Secondo il Mito, dalla testa di Medusa escono tre figure nate dall'essere stata posseduta da Poseidone: il cavallo alato Pegaso, il gigante Crisaore dalla ferita della decapitazione, il serpente a due teste Anfesibena. Inoltre, il sangue che gocciola dalla testa della gorgone, a contatto con alcune alghe marine che si pietrificano, dà vita al corallo. Anfesibena è una figura molto particolare che viene aggiunto al mito in epoca successiva; lo troviamo nella narrazione di Plinio il Vecchio, in Marco Anneo Lucano e nel canto 24 dell'Inferno della Divina Commedia di Dante. PEGASO Pegaso dal greco pegai, sorgente, sta ad indicare la necessità di mantenere una propria sorgente vitale che rimane imprigionata ogni qualvolta siamo rinchiusi all'interno di una visione sterilmente conflittuale infatti, Medusa, non può partorire Pegaso a causa del suo odio verso l’esterno. In quest'ottica potremmo dire che Medusa non accettando la propria caduta nel mondo, la propria ferita, è incapace di progredire, di evolvere. La sua sofferenza è data dall'incapacità di accettare e solo attraverso una morte può essere liberata da questo destino. Il gesto di Perseo la restituisce ad una nuova vita. Pegaso sarà sempre una figura molto amata nei secoli, simbolo di libertà evolutiva. CRISAORE Crisaore è l'altra figura partorita da Medusa, il Gigante con la Spada d’Oro, cioè colui che combatte in maniera adeguata e viene riconosciuto nel suo potere di combattente adeguato. Crisaore testimonia come l'aggressività costruttiva, quella che difende i propri giusti bisogni, non va ricacciata nell'oscurità ma sostenuta affinché possa condurre l'individuo verso la realizzazione delle proprie necessità. Non a caso Crisaore è un Gigante. Bisogna effettivamente esserlo per poter giocare diversamente la propria carica di aggressività in modo da produrre azioni frutto di modalità più evolute e complesse; una aggressività sana, scaturita dall'aver risanato le umiliazioni di parti di noi troppo vulnerabili, che sa giocare la propria difesa all'interno di un senso del limite. Una nuova capacità di gestione che emerge nella relazione con il mondo, dotata di tutto quello che serve per non portare all'annientamento dell'altro, che sa vedere e tenere in giusto conto il fatto che ognuno di noi in fondo è figlio e vittima della propria storia d'Anima. ANFESIBENA Anfesibena, non ultimo, è un serpente con due teste che va dunque in due direzioni. Tale immagine è piuttosto potente come metafora dell'ambivalenza umana. Ognuno di noi ha alle spalle una storia ferita dal compromesso con la realtà, ma necessaria per uscire da quell'ideale di mondo originario a nostra immagine e somiglianza. Ogni aspetto dell'umano è contraddistinto da una duplice natura, questo aspetto richiede arte del compromesso che non va visto in una luce negativa, piuttosto un compagno necessario per la realizzazione di aspetti più elevati del vivere e per poter accedere ad una complessità di rapporti. Le sofferenze affettive più laceranti sono proprio quelle connesse a sentimenti come tradimento, gelosia, invidia. Le stesse che ci troveremo ad infliggere in altri momenti noi ad altri. Anfesibena ci svela la duplice natura di ogni essere umano che attraverso la conoscenza del Sè deve imparare a gestire la propria mobilità interna senza rinunciarvi, questo è possibile solo allenandosi a dare un proprio senso personale alle difficoltà. Imparare a vivere la propria mobilità rende preziosa l'esperienza di vita, ci offre l'opportunità di non soccombere ai problemi ed aiuta ad evolvere all'interno delle proprie storie personali in questo modo si può recuperare il senso complesso ma elevato dell'esperienza umana e del nostro passaggio su questa terra. Letture correlate: Per chi si fosse perso qualche puntata ricordiamo che si può riprendere la scoperta del Mito di Medusa, dei suoi significati simbolici e della nostra applicazione psicoterapeuta, dando un CLIK ai seguenti bottoni:
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