Lo specchio non lusinga, mostra fedelmente ciò che in esso si riflette; cioè il volto che non esponiamo mai al mondo, perché lo vediamo per mezzo della Persona, la maschera dell’attore.
Il gesto di Perseo ci riporta a considerazioni ampie di come vanno fronteggiate le parti difficili e su quale terreno creare il confronto.
Nel Mito, Perseo (da Perseus, portatore di Maschera) - il nome evidenzia degli aspetti circa il suo essere capace di utilizzare il giusto volto per fronteggiare la difficile prova - vince Medusa perché si pone in una situazione sullo stesso piano, la fronteggia sul suo terreno utilizzando degli accorgimenti.
Non a caso tra gli strumenti magici gli viene fornito l'elmo di Ade e lo scudo lucido sul quale riflettere il volto della mortifera Gorgone senza rimanerne pietrificato.
Possiamo sottolineare come, per recidere la testa di una divinità terrifica e portarla verso un destino salvifico, Perseo dovrà assumere su di se l'aspetto del trapassato, diventare invisibile, al fine di riportare Medusa nei vivi. Non può evitare la frontalità ma può gestirla in maniera funzionale ad una trasformazione. È come dire che Medusa nella condizione in cui si trova, non riesce più a riprendere su di se la sua parte lucida, è condannata al regno del disagio perenne, incapace com'è di guardare se stessa. Atena, nel Mito di Perseo e Medusa, vuole sottolineare la dualità del nostro femminile interiore, che in termini più innovativi definiremmo la nostra parte che vive all'interno del linguaggio del trauma. Quando ci si allontana dai fatti a causa della potenza delle ferite emotive, si assume una posizione medusea, dove i fatti contano poco o niente, è la ferita a parlare, riproponendo costantemente i propri bisogni. Questa ferita merita però rispetto perché figlia di un disagio che non poteva essere fronteggiato in quel determinato momento. Generalmente le persone traumatizzate, al momento, ricordano poco dei vari elementi del trauma, nel tempo vengono fuori particolari via via più precisi, che molto spesso assumono la connotazione di falsi ricordi, che servono a dare forma ad un sentimento inespresso. Ci troviamo dunque davanti al fatto che il sentimento è vero ma il ricordo della memoria risulta falsato. Medusa costretta dunque a urlare e pietrificare da mattina a sera, non può più comprendere a cosa sta reagendo, è essa stessa vittima della sua potenza compulsiva che non può essere fermata finché permane quella condizione. Perseo non è solo l'eroe del Mito, rappresenta il bisogno di civilizzare ciò che è indisciplinato, di riportarlo a quella matrice evolutiva a cui l'essere umano non può rinunciare pena la sua morte definitiva. I Miti greci rappresentano ben bene quella polifonia di funzionamento dell'umanità che viene espressa attraverso il regno degli eroi e delle figure come Medusa che ben si prestano a diventare figure rivelatrici.
D'altro canto come immaginare il senso dell'identità senza soffermarsi su ciò a cui conduce l’Incontro? Chi è questo straniero verso il quale andare?
Ma se accettiamo che l'Incontro può veramente svelare il suo significato solo se noi siamo allenati ad identificarci con ciò che si mostra diverso o distante, allora possiamo dire che si compie il senso dello scambio. Quello spazio che ci distanzia e che viene abitato solo nella relazione con l'altro.
Noi siamo abitati da Medusa, da quella estraneità di noi stessi che affiora nel corso della nostra vita attraverso fatti e situazioni, e questo simbolo, richiede per essere narrato, quel senso dialettico del nostro abitare noi stessi che è imprescindibile per qualunque evoluzione interiore. A volte sono proprio le parti straniere a noi stessi, ma civilizzate, che creano un terreno congruo ad incontri fondamentali per le nostre vite. Pensiamo ad esempio al fatto che quando si è in sofferenza, tanti esseri umani emettono grida di dolore, gemiti o pianti, è come se il linguaggio di Medusa può impadronirsi della persona, per poi tacere quando si viene rassicurati. La figura che lenisce la sofferenza non è quella che provoca piacere ma quella che calma una sofferenza, è questa la base dell'Incontro sia con parti di noi che con gli altri. Diventare novelli Perseo per evolvere il dolore della nostra ferita, in modo che questo ci dia l'opportunità di incontrare l'altro da noi che non sempre può avere sembianze confortevoli, ma non per questo va evitato o eluso. La bellezza del racconto di Perseo sta nel fatto che per incontrare Medusa lui si decentra da se stesso, dalle proprie idee, la incontra sul suo terreno e con il linguaggio che lei può accettare, è un'empatia quella che lui prova che lo guida fino alla fine.
Ma ogni Incontro vero crea attaccamento e dunque empatia.
Questi sentimenti permettono a Perseo di apprendere un garbo nuovo, che mai aveva pensato prima, quel muto fremere dei loro corpi fatto di una sintonia dolente e fortissima gli chiede di avere cura di Medusa, tratta con attenzione la sua testa affinché non si sciupi, questo testimone ormai muto di un disagio ora evoluto e che merita rispetto.
Questa gentilezza non è solo per lei, Medusa, è anche un modo per superare la colpa, la colpa non è il peccato, è il sottile disagio che si prova quando non puoi restituire niente all'altro, quando non puoi cedere qualcosa di te per l'altro. Restituire l'altro al poter essere l'altro, significa ritrovare la propria altruità. La restituzione è come un doppio ritorno, di ciò che tu ritorni all'altro e di quel che ti ritorna dall'altro del tuo sapere. Un doppio movimento per un doppio ritorno, ritornare all'altro per venire come altro a se stessi. (G. Ferraro, La Scuola dei Sentimenti)
Perseo tiene con cura la testa di Medusa, e con questo gesto restituisce qualcosa al mondo per ristabilire una verità diversa, fatta di quell'intimità istintiva che afferma che si, Medusa può essere collocata e utilizzata per apportare beneficio alla sua vita come a quella di molti altri.
La restituzione è un gesto di consegna di ciò che si è trovato, in modo che un’altro lo trovi e molti altri ancora. Un processo continuo di verità che emerge e che diviene patrimonio di tutti, un sostenere che non preserva ma che traccia la strada per un'educazione interiore: essere ciò che si è lasciando che l'altro diventi ciò che è in modo nuovo e trasformativo. I racconti riannodano il filo di sguardi interiori profondissimi e quando abbiamo ... ... la fortuna di credere allo stesso racconto, saremo accomunati dal sentimento di appartenere alla stessa famiglia, finiremo con il considerarci fratelli per capirci e amarci.
L'imitazione che sta alla base dell'apprendimento permette la condivisione di un mondo fatto di parole e sentimenti.
Ora che abbiamo ripercorso il collegamento tra la realtà e la sua rappresentazione possiamo dire di essere riuniti da qualcosa d'invisibile (l'anima) che ha il potere di una coesione forte. Nessuno di noi ha conosciuto Perseo e Medusa, ma ognuno di noi porta impresso in se stesso i segni di quelle ferite e di quella rinascita. I corsi "Medusa, Simbolo e Trasformazione" ci pemettono di ritornare sul nostro essere, esplorare altre possibilità, rinvigorirci di nuova saggezza per ritornare al mondo armati di una verità che rimarrà impressa, capace di affermare che attraverso Medusa abbiamo dato concretezza alla nostra umana natura. Il compito imprescindibile di ogni psicoterapia sta nell'aprire la strada a se stessi piuttosto che nel definirla. E finché tu non verrai io rimarrò alle soglie dei voli, dei sogni, delle scie, immobile. Perché so che là dove sono stato né ali, né ruote, né vele conducono. Hanno tutte smarrito il cammino. Perché so che là dove sono stato si giunge solo con te, attraverso di te. (P. Salinas, La Voce A Te Dovuta, LIX)
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