Il film La La Land, candidato a molti Oscar, non è un musical nel senso stretto del termine. La storia dei due protagonisti è espressa in modo articolato e profondo con le sfaccettature tipiche dei film che toccano l'interiorità. Un po' commedia e un po' dramma come genere, dove gli attori protagonisti, Ryan Gosling ed Emma Stone, non sono due ballerini professionisti. Un film che fa riflettere su come i desideri per realizzarsi devono passare attraverso delle prove di vita e che il confronto con l'ambivalenza, tra ciò che si vuole e ciò che si è disposti o capaci di affrontare per la propria vita, non può essere evitato. È importante che l'arte cinematografica ponga attenzione a questi aspetti, è un modo per rendere socialmente utile un messaggio e insieme una maniera per dire: si, si può credere in ciò che si desidera per la propria vita se si riesce a trovare un punto d'incontro dentro di noi, imparare a gestire ciò che riesce difficile. La rinuncia, il rimpianto, sono stati d'animo di non facile attraversamento ma si può sopravvivere a questo ed apprendere. Nel film si osserva come sia più facile credere nel talento altrui piuttosto che nel proprio, quando l'insicurezza sul dare rende troppo vulnerabili, si tende a vedere nell'altro le caratteristiche che si vorrebbero trovare in se. Così Seb trova che Mia abbia tutte le capacità di ottenere ciò che vuole mentre lui si sente meno forte, non se ne rende conto, ma la sua minore disponibilità a coinvolgersi nel rapporto per paura di perdere la propria motivazione, alla fin fine, indebolisce la sua capacità interiore rendendolo meno solido rispetto a ciò che deve attraversare. Forse la visione di Seb di lottare per la propria strada senza un'implicazione emotiva profonda, si traduce nell'essere meno vincente sul piano interiore ma anche meno capace di costruire la sua vita in maniera soddisfacente, si sente che ha in bocca il sapore amaro della rinuncia. Un velo di tristezza scende quando ascoltiamo la sua interpretazione finale di "City of Stars" che ricorda quanto siano belli i sogni da inseguire e, mentre suona, ripercorre la parte di vita che non ha realizzato riconoscendo, per la prima volta, che la bellezza di un bisogno sta nel poter scegliere correndo il rischio di sbagliare. In quel momento assistiamo ad un mutamento, è come se i due protagonisti potessero vedersi in una luce nuova, ancora prima delle parole. Qualcosa è cambiato e muovendosi in questa nuova percezione anche lo spettatore scorge una trasformazione degli eventi. Il lungo sguardo finale tra Mia e Seb ci dice che la visione è trasformata. Noi non guardiamo mai una cosa soltanto; ciò che guardiamo è, sempre, il rapporto che esiste tra noi e le cose. (J. Berger, Questione di Sguardi) Il doppio sguardo della conoscenza fa capolino, la perdita da parte di entrambi di una visione unilaterale, il riconoscimento definitivo di ciò che sono e di quello che avrebbero potuto essere. "Esiste al mondo qualcosa che possa farti crescere?" le aveva detto lui. A lei sembrava di essere cresciuta talmente in fretta da poter guardare a ciò che era stata in passato come da una grande altezza; o di essere andata così lontano da non vedere ormai più nulla di ciò che aveva alle spalle. (E.J.Howard, Il Lungo Sguardo) Mia è cresciuta, guarda Seb con un misto di tenerezza e risolutezza, si il passato può essere lasciato andare per fare posto ai suoi bisogni del presente, una nuova situazione da vivere e la coscienza di un vissuto che non ha bisogno di portarsi dietro il rimpianto.
Proprio vero, i luoghi dell'anima non risiedono all'esterno, in un bel paesaggio o qualcosa di simile, sono dentro ognuno e per raggiungerli è fondamentale superare delle prove, dare un valore diverso al dolore dell'oggi per la gioia di domani.
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