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Il parto di Medusa: introduzione

11/9/2020

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L’uomo, nello stato creativo, è tratto fuori di se stesso. È come se facesse scendere un secchio nel proprio subcosciente e tirasse su qualche cosa che normalmente è fuori portata.
(E. M. Foster)
Il parto di Medusa, Medusa, Studio Pancallo, psicoterapeuta
Il cavallo della civiltà esita difronte all’ostacolo, tutte le migliori e più accreditate tecnologie non riescono a colmare la tensione conoscitiva dei soggetti verso la riappropriazione di un armonia interiore. Il mito in questa chiave si pone come un utile grimaldello allo scopo di spalancare territori inesplorati dell’anima e aiutare ognuno a trovare i propri punti di riferimento.
Per i greci era chiaro che le emozioni alterano i giudizi e i comportamenti, l’esperienza delle passioni risultava un fatto misterioso atto a sperimentare una forza diversa in se stessi che conduce invece di essere condotta.

Da questa visione risulta evidente come il centro della vita spirituale fosse la psiche, quel ...
... piccolo universo autonomo entro il quale si compie la vita vera di un individuo e si sviluppa il suo quotidiano dramma di esistere; un universo insidiato da forze e pulsioni che provengono dal suo stesso interno, un universo, infine, capace di confrontarsi con il mondo esterno elaborando le proprie autonome rappresentazioni [...]"
(G. Guidorizzi - Ai Confini dell’Anima)
Non è possibile vivere senza sentimenti e passioni, ci suggerisce il mito, ed è per questo che i personaggi e le sue figure devono retrocedere da ciò che blocca il loro universo statico.

Medusa secondo il mito è stata confinata in un palazzo ai confini del mondo, e non può rimanere per sempre in quello stato poiché vive un tempo senza oggi né domani, un tempo uguale. È un tempo immobile che non può scorrere e in questa immobilità le passioni e le trasformazioni non possono esserci poiché, esse, sono figlie del mutamento e di una nuova forza che si fa strada.

Il gesto di Perseo è quello di entrare in contatto con questo mondo al fine di irradiare una nuova forza e poter mettere in relazione il mondo dei vivi con quello dei morti, la vitalità trasformativa del desiderio che vince sull’immobilismo dell’afflizione.
L’universo dei Greci nasce dal grembo della materia, dallo sforzo di autogenerarsi in modo violento e crudele delle prime forme viventi; ciò che muove l’evoluzione del mondo è una forza pervasiva, potente, irresistibile, connaturata alla materia [...] una forza che sempre crea e congiunge e distrugge e rinnova, e viene detta Eros, Amore.
(G. Guidorizzi, I Greci e le Passioni)
È un mondo che, nonostante i secoli che ci separano, induce a delle riflessioni circa la nostra natura e il nostro modo di interagire con la complessità interiore di cui siamo dotati. È un mondo che sembra suggerirci la grande forza generatrice dei sentimenti e di come vanno toccati.

Il mito in questo senso è più vivo che mai, ha uno scopo che trascende il tempo, va oltre, riportando in primo piano gli elementi essenziali dell’esistenza.

Da questo punto di vista risulta molto utile considerare come la creatura mostruosa per i greci non sia tanto legata al mostro in se, quanto ad un prodigio emanato dalla volontà degli dei, un concetto di grandezza che implica un percorso nuovo e diverso di cui questi esseri immortali si fanno portavoce, come suggerisce Cicerone parlando delle arti oracolari nel "De Divinatione":
Sono chiamati mostri, apparizioni, portenti e prodigi, le cose che mostrano, fanno vedere, pronosticano, predicono.
(Cicerone, "De Divinatione")

Solo nel Medio Evo si assisterà ad una mutazione di significato della parola mostro, al punto da indicare la parola demonio che ovviamente ha una connotazione interamente negativa.

La concezione eroica della vita è ciò che troviamo nella cultura greca e che serpeggia sottilmente nel corso dei secoli. Oggi, indubbiamente, dobbiamo considerare la figura del’eroe in modo più ampio e complesso, ma dell’eroe greco prendiamo una visione che nulla ha a che fare con una modalità narcisistica di esibizione di un proprio compiacimento legato al potere di sé,  una figura capace di sfidare le proprie paure, capace di trovare delle soluzioni alle difficoltà che incontra.

Le metafore del mito sono importanti perché rimandano a specifici problemi legati al cambiamento interiore, e di come questi cambiamenti vadano guidati così da divenire eroi che trasformano le proprie vite per ristabilire il giusto ordine alle cose.

Addentriamoci dunque nelle metafore significative a cui apre il racconto mitico.

La figura del mostro rappresenta la paura dell’ignoto e di come questa vada considerata e rispettata, come pure l’importanza di nutrire il cambiamento attraverso ciò che in generale spaventa e crea timore, in questo modo la psiche può liberare energie insolite allo scopo di nutrire la propria forza vitale.

Anche gli storiografi del mito non possono che rimarcare l’insolita originalità del racconto di Perseo e Medusa così da sottolineare una differenza rispetto ad altre storie che non presentano la medesima complessità narratologica...
... una complessità in cui la presenza degli oggetti divini che lo accompagnano viene a costituire un elemento fondamentale e a suo modo atipico.
(M. Giuman - C. Zaccagnino, Ora gli Eroi sono Fossili Arguti)
È importante ricordare che l’arte di interpretare il mito secondo diverse metodologie di lettura era una pratica già presente mentre i miti in Grecia erano ancora "produttivi", ciò che interessa fortemente nel nostro ambito è dare risposta alle seguenti domande:
  • Cosa accade alle nostre menti quando vengono trascinate nel racconto mitico?
  • Sviluppano percezioni più adeguate ai loro bisogni?
  • Si pongono nella direzione di rendere affrontabile interiormente ciò che risulta difficile?
  • Sono maggiormente concilianti con le difficoltà inerenti la loro vita?
  • Possono portare uno sguardo più esperto sulla propria realtà?
  • Stimolano la mente verso una riconciliazione che induce ad una visione rasserenante della propria esistenza?
È persino banale constatare l’onnipresenza del mito antico nelle nostre vite, non come un soprammobile che allieta e abbellisce questa valle di lacrime ormai in preda al disperato razionalismo, bensì come un repertorio di categorie del reale, un insieme di strumenti per comprendere il mondo, un sistema di racconti sempre apparentemente uguali a se stessi eppure sempre carichi di contenuti nuovi e attuali, non di rado contraddittori e sorprendenti."
(Pontani, Prefazione a Introduzione alla Mitologia Greca di S. Said)
Il mito ci dà la forza di risolvere i contrasti in modo da porre uno sguardo profondo sugli aspetti che regolamentano il corso della vita individuale e sociale, di mettere in primo piano elementi che la consuetudine tende a tralasciare, ma che regolano i modelli di riferimento dell’avventura umana nel mondo. L’eroe greco, infatti, racchiude "tutte le virtù e tutti i pericoli dell’azione umana” come sostiene J. P. Vernant, uno dei maggiori studiosi del mito.
Questa plasticità del mito, che gli ha a suo tempo permesso di sopravvivere adattandosi, e che permette alla critica di continuare ad avere stimoli, spiega senza dubbio oggi il successo e la fluidità degli studi mitologici. La sola conclusione che si impone [...], è che si può fare tutto con dei miti, raccontarli, ridurli a degli schemi, riscriverli, sognarli.
(S. Said, Introduzione alla Mitologia Greca)
Oppure,utilizzarli da trampolino di lancio per ascoltare l’incessante movimento dall’anima che richiede strumenti affini alla sua natura.

È difficile essere convinti del fatto che la separazione dall’uomo primitivo sia un aspetto meramente cronologico, in realtà in fondo all’anima questo modello arcaico opera ed è vivo e vegeto, la tesi di fondo dell’esperienza “Medusa Simbolo e Trasformazione” è che quando il flusso dell’esperienza ordinaria si disfa, lascia spazio ad un’altro piano di realtà non privo di logica: il pensiero mitico e simbolico.
 
Il pensiero simbolico  e quello razionale , che tanta incidenza hanno sul nostro equilibrio, si connettono attraverso esperienze capaci di evocare il mondo simbolico così da  apportare un contributo al cambiamento interiore, mettendo in luce la molteplicità dei sistemi attraverso i quali sviluppiamo un apprendimento, nonché di come le emozioni operano per organizzare tali sistemi.
[...] percezione, pensiero, memoria, rappresentazione, fisiologia, comportamenti e interazione sociale [...] hanno la funzione complessa di connettere non solo il corpo alla mente ma anche mente e corpo fra individui.
(G. Moccia, L. Solano, Risonanze Interdisciplinari)
Il misterioso salto dalla materia alla fantasia, poiché di questo si tratta quando dobbiamo portare i nostri vissuti sul piano dell’azione, è stato descritto dalla teoria dei neuroni specchio, questa ha fornito delle basi importanti per un collegamento tra mente, cervello ed ambiente, in una nuova chiave.
 
Oggi sappiamo che i neuroni, motori che governano i segnali verso l’esterno del SNC, si attivano tanto per eseguire azioni finalizzate, come pure alla sola vista di movimenti intenzionali o delle emozioni altrui.

Questo serve a sottolineare come la base dell’empatia è biologica e si crea addirittura quando il bambino è ancora in fase di vita intrauterina, poiché, già in quel contesto, è interessato a ciò che proviene dall’esterno, per questo si suggerisce alle gestanti l’ascolto di musiche precise.
 
L’imitazione è la principale strategia dalla quale gli individui traggono informazioni sul mondo con il quale sono in continua interazione, grazie ad un dispositivo cosiddetto di “simulazione incarnata” (V. Gallese - M. Guerra, Lo Schermo Empatico).

Il corpo è alla base di questo apprendimento pre-riflessivo di se e degli altri, come pure il punto di partenza di ogni forma di conoscenza esplicita, la quale risulta fondata su modelli di interazione corpo-mondo preesistenti.

Il meccanismo attraverso il quale l’individuo riproduce lo stato mentale altrui è alla base di un processo conoscitivo, come pure dello sviluppo di forme di coscienza più elevate.

A questo punto possiamo ritornare nel mito riprendendo il filo del nostro dialogo con Perseo e Medusa, tramite la figura di Hermes, il messaggero che comunica a Perseo che gli Dei lo aiuteranno in questa prova fornendogli degli strumenti magici.

In questa figura si condensano due aspetti che rimandano ad una visione precisa, un utile punto di partenza per la nostra esplorazione riguardante il Parto di Medusa:
  1. l’Uomo è solo con se stesso;
  2. fare esperienza del mondo richiede una guida.

Hermes è colui che spalanca a Perseo l’aspetto indecifrabile dell’esperienza, lo porta a credere che per farcela bisogna battere altre vie, non solo affrontare l’avventura attraverso la linearità di un combattimento diretto, bensì percorrere strade meno consuete e non del tutto evidenti.

In una chiave moderna diremmo che Hermes dischiude il mondo delle possibilità emotive al nostro eroe, queste hanno bisogno di sperimentazione per procedere e sopratutto di venir riconosciute in ciò che risulta più impercettibile e meno consueto, così da dirottare l’individuo verso una reale conoscenza di se maturata attraverso l’esperienza sul campo.
 
Hermes svela a Perseo la vista di una mirabile connessione tra il visibile e l’invisibile, avvicina la sua attenzione a ciò che è distante, allo scopo di rendergli più affine ciò che è estraneo e conciliare la natura apparentemente divergente del mostro alla sua, lo mette sull’avviso che qualcosa sta per accadere nella sua vita ed è arrivato il momento di effettuare questo passaggio.


Quante volte è possibile per gli esseri umani, come Perseo, considerare utile e risolutivo ciò che in apparenza si presenta difficile e pauroso?

Quanto è praticabile attraversare l’esperienza del non conosciuto se la nostra consapevolezza pre-riflessiva del corpo, cioè l’abitudine all’ascolto di ciò che si prova, non è abitualmente orientata?

Rendere il mondo una serie di fatti pratici concatenati tra loro, ha certamente semplificato le cose ma a scapito degli scopi e significati del mondo stesso.
Inoltre, tali modalità hanno fornito un'ottima base per un auto esaltazione del Sé, uno dei determinanti maggiori circa la difficoltà di apprendimento emotivo con conseguente blocco di evoluzioni all’interno delle proprie vite.

Devi aprirti alle altre persone ferite intorno a te e trovare il modo per connetterti con loro e per costruire una casa insieme, un luogo in cui siate legati uno all’altro e troviate insieme il significato della vita. Ormai siamo senza tribù e senza connessioni da troppo tempo. È ora di tornare a casa.
(J. Hari, La Fine del Buio)
C. G. Jung fu uno dei terapeuti della psicologia del profondo che ha cercato nessi importanti verso quegli stati della psiche che non si possono ritrovare nell’orizzonte di un razionalismo. Egli, infatti, riteneva che le manifestazioni più particolari dell’inconscio erano da decifrare per poter soddisfare il bisogno della psiche di uscire da un unilateralismo involutivo.

Definì questa necessità dell’anima con il termine "Sincronismo", celebre al riguardo è la descrizione di Jung del "caso" dello scarabeo d’oro:

Una giovane paziente, nonostante i tentativi di Jung, era psicologicamente inaccessibile poiché la sua retorica non ammetteva ulteriori valutazioni di se e del modo di guardare il mondo. Un giorno in seduta dice al celebre analista che aveva fatto un sogno dove qualcuno le aveva regalato un monile con uno scarabeo d’oro. Mentre la ragazza continuava a raccontare un insetto iniziò a sbattere contro la finestra, Jung apri la finestra e lo catturò. Era uno scarabeo di colore verde-oro, lo mostrò alla paziente pronunciando queste parole: ‘Ecco il tuo Scarabeo d’Oro’. Da quel momento le difese della paziente in analisi divennero molto meno preponderanti ed iniziò a dialogare con Jung circa il suo mondo interiore.
Questo aneddoto ci dice chiaramente come due eventi apparentemente scollegati sul piano logico, il sogno e l’apparizione dell’insetto nella stanza, siano in realtà collegati sul piano simbolico. Per Jung era evidente come il significato di una metafora, rappresenti l’elemento che mette in relazione il mondo esterno con quello interiore.

Certamente il fenomeno del Sincronismo, laddove non sia nelle mani di menti esperte, può sicuramente generare fenomeni di sospetto o sottilmente paranoici che è bene contenere. Ma, ciò di cui vogliamo occuparci, sono le varie capacità di comunicazione dell’inconscio e la loro modalità dialogante con il tutto.
Nel corso delle epoche moderna e post-moderna, il necessario equilibrio tra le due posizioni intellettuali di diffidenza e fiducia, l’essenziale tensione creativa degli opposti è andata perduta. Le conseguenze di questa perdita e squilibrio sono state immense. [...] La strategia di scettica presa di distanza dal mondo ha costretto e plasmato il sé moderno, differenziandolo, rafforzandolo, ma alla fine isolandolo al punto da rinchiuderlo nella solipsistica prigione dei suoi stessi assunti. [...] Il progresso della conoscenza e l’evoluzione della coscienza dell’umanità sono stati fin troppo spesso caratterizzati come se il nostro compito fosse semplicemente salire una scala cognitiva molto lunga con gradini gerarchici che rappresentano successive fasi di sviluppo in cui risolviamo enigmi mentali sempre più ardui, come complessi problemi in un esame di laurea in biochimica o in logica. Ma per comprendere meglio la vita e il cosmo, forse, dobbiamo trasformare non solo le nostre menti, ma anche i nostri cuori. Infatti, è coinvolto tutto il nostro essere, corpo e anima, mente e spirito. Forse dobbiamo non solo salire, ma anche scendere in profondità.
(R. Tarnas, Cosmo e Psiche)

Un simile cambiamento di visione verso la vita, ci porta a contattare quello che a prima vista sembra meno percettibile, tutto ciò che viene oscurato dalle nostre certezze: un’apertura all’abbondanza di forme che possono scaturire dall’inconscio. Le situazioni particolari infatti, continuano ad accadere e le leggiamo come coincidenze strane, spesso non sfruttabili per ripianare alcune ferite perché la nostra logica imperativa non si fida e fatica a trarne beneficio.

Un fatto di cronaca accaduto di recente ha colpito la mia attenzione:
[...] per quattro anni Chastity Patterson ha raccontato la sua vita al padre defunto, gli scriveva messaggini e poi li spediva a quello che era stato il suo numero. Per quattro anni Brad, che all’insaputa della ragazza aveva ereditato quel numero, ha letto ogni giorno il cuore di Chastity. I suoi tormenti d’amore, la sua laurea a pieni voti, la malattia da cui infine è guarita. L’altro giorno, definitivamente commosso dal messaggio in cui confessava al padre di avercela fatta, Brad ha deciso di rompere l’incantesimo e ha risposto. Sono un padre che cinque anni fa ha perso sua figlia in un incidente d’auto, le ha scritto, e per tutto questo tempo tu sei stata il mio angelo: mi sarebbe piaciuto che lei diventasse come te.
Bisogna essere pazzi per mandare centinaia di messaggi al numero di telefono di un morto.
E bisogna esserlo ancora di più per leggerli senza mai replicare. Ma a volte quella che chiamiamo pazzia sa rivelarsi come una forma superiore di saggezza.
La vita, sceneggiatrice inesauribile, ha messo in contatto due persone attraversate dal dolore. Ed entrambe hanno fatto la cosa che le faceva stare meglio: coltivare l’illusione di un dialogo con chi avevano perduto. Mentre le loro sofferenze conversavano tra loro, Chastity e Brad trovavano la forza di lasciare andare quelli che non c’erano più.
(M. Gramellini, Corriere della Sera del 30 Ottobre 2019)

Il mondo presenta ancora intatte le proprie risorse ma i sensi devono divenire più acuti per scovarle. Lasciamo dunque che Hermes guidi ognuno verso i confini del mondo dove incontrare questa strana creatura di nome Medusa per liberarla dal suo infausto destino e portarla ad essere preziosa per le nostre vite.

Letture correlate:
  • Il Mito e la Psicoterapia
  • Il potere magnetico e catturante del Mito di Medusa
  • Il Mito di Medusa, simbolo e trasformazioni (tutti gli scritti)
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    La Dr.ssa Anna Pancallo, psicologa-psicoterapeuta è iscritta all’Albo Regionale Veneto, è specializzata in Psicoterapia della Gestalt, titolo conseguito presso la Fondazione Italiana Gestalt di Roma.

 Svolge l’attività dal 1993 e opera negli studi di Treviso e Mantova.

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La Dr.ssa Anna Pancallo,  psicologa psicoterapeuta iscritta all'Albo Regionale Veneto, è specializzata in Psicoterapia della Gestalt, titolo conseguito presso la Fondazione Italiana Gestalt di Roma. Svolge l'attività dal 1993 e opera negli studi di Treviso e Mantova.
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