso che il comandamento sociale impone il godimento come obbligo del dover essere. Godimento e desiderio! L'uno senza l'altro. L’epoca dell’individualismo polverizzato è l’epoca del culto narcisistico dell’Io e della spinta al godimento immediato che imponendosi nella forma di un "dovere di prestazione" non lascia spazio alla costruzione intima, alla prospettiva interiore, del momento del desiderio. Ma sono tesi che arrivano da lontano. Già alla fine degli anni sessanta Lacan definiva la teoria dell’evaporazione del Padre, inteso come principio fondativo della famiglia e del corpo sociale. Senza l’ombrello protettivo del Padre, l’insicurezza emerge senza più schermi difensivi: la vita va alla deriva, caotica, spaesata, priva di punti di riferimento, destabilizzata, smarrita, vulnerabile. Nel libro di Recalcati emerge anche una soppressione di tipo conformistico del desiderio che spinge il soggetto all’aderenza assoluta alla maschera sociale. Come dice il noto antropologo Bauman, viviamo nella società liquida, dell'evaporazione dei legami sociali. L’epoca delle identificazioni solide, dell’eccesso di alienazione, di integrazione, di assimilazione conformista. Il soggetto non mostra alcun desiderio, si ancora al mondo esterno fino a perdere ogni contatto con se stesso, si annulla attraverso il rafforzamento narcisistico. Al posto del conflitto freudiano, tra principio di piacere e principio di realtà, s’impone un culto sociale che incalza la soggettività come un inedito dover essere. Oggi prevale il problema di trovare dei rimedi all’angoscia di esistere, mentre, nella varietà delle sue forme nevrotiche, la clinica "classica" è essenzialmente legata alle vicissitudini sentimentali - nevrosi è malattia dell’amore, paura della perdita, tradimento, gelosia - che oggi sembrano poste in secondo piano. Disordini alimentari, dipendenze dalle sostanze, depressioni, attacchi di panico, somatizzazioni come clinica dell’antiamore, il riferimento è alla psicosi piuttosto che alla nevrosi. È la difesa dall’angoscia la vera chiave di lettura del disagio contemporaneo. Una qualche forma di cura è possibile solo se è chiara la posta in gioco, ne è convinto Recalcati. La psicoanalisi ha l’obbligo di ritrovare pienamente la ragione che fonda la sua pratica, diventando uno dei luoghi di resistenza a una mutazione devastante ancora del tutto non compiuta. Oggi il suo compito etico è quello di promuovere la singolarità irriducibile degli esseri umani contro quelle cure egemoni chi si limitano solo ad “aggiustarli”. Letture correlate: I commenti sono chiusi.
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