Un’alimentazione sana è fondamentale per mantenere il benessere del nostro corpo e in questo senso si parla spesso delle proprietà nutrizionali dei cibi e del loro effetto a livello corporeo, ma spesso si trascura che quello che mangiamo contribuisce a “nutrire" anche la sfera psichica. Dalle ricerche più avanzate e contemporanee sappiamo che la mente e l'assunzione di cibo sono strettamente interconnessi. Il tipo di alimentazione determina la nostra salute fisica, quella mentale, il nostro stato d’animo, la qualità dei nostri pensieri, e persino i nostri comportamenti. L’organismo è in grado di mantenere l’equilibrio psicofisico ma ad una condizione: essere in grado di ascoltare e riconoscere i segnali del corpo e della mente e rispondervi nella giusta maniera. Solo così riusciremo a raggiungere uno stato di benessere e armonia fisica, emozionale e spirituale. Anche se in grado di espletare le sue funzioni in maniera del tutto autonoma rispetto al sistema nervoso centrale, il sistema nervoso enterico è strettamente interconnesso a esso, realizzando un complesso asse attraverso cui tali sistemi comunicano e si influenzano reciprocamente: il cosiddetto asse intestino-cervello (AIC).
Nutrigenomica e nutrigenetica L’alimentazione ha un impatto importante su diversi aspetti della nostra vita e ha notevoli risvolti socio-culturali e psicologici come dicevamo. Recenti ricerche di biologia molecolare hanno mostrato una correlazione tra cibo e DNA. Non solo è stato possibile validare scientificamente la constatazione empirica che persone diverse rispondono in modo molto diverso ad alimenti uguali, ma si è visto che i cibi possono addirittura modificare il nostro DNA. Il fatto che diverse persone reagiscano in modo differente al cibo è esperienza comune a tutti, capire però come queste differenze interindividuali possano essere geneticamente definite è stata una sfida della biologia molecolare e della biostatistica contemporanee. Dati provenienti da screening genetici su larghissima scala definiti GWAS (Genome-Wide Association Studies) hanno evidenziato che la presenza di particolari varianti geniche (definite SNPs, Single Nucleotide Polymorphisms) è associata alla predisposizione a diverse malattie tra cui diabete, patologie autoimmuni e addirittura alcune forme di cancro. Se da un lato il nostro corredo genetico regola la risposta individuale al cibo di cui ci nutriamo, sta emergendo in modo sempre più evidente che il cibo può cambiare in modo significativo l’espressione genica. Per fare un veloce esempio, recenti esperimenti hanno dimostrato che, sia il colesterolo che i grassi assimilati con la dieta hanno un profondo effetto sulla regolazione dell’espressione di geni coinvolti nel metabolismo dei grassi, suggerendo che ciò che mangiamo può controllare il modo in cui digeriamo i cibi stessi. Ma come fanno i cibi a controllare l’espressione genica? La regolazione dell’espressione genica può avvenire attraverso tre meccanismi: metilazione degli istoni, metilazione del DNA e microRNA. È stato dimostrato che i cibi possono influenzare tutti e tre questi parametri. Appare quindi evidente come la nutrizione sia indissolubilmente associata all’espressione genica. Attualmente questa branca della genomica nutrizionale cerca di capire come i diversi cibi possano predisporre a malattie come Alzheimer e cancro, con lo scopo ultimo di generare cibi “funzionali” che attivino o blocchino particolari geni. Nutrigenomica e nutrigenetica rappresentano le frontiere delle scienze dell’alimentazione, e si sono sviluppate negli ultimi 15 anni. A grandi linee potremmo dire che la nutrigenomica è la scienza che studia il rapporto fra genoma e dieta, mentre la nutrigenetica studia il modo in cui ognuno di noi, che ha un DNA diverso dagli altri, reagisce alle molecole presenti nei cibi. Cosa ci si può aspettare dal futuro? Il medico dovrà essere consapevole della presenza di una intrinseca variabilità genetica interindividuale e potrà utilizzare queste informazioni per adottare cure farmacologiche personalizzate. I benefici della nutrigenetica stanno già iniziando a farsi vedere. Alcuni tipi di diete vengono utilizzate specificamente per pazienti con malattie metaboliche come la fenilchetonuria o epilessia (in questo caso si usa la dieta chetogenica). Molti cibi, definiti cibi funzionali, arricchiti di vitamine o particolari componenti come acidi grassi polinsaturi sono in programma per malattie autoimmunitarie. La percezione della mente passa anche attraverso il corpo. A tale scopo, diviene di estrema importanza poter riconoscere alcuni fattori di funzionamento del corpo, così da portare la psiche a gestirli in maniera più adeguata. La competenza di se stessi muove i nostri vissuti in maniera coordinata, consentendo una migliore gestione delle difficoltà e una diminuzione dei rischi che possiamo incontrare lungo il nostro cammino. La Dr.ssa psicologa Anna Pancallo, che ha conseguito la qualifica di Antiaging Advisor presso AFFWA, completando anche il corso di approfondimento in Medicina Funzionale Metabolica, ha conseguito recentemente una qualifica relativa alla Genetica della Nutrizione nei campi della Nutrigenetica e della Nutrigenomica. Tutto ciò per consolidare una modalità clinica ed olistica, una visione ampia e approfondita specifica dello Studio Pancallo dove, la Medicina Antiaging, la Medicina Funzionale Metabolica, la Nutrigenetica e la Nutrigenomica, sono strumenti utilizzati in un dialogo continuo con i vari fattori di alterazione, ponendo al centro la visione epigenetica come motore produttivo di risorsa al cambiamento. Letture correlate:
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