Camillo Ricordi, direttore del Diabetes Research Institute (DRI) e del Cell Transplant Center dell'Università di Miami, Miller School of Medicine ha curato l'edizione italiana del libro dedicato alla longevità del professore di genetica David Sinclair (Lifespan, ed. Verduci). Il 14 giugno uscirà, inoltre, il suo nuovo libro “Il Codice della Longevità sana”, edito da Mondadori, nel quale l’autore esprime le sue teorie, frutto di molti studi ed esperienze professionali, di come ci si possa contrapporre ad una “longevità malata” - il vivere a lungo da malati, consumando gli ultimi anni della propria esistenza tra ospedali, consulti medici, assunzione di medicine, difficoltà familiari, psicologiche ed emozionali - con una “longevità sana” - vivere a lungo con una buona qualità della vita anche da anziani.
Impietosi, i dati USA riguardanti la salute, ci dicono che nei prossimi 20 anni la popolazione sopra i 65 anni raddoppierà. Che il 90% degli over 65 soffre già di una malattia degenerativa cronica e il 70% degli americani ha più di due comorbilità. Queste aggravanti aggiunte all'età comprendono anche tutti i fattori di rischio per le forme di Covid grave. La spesa sanitaria negli Usa, un paese che non ha e non potrà per questo mai avere una sanità pubblica, è sempre più alta, ora raggiunge il 20% del Pil. E si è già stimato che per far fronte alla pandemia di malattie croniche (cardiovascolari, demenze, diabete, malattie autoimmuni) non basti il 90% di queste risorse. Così prolungare la sopravvivenza sana diventa l'unica scelta sostenibile e forse, le spinte economiche, potranno far molto di più che l’amor proprio delle persone. Infatti, a gravare sulla spesa sanitaria sono i malati e non i sani che invecchiano. Molti studi di economia hanno rilevato che, se aumentiamo di 2,2 anni la sopravvivenza sana otterremmo un risparmio notevole, pari a 7 trilioni di dollari solamente negli Stati Uniti. A livello globale, un aumento della longevità sana di 1 o 10 anni produrrebbe una potenziale riduzione della spesa sanitaria rispettivamente di $38 o $367 trilioni. “Oltre a prevenire la sofferenza umana, imposta dalle malattie legate all'avanzare della longevità malsana, i risparmi generati dalla medicina della “longevità sana” potrebbero permettere investimenti su altri progetti, ad esempio, potrebbero essere impiegati per ridurre la fame nei Paesi Poveri o combattere il riscaldamento globale.". (Camillo Ricordi, direttore del Diabetes Research Institute (DRI) e del Cell Transplant Center dell'Università di Miami) Vogliamo credere in questi buoni propositi? Con qualche dubbio faremo uno sforzo. In ogni caso, nonostante la nostra visione scettica rispetto alle questioni economiche ed alle loro risoluzioni etiche, consideriamo che la proposta del nostro connazionale a Maiami sia molto interessante. "Una volta si credeva che il patrimonio genetico determinasse l'aspettativa di vita. Oggi invece si pensa che forse contribuisca al 15%, mentre l’85% è deciso da fattori epigenetici (ossia da come l'ambiente agisce sul DNA). Questo bagaglio di conoscenza e la consapevolezza che ne deriva ci dà un grande potere: con abitudini corrette possiamo governare le nostre vite. Si può rallentare l'orologio dell'invecchiamento mangiando in un certo modo, facendo attività fisica e tenendo sotto controllo lo stress. Poi si è visto da numerosi studi che molecole come la vitamina D, gli Omega 3, i polifenoli e gli attivatori delle sirtuine (le molecole della longevità) sono ottimi alleati della prevenzione". (Camillo ricordi, intervistato da Gioia Locati, Il Giornale) I polifenoli sono sostanze conosciute che, usate come supporto in malattie complesse come ictus e Alzheimer, ma anche nel diabete, rappresentano un grande aiuto. Nelle forme gravi di Covid e nelle malattie autoimmuni, come nelle malattie degenerative legate all'eta, mancano spesso vitamina D e omega 3 sia. I polifenoli e gli attivatori delle sirtuine sono molto importanti nell'inibire la cascata infiammatoria responsabile di ictus, infarti, malattie autoimmuni e infezioni. Le sirtuine sono sostanze prodotte dall'organismo sano, specie durante l’attività fisica e anche per effetto dell’integrazione di polifenoli. Tuttavia, questi antiossidanti naturali vengono prodotti sempre meno con l’avanzare degli anni, anche se facciamo attività fisica. Il basso grado di infiammazione sistemica è una realtà che coinvolge la visione corpo/mente e che porterà sempre di più a rivedere i paradigmi della cura. Alla luce di questi dati si evince anche come pensare in termini psicologici voglia dire coinvolgere il corpo, poiché tutto ciò che nella psiche procede secondo la storia dell’individuo, nel corpo alimenta automatismi che per loro stessa definizione faticano a prendere strade più adeguate. Per concluder, sebbene negli ultimi decenni si è avuto un aumento della longevità, questa non è “longevità sana”, si vive di più ma da malati. Ma già da qualche tempo sta emergendo una nuova ipotesi, di cui abbiamo parlato diverse volte anche nel nostro blog (QUI!), cioè: se l’avanzamento dell’orologio biologico della nostra vita è determinato da una vita malsana, probabilmente tale avanzamento cronologico può essere rallentato grazie a una vita sana, grazie alla prevenzione. Nel 2020 anche la prestigiosa rivista Nature ha dedicato la sua copertina ad un concetto che fino a pochi anni fa sarebbe stato considerato un’ipotesi di fantascienza eretica: “Turning Back Time” ovvero “far tornare indietro il tempo”, mettendo per la prima volta in risalto un concetto non più fantascentifico: rallentare l’invecchiamento è possibile, non tanto per la vita eterna, quanto più per una migliore aspettativa di vita nella terza età e per un fine vita meno distruttivo psicologicamente e fisicamente. “Laboratori internazionali e molti professionisti della salute sono sempre più concentrati su questi temi, perché prolungare la sopravvivenza sana non è soltanto desiderabile, ma rappresenta anche l’obbiettivo morale che qualsiasi società moderna e responsabile dovrebbe prefissarsi.” (Camillo Ricordi, direttore del Diabetes Research Institute (DRI) e del Cell Transplant Center dell'Università di Miami) Letture correlate:
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