Il principio del corpo, stampe al carbone elaborate a mano, di Tiziana Cera Rosco
In un sociale complesso e dominato dalle "competenze" cerchiamo sempre il meglio. Di sicuro questa è una risorsa, pensiamo come oggi ci sia accesso a tante informazioni e internet è una delle maggiori espressioni.
Parallelamente assisto, nella mia pratica terapeutica, ad un fiorire di richieste in merito al cambiamento che hanno come comune denominatore il bisogno di esplorare nuove strade e più percorsi, assecondando il bisogno di novità continuo. Mi ritrovo dunque a riflettere sul senso scientifico del cambiare, tanto più che dinnanzi ad un malessere psicofisico diffuso, il quesito appare importante. Si possono modificare i propri riferimenti psicologici? Un benessere fisico integrato migliora anche le prestazioni mentali? Se sì, per quali strade? La prima domanda pone una riflessione in merito alla capacità di assimilare nuovi passaggi, il poeta inglese Eliot diceva: Non finiremo mai di esplorare ed alla fine della nostra esplorazione ritorneremo al punto dal quale siamo partiti, e solo allora lo comprenderemo per la prima volta.
La mente ha dunque bisogno di tornare più volte sulle stesse cose al fine di integrarle. Con l’integrazione di nuove informazioni si rendono possibili passaggi più consoni al nostro presente.
Mi piace riflettere in merito al cambiamento come ad una strada percorsa tante volte che un giorno finalmente appare più percorribile o improvvisamente diversa. In fondo cambiare è essere in grado di rileggere l’ovvio; finalmente quei contesti e quelle situazioni appaiono simili ma profondamente differenti. È con entusiasmo che ascolto il paziente dire "ora Dottoressa posso stare in ciò che prima mi appariva insopportabile". Socialmente ci si affanna a parlare o a dare un nome alle varie nevrosi, ma ogni alterazione nasce da un'urgenza dei nostri meccanismi interiori di tendere in modo compulsivo verso l’esperienza del quotidiano. È compito di chi occupa del cambiamento indirizzare la compulsività non spostando l’asse dell’esperienza, piuttosto rendendo possibile lo stare nell’esperienza di sempre in modo diverso, più creativo direi. Così nuove strade si aprono consentendo alla mente trasformazioni profonde. Miriam Poster diceva: una Gestalt fissa è una figura che non si arrende a chi la guarda
sottolineava in questo modo la persistenza di una memoria che obbliga a comportamenti dello stesso tipo in rapporto ai vari contesti.
In queste fasi, l’individuo è portato a confondere il cambiamento con la ricerca di novità, fare cose sempre diverse "aiuta" a sentire meno la fissità di certe immagini interiori, rendendole però compulsive, cioè destinate a riproporsi, attraverso le varie stimolazioni ambientali, sempre. È la percezione bloccata dunque a rendere immutabile la situazione. A questo punto aiutare le persone vuol dire far prendere coscienza di tale aspetto del proprio modo di funzionare. Si crea così un processo con le seguenti caratteristiche:
Ecco perché risulta di fondamentale importanza favorire la persona ad un adattamento creativo di continuo rinnovamento rispetto all'ambiente. In questo modo gli stessi gesti, le stesse situazioni, gli stessi contesti che riempiono le nostre vite divengono fonte di possibilità di altro tipo perché la persona ha imparato a "prendere posizione" rispetto alla precedente "coazione a ripetere".
Veniamo ora al corpo, il grande terreno su cui si gioca "la madre di tutte le guerre"; proprio il corpo esibito ma non espresso, magro ma non sano, grasso ma inesistente gioca un ruolo importante nella modifica delle nostre percezioni.
Molto spesso vengono scritti articoli, libri e quant'altro in merito all’ultima teoria sul benessere fisico. Ma il corpo non è anche una delle espressioni più evidenti della mente? Lo straordinario mezzo attraverso il quale la mente si esprime? Se sì, allora dobbiamo prendere in considerazione il fatto che anche il corpo si nutre prima che di cibo di passaggi mentali che ne coordinano l’attività. Infatti il cervello emotivo, oltre a controllare tutto ciò che determina un benessere psicologico si occupa di una gran parte della fisiologia del corpo. Allora perché obbligare questo corpo ad adattamenti incessanti nella continua ricerca del nuovo? Anche il corpo ha bisogno di percorrere più volte le stesse strade per orientarsi diversamente e con successo. Allora ben venga un metodo per il corpo che è anche uno straordinario strumento di conoscenza psico-fisico.
Avere chiarezza rispetto a cosa fare nell’esperienza quotidiana con il nostro corpo aiuta a riappropriarsi del corpo stesso.
Spesso l’ostacolo maggiore ad un benessere fisico e psicologico sta nell’avere un corpo fuori da sé, distante; solo un metodo costante permette alla percezione di rifiorire consentendo un cambiamento. Ecco come recita una delle tanto azzeccate vignette di Schultz: Le statistiche non mentono Charlie Brown, no, ma indubbiamente possono fare del male.
E le statistiche ci parlano di corpi sofferenti che nel momento di maggiore trionfo della medicina estetica trovano conforto nell'"affidarsi" a qualcun altro: qualcuno fuori da sé.
Riprendiamoci il corpo, disciplinandoci attraverso un metodo di cura e conoscenza. Questo richiede saggezza, attenzione e passione. In ogni inizio c’è la presa di coscienza sana di dove si parte; dice Martin Buber: Adamo affronta la voce, riconosce di essere in trappola e confessa: "Mi sono nascosto”.
Qui inizia il cammino dell'uomo.
Oggi più che mai il rapporto spesso conflittuale con il corpo ci obbliga a chiederci dove ci siamo nascosti e per uscire dall’antro bisogna vivere le possibilità grandi che il corpo ha se guidato dalla mente e nutrirlo ed integrarlo in modo competente. Il premio sta in un ritrovato e reale benessere psico-fisico che ci rende energici rispetto al presente, e aperti riguardo al futuro perché l’insieme delle evoluzioni allontana dai processi di invecchiamento.
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