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L'eterno Viaggio di Prometeo alla ricerca del genitore ideale

13/12/2016

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È al greco che torniamo quando siamo stanchi della vaghezza, della confusione; e della nostra epoca.
(Virginia Woolf, Diari)

Il trauma precoce interrompe la relazione primaria, quell'elemento luminoso chiamato amorevolmente mamma, a cui il bambino guarda con sguardo tenero, complice e seduttivo.
Questa visione si sostituisce con quella di una madre terribile mentre lui, bambino non amato, diviene anomalo: un bambino cattivo.
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Prometeo, Theodoor Rombouts (1597-1637)
Affiancato però a questo bambino "cattivo" e dunque colpevole, c'è uno spirito differente, un po' demoniaco che attacca da dentro questo bambino cattivo, uno spirito che suggerisce di lasciare sullo sfondo la madre sofferente e in difficoltà, perché troppo grande da affrontare, il bambino demoniaco pungola il bambino cattivo verso una visione diversa più accettabile affinché il processo di crescita non si blocchi.
È importante sottolineare che i bambini vivono in uno stato di appercezione mitologica ...
(E. Neumann, La personalità nascente del bambino: struttura e dinamiche)

... la quale provoca una visione assolutamente mitica della rottura con il senso di beatitudine di un rapporto materno: il bambino in se non possiede chiavi per estendere il suo rapporto con il materno, vive il problema come un verdetto senza appello.

Quindi se le cure materne si mostrano diseguali il bambino è costretto a proteggere il suo vero Sé appoggiandosi ad un Sé falsato per impedirsi ulteriori traumi. Il ricorso al bambino demoniaco è la risorsa che la psiche trova per non rimanere paralizzata all'interno del proprio disagio causato dalle difficoltà nella relazione primaria.

In età adulta, nelle relazioni che incontrerà, questo bambino mostrerà dapprima il Sé che si è abituato a far emergere nell'impatto con il mondo, quello compensato, mentre nel contempo tenderà a scegliere figure che lo rimandano a quello materno inadeguato che risulteranno evidenti nella relazione.

Stesso meccanismo di dipendenza da una figura maschile problematica, esiste anche nel rapporto padre-figlia, laddove la figura paterna è molto amata o molto odiata l'energia psichica per sperimentare se stessi viene meno, ruotando tra amori che ricercano il padre-dio, e momenti in cui tutto questo s'infrange lasciando spazio ad un Sé debole che a volte ricerca la soluzione al polo opposto, nella dipendenza verso un uomo che la fa sentire psicologicamente inadeguata.

D'altro canto come sottolinea Karen Horney, "Niente è più reale per noi di ciò che sperimentiamo direttamente." (Le Ultime Lezioni) e che ci porta dunque a non considerare altre verità, sopratutto perché le uniche verità sperimentabili sono legate a ciò che la Psiche vede nel momento dell'esperienza.

Questo dato di realtà và compreso all'interno della visione emotiva del bambino e non come dato reale in assoluto, un po' sinteticamente esiste la tendenza a riportare i vissuti più alle figure genitoriali che al modo con il quale il funzionamento del neonato cristallizza la loro immagine rendendola fissa e quindi non facilmente modificabile.

Anche i genitori, che pure hanno una parte di responsabilità nel vissuto dei figli, possono essere utilizzati dalla Psiche come elementi di tipo proiettivo.
Continuando a rendere questi genitori stabilmente inadeguati, la Psiche porta fuori da se il problema, prende distanza dalla difficoltà.
Nel momento in cui  il vissuto della relazione emotiva con tali figure ritorna all'interno di una elaborazione interiore è possibile affrontare diversamente il dato emotivo infantile originario.

La tendenza a spostare il problema all'esterno è oggi uno degli elementi frequenti di lettura del mondo interiore, rientra nel più generale quadro di un bisogno di allontanare da se il dolore interiore.

Ritornando al concetto di trauma, un elemento forte che si ritrova sempre nel vissuto traumatico consiste nell'abbassamento della soglia sensoriale: un ricordo che non può essere elaborato si staglia minaccioso dentro la Psiche ed il soggetto, per continuare a vivere, deve sentire meno. Nel contempo, ogni situazione diversa da ciò che ci si aspetta, riveste un'importanza eccessiva, funge inconsciamente da senso di minaccia rispetto alla realtà che si è creata a copertura del problema di fondo.

Nel trauma il dolore psicologico è grande, ma risulta "(...) impossibile sapere quale senso la storia e il contesto attribuiranno alla sua rappresentazione." (B.Cyrulnik, Il Coraggio di Crescere).

Molte volte infatti, le persone soffrono senza rendersene conto, dobbiamo tenere conto che se accadono traumi molto precoci, tipo la scomparsa di un genitore, il bambino sostituirà questo con una figura sconosciuta, esiste così una ferita ma non un trauma perché la morte non fa parte di una rappresentazione che la psiche del bambino può elaborare.

È comunque una ferita in grado di creare difficoltà nei legami di attaccamento come una generale disaffezione verso l'ambiente unita al bisogno di ricevere molti stimoli per riuscire a provare attenzione e interesse.

Erroneamente si ritiene che se non ci sono ricordi spiacevoli non c'è dolore dentro se stessi, è più corretto ipotizzare che la mancanza di un ricordo preciso è il frutto di una manipolazione rispetto a ciò che la mente del soggetto non è in grado di fronteggiare.

Ad esempio i bambini che divengono precocemente adulti, seri e responsabili, lo fanno per salvarsi dalla loro parte disagiata, spesso ricoprono il ruolo di genitori in famiglia quando l'adulto non riesce ad avere tale funzione educativa.

È importante riconoscere che tale maturità è senza dubbio apparente visto che il bambino, nel suo profondo, continua a cercare la stampella alla quale appoggiarsi; un trauma da abbandono in una forma più sofisticata dato che l'esercizio parentale non può compiersi per immaturità o debolezza.
L'impossibilità di esternare tutta una gamma di sentimenti, quali l'ira, la gelosia, la paura dell'abbandono e il continuo mettere a tacere le proprie intime esigenze, distorcono notevolmente lo sviluppo della personalità, dando vita a quei disturbi narcisistici legati all'organizzazione di un falso Sé.
(A. Carotenuto, Integrazione della Personalità)

Cosa riportiamo della visione del trauma nella storia dell'eroe Perseo?

Nella sua figura intravediamo il senso profondo di una doppia nascita. Egli anche se non lo sa, è figlio di un Dio: Zeus, che ha sedotto la madre Danae sotto forma di pioggia d'oro. Cerca il riconoscimento da Polidette, pretendente della madre, promettendo la testa di Medusa.

In realtà, ragioni ben più profonde affollano la sua mente, il bisogno di una nuova nascita simbolica che gli dia l'opportunità di entrare in contatto con quel senso di paura e abbandono (causati sia dal Padre che dal Nonno), trovare il modo per attivare le proprie risorse interiori.
Perseo ha bisogno di sperimentare, attraverso una prova, che è in grado di prendersi cura di se stesso come pure di trovare l'amore di un'altra persona.

Gli Dei conoscono la vera storia di Perseo e per questo disseminano sulla sua strada gli strumenti magici che permetteranno al nostro eroe di riportare a casa la testa della Gorgone Medusa.

L'eroe si configura dunque come colui che svela a se stesso l'enigma della sua vera identità, nel caso di Perseo come di molti altri, è l'enigma dell'abbandono del padre che deve essere esorcizzato, è questo senso di paura, vuoto e tristezza che deve concedersi di vedere attraverso Medusa.

Perseo partendo abbandona sia la casa paterna che quella materna, diviene familiare a se stesso per stabilire un'intima vicinanza con la sua parte abbandonata e fare in modo di andare oltre il peso della propria storia.

Nascere a se stessi significa cercare dentro di sé le risposte all'enigma della vita, avendo compreso che ogni giustificazione esterna al nostro operare, ogni modello, ogni ideale dato ha come destino intrinseco quello di essere superato.
(A. Carotenuto, Integrazione della Personalità)


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    La Dr.ssa Anna Pancallo, psicologa-psicoterapeuta è iscritta all’Albo Regionale Veneto, è specializzata in Psicoterapia della Gestalt, titolo conseguito presso la Fondazione Italiana Gestalt di Roma.

 Svolge l’attività dal 1993 e opera negli studi di Treviso e Mantova.

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La Dr.ssa Anna Pancallo,  psicologa psicoterapeuta iscritta all'Albo Regionale Veneto, è specializzata in Psicoterapia della Gestalt, titolo conseguito presso la Fondazione Italiana Gestalt di Roma. Svolge l'attività dal 1993 e opera negli studi di Treviso e Mantova.
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