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Il mondo interiore del trauma

6/2/2015

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Ho scelto questo testo dello psicologo statunitense Donald Kalsched perché ritengo che la psicoanalisi abbia studiato a fondo le immagini interiori tanto da indicare delle strade di riflessione profonda per ogni tipo di approccio psicoterapico.
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Donald Kalsched propone inoltre un'evoluzione circa le indagini svolte da Freud e Jung, ci porta verso una visione del trauma che trae spunto dalle indagini freudiane e junghiane per approdare ad un linguaggio in linea con una lettura più evoluta e centrata.

Il libro evidenzia l'importanza di una decodifica delle immagini traumatiche in modo da poter riaccorpare il Sé e condurre dunque ad una gestione significativa del proprio disagio.

Consiglio di leggere il testo dello stesso Kalsched
, proposto sotto la sinossi, che ci dà delle suggestioni stimolanti sul suo libro e sui suoi contenuti.


Buona lettura!


Anna Pancallo


psicologia, psicoterapia, psicologo, trauma, Donald Kalsched
Sinossi

"Il mondo interiore del trauma"
 

di Donald Kalsched



Casa editrice: Moretti e Vitali. 

Collana: Il Tridente Saggi
Traduzione e cura di Milka Ventura. 


Prefazione di Francesco Montecchi.

“Il mondo interiore del trauma” è un libro in cui l’autore esplora e analizza il mondo di immagini oniriche e di fantasia attingendo da un ampio e dettagliato materiale clinico di pazienti che avevano subito nella vita esperienze insopportabili. Il suo lavoro illustra in che modo proprio quelle stesse immagini difensive deputate a proteggere il Sé possono diventare malevoli e distruttive, dando origine a un ulteriore trauma per l’individuo.

Donald Kalsched rivisita le molte interpretazioni classiche della teoria junghiana focalizzandosi sulle difese arcaiche e primitive che stanno al centro del Sé e del linguaggio “mitopoetico” del sogno e delle fiabe. L’autore mette in relazione la teoria e la pratica junghiana con le più recenti teorie delle relazioni oggettuali e della dissociazione. 

“II mondo interiore del trauma” ci offre una convincente intuizione sul modo con cui il sistema di autocura di ogni individuo cerca di salvare lo spirito personale dall’annientamento. L’autore dedica una speciale attenzione ai problemi della dipendenza e ai disturbi psicosomatici, e insieme affronta il tema più generale della dissociazione e della sua cura.

Donald Kalsched è un dottore di ricerca, psicologo e psicoanalista junghiano di Albuquerque, New Mexico; si occupa anche di formazione di alto livello e 
supervisione presso la Società Inter-Regionale di analisti junghiani (IRSJA).

Per addentraci ancora un po’ sul lavoro del dott. Kalsched proponiamo un suo testo, una parte da noi tradotta, come semplice e frammentario esempio che vuole fungere puramente da stimolo alla scoperta.


Ecco cosa scrive l’autore in relazione a “Il mondo interiore del trauma”:

(...) torniamo a C. G. Jung e ai sogni, ma non a Jung come lo si è classicamente interpretato, e non alle immagini nel sogno come sono comunemente intese clinicamente oggi. Invece, nel capitolo 3, torniamo ai primi dialoghi tra Freud y Jung, dove i due si sforzavano di capire le immagini “mito-poetiche” della fantasia che vengono generate dalla psiche come conseguenza di un trauma.

Durante questo periodo fecondo, e prima della tragica separazione e successiva reificazione delle loro teorie, dimostravano un’apertura sperimentale ai misteri della psiche - un’apertura che dobbiamo cercare di recuperare se vogliamo capire il trauma e il suo significato. Nel capitolo 3 seguiamo il dialogo fino al punto dove i due divergono, e scopriamo che il contrasto tra i due si manifesta attorno alla questione di come intendere le immagini “demoniache” e “strane” del trauma, legate al sogno e alla fantasia.

Se studiamo l’impatto del trauma sulla psiche con un occhio posto agli eventi traumatici esterni e l’altro sopra ai sogni a agli altri prodotti spontanei della fantasia che si producono in risposta ad un trauma esterno, scopriamo il notevole immaginario mito-poetico che compone il “mondo interiore del trauma”, che risultò tanto emozionante sia per Freud che per Jung. Tuttavia, sia l’interpretazione di Freud che quella di Jung hanno dimostrato di essere pienamente insoddisfacenti per molti medici attuali, incluso l’autore di questo articolo. Per questa ragione una nuova interpretazione del trauma legato alla fantasia viene presentata nelle seguenti pagine, interpretazione che unisce elementi sia di Frued che di Jung.

Questa “nuova” interpretazione dipende fortemente dai sogni che seguono una esperienza traumatica nella vita di un paziente. Uno studio clinico e attento dei sogni di questo tipo porta alla nostra ipotesi principale, cioè, che la difesa arcaica associata al trauma si personificano come immagine archetipiche demoniache; le immagini oniriche vincolate al trauma rappresentano l’autoritratto psichico della propria operazione difensiva arcaica.

Nel materiale clinico che segue incontreremo esempi di queste immagini nei sogni di pazienti contemporanei, che hanno lottato con l’impatto devastante del trauma nelle loro vite. Vedremo come, in certi momenti critici nel lavoro attraverso il trauma, i sogni ci danno un’idea spontanea della “seconda linea di difesa” della psiche contro l’annientamento dello spirito personale.


Attraverso questi “autoritratti” delle attività difensive della psiche, i sogni aiutano il processo di guarigione simbolica dell’esperienza che è stata fino ad ora irrappresentabile nella coscienza. L’idea che i sogni devono essere capaci, in questa forma, di rappresentare le attività dissociative della psiche, tenendo assieme i suoi pezzi frammentati, in una storia drammatica, è una specie di miracolo della vita psicologica che possiamo facilmente dare per scontato. In generale, quando i sogni fanno questo, nessuno sta ascoltando. In psicoterapia profonda, proviamo ad ascoltare.


Quello che i sogni rivelano, e quello che la recente ricerca clinica ha dimostrato, è che quando il trauma colpisce lo sviluppo della psiche di un bambino, si produce una frammentazione della coscienza nella quale i differenti “pezzi” (Jung la chiamò divisione-psichica o complessi) si organizzano in funzione di certi modelli arcaici e tipici (archetipo), più comunemente in diadi o congiunzioni formate da “esseri” personificati. In generale, una parte dell’Io ritorna all’epoca infantile, e l’altra parte “progredisce”, cioè cresce molto rapidamente e arriva ad adattarsi molto precocemente al mondo esteriore, spesso come un “falso Self”. La parte “progressiva” della personalità si fa carico allora della parte “regressiva” .Questa struttura diadica è stata scoperta indipendentemente da ricercatori clinici con approcci teorici molto differenti, un fatto che indirettamente sostiene la sua base archetipica. Esploriamo gli scritti di questi medici in modo più dettagliato nei capitoli 5 e 6.


Nei sogni la parte regressiva della personalità, comunemente, si rappresenta come un bambino-Self vulnerabile, giovane, innocente (spesso femminino) o un animale-Self che resta vergognosamente nascosto. Alcune volte appare come un animale speciale, l’animale da compagnia preferito, un gattino, un cagnolino o un uccello. Qualunque sia la sua particolare incarnazione, questo residuo “innocente” del Self totale, sembra rappresentare un nucleo immortale dello spirito personale dell’individuo, quello che gli antichi egiziani chiamavano “Ba-alma”, o nell’alchimia, lo spirito animatore alato del processo di trasformazione, cioè, Hermes/Mercurio. Questo “spirito” è sempre stato un mistero, un’essenza dell’individualtità mai pienamente compresa; l’essenza senza tempo della personalità, quella che Winnicott denomina il “vero Io” e che Jung chiamò Self.
La violazione di questo nucleo interno della personalità è impensabile. Quando mancano altre difese, le difese archetipiche andranno all’estremo per proteggere il Self fino al punto di uccidere la personalità ospite nella quale questo spirito personale è ospitato (suicidio).


Invece, la parte progressiva della personalità è rappresentata in un sogno come un potente “gran essere benevolo”, o “malevolo”, che protegge o insegue il suo compagno vulnerabile, a volte tenendolo incarcerato dentro. Occasionalmente, nel suo travestimento protettivo, l’essere benevolo/malevolo appare come un angelo o un animale selvaggio miracoloso, come un cavallo speciale o un delfino. Più spesso la figura “badante” è demoniaca e spaventosa per l’Io-sognante.

Nei materiali clinici dei capitoli 1 e 2 esploreremo casi nei quali si presenta come un chitarrista diabolico, un assassino con un fucile, un dottore pazzo, una “nuvola” minacciosa, un seduttore “demonio di cibo” o come il Diavolo stesso. A volte, il malvagio carnefice interiore cambia la sua faccia e presenta un aspetto più benevolo, identificandosi in questo modo come una figura “doppia”, protettore e carnefice assieme. Esempi di questo tipo s’incontrano nel capitolo 2.


Su tutto, le immagini “mitizzate” della parte “progressiva contro quella regressiva” del self costituiscono quello che io chiamo il “sistema archetipico della psiche”. Il “sistema” è archetipico perché è nello stesso momento arcaico e tipico delle operazioni auto conservanti della psiche e, perché, è evolutivamente prima e più primitivo rispetto alle normali difese del Io, ciò è dovuto al fatto che questa difesa sembra esse “coordinata” per un centro più profondo della personalità del Io, chiamata “difesa del Self” (Stein, 1967). Vedremo che si tratta di un adeguato termine teorico perché mette in luce il "numinoso" carattere impressionante di questa struttura “mito-poetica” e perché la figura malvagia nel sistema di auto-cura prensenta una immagine convincente che Jung chiama il “lato oscuro dell’ambivalente Self. 

Nell’esplorare queste immagini nel sogno, il trasferimento e il mito, vedremo che l’idea originale di Jung relativamente al Self, come principio centrale di regolazione e sistemazione della psiche incosciente, richiede una revisione in occasione del trauma severo.


Il sistema di auto-cura svolge la funzione autoregolatrice e di mediazione interna esterna che, in condizioni normali, si svolgono per il funzionamento dell’Io della persona. Qui è dove si pone il problema. Una volta che la difesa del trauma si organizza, tutta la relazione con il mondo esteriore è “filtrata” dal sistema di auto-cura. Ciò che pretendeva essere una difesa contro futuri traumi si converte in un importante resistenza a tutte le espressioni spontanee del self nel mondo. La persona sopravvive, però non può vivere in forma creativa, è necessaria la psicoterapia.



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    La Dr.ssa Anna Pancallo, psicologa-psicoterapeuta è iscritta all’Albo Regionale Veneto, è specializzata in Psicoterapia della Gestalt, titolo conseguito presso la Fondazione Italiana Gestalt di Roma.

 Svolge l’attività dal 1993 e opera negli studi di Treviso e Mantova.

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La Dr.ssa Anna Pancallo,  psicologa psicoterapeuta iscritta all'Albo Regionale Veneto, è specializzata in Psicoterapia della Gestalt, titolo conseguito presso la Fondazione Italiana Gestalt di Roma. Svolge l'attività dal 1993 e opera negli studi di Treviso e Mantova.
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