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Perseo e la bisaccia: confine ed evoluzione dello spazio interiore

28/9/2022

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“Come Jung e poi Hillman ma già anche la successiva teorizzazione freudiana ci hanno insegnato, ogni mito è metafora e dispiegamento di una condizione psichica: gli dei e gli eroi dell’Olimpo dell’antica Grecia e del suo repertorio scenico sono tornati al mondo moderno come ‘sintomi’,dopo essere rimasti lungamente inabissati.”
(S. Ronchey, Robinson 18 Giugno 2022)
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La Bisaccia è il luogo dove Perseo depone la testa sanguinante di Medusa dopo averla recisa, nel linguaggio del mito è la metafora potente di un luogo speciale dove collocare qualcosa che oramai appartiene al nostro eroe.

Cosa ci suggerisce il racconto a questo punto?
Partendo dall’etimologia, la Bisaccia che per i greci è la ‘Κιβισις’, sta a significare in taluni casi un vaso e in altri una borsa, esprime l’dea di uno spazio adeguato e di un contenimento di ciò che si ripone, inoltre siccome Perseo la porta con se fin dall’inizio, la narrazione rende subito esplicita l’idea che l’eroe sa già che riuscirà a riunirsi con la testa della Gõrgone, quasi fosse per lui un elemento imprescindibile.

Questa visione di Perseo, come un essere umano che si apre ai misteri del proprio funzionamento interiore, esercita un suo fascino e ci avvicina ai meccanismi propri della psiche. Non a caso le grandi ricerche sugli studi mitologici (da Otto a Kerenyi, da Campbell a Vernant), insistono sul linguaggio dei miti greci come elemento in grado di intercettare una visione profonda dell’Anima, infatti la base psichica di patrimonio comune presente nell’uomo, consente quell’apprendimento e quel processo di trasmissione del patrimonio ereditario fatto di esperienze che qualifica la spinta trasformativa.

Le versioni del mito di ‘Perseo e Medusa’ sono molteplici, in questo contesto non essendoci una valutazione storico narratologica possiamo prendere a prestito quella che si presta maggiormente ad associazioni significative con i processi interiori.

La Bisaccia, è un contenitore non privo di significato e segna un confine tra ciò che viene posto dentro e ciò che sta fuori. La testa di Medusa riposta nella ‘Κιβισις’ è collocata in un luogo delimitato che determina la relazione con l’ambiente poiché, pur essendo coperta, assume una rilevanza straordinaria, rappresentando la vicinanza con qualcosa d’importante da custodire.
Partendo da tale nesso possiamo valutare come Perseo compia verso Medusa un viaggio inevitabile, un’avventura che non può più attendere, gli Dei lo sostengono e appoggiano questa scelta proprio perché è una sorta di viaggio del destino. 

La sfida a cui Perseo è chiamato, ben si presta al processo di sperimentazione di se stessi in rapporto alla vita che, nel suo snodarsi, predispone ad un inevitabile confronto con situazioni difficili, necessarie ai fini di una maturazione interiore. Il nostro cervello infatti, essendo dotato di una struttura neuro plastica, richiede esperienze che consentano una riorganizzazione permanente in grado di rendere possibile una migliore espressione di se stessi.

Nel contempo, ogni processo evolutivo espone a dei disagi poiché spinge a rafforzare o rivedere consuetudini stabilizzate, le quali a loro volta, creano punti di vista o modi di vedere che determinano la realtà individuale di ognuno. 

L’esperienza del nuovo richiede un distacco da convinzioni e modi di essere e spesso insinua la tentazione di porre fine a ciò che l’esperienza in se vuole comunicare.


“Il vuoto fertile è la metafora esistenziale che rappresenta il rinunciare al sostegno di ciò che è presente e familiare, per alimentare la fiducia nella forza che la vita ha di produrre nuove possibilità e prospettive. L’acrobata che si lancia da un trapezio all’altro sa quando deve lasciarsi andare. Egli calibra il suo peso con precisione e per un istante non ha altro appoggio che la sua propria forza. Noi seguiamo con il fiato sospeso la curva del suo salto mortale e lo amiamo, perché rischia di affrontare quell’istante in cui non c’è sostegno.”
(E.e M. Polster Terapia della Gestalt Integrata, pp.116-117)


Questa riflessione suggerisce come un allenamento alla scomodità attivi nella mente risorse in grado di sostenere l’acquisizione del nuovo. Le cose importanti non appaiono da sole ma siamo noi a cercarle dentro di noi. La voglia di conoscenza mette in moto non soltanto un sapere logico razionale ma, attraverso un assaporare, un godere, l’essere in empatia, provare piacere o dispiacere, la possibilità di creare uno scambio con ciò che si attraversa.

Perseo con la testa di Medusa accanto si apre al nuovo, si muove oltre il conosciuto, dà forza e valore a ciò che gli è meno familiare e che dovrà imparare ad utilizzare per se stesso. Nel portare con se la testa stabilisce un nesso con qualcosa di diverso ma così riconosciuto, da sapere come debba essere maneggiata. Il racconto mitico narra infatti che appena recisa la testa della Gorgone, Perseo l’adagia con cura su un letto di foglie così da poterla poi riporre dentro la ‘κιβισις’.

Quale messaggio scorgiamo in questo passaggio?

Intanto quello di una riunificazione con qualcosa d’importante, se per il nostro eroe l’obiettivo fosse stato solo quello di recidere la testa non ne seguirebbe la successiva attenzione e cura nell’adagiarla. Così, nel momento in cui Perseo la ripone con delicatezza nella sua sacca, si fa portavoce di qualcosa con cui stabilire una relazione. L’importanza che riserva a questo elemento lo conferma.

Tra la testa e Perseo, attraverso la Bisaccia, si crea una delimitazione che serve a stabilire un legame, così la Bisaccia diviene un luogo dove tenere con se parti contrapposte in una dimensione che suggella un patto trasformativo.

A questo punto la metafora assume un significato affascinante perché l’oggetto in se (la testa), diviene oggetto della conoscenza per Perseo, un aspetto che implica un’importante sottolineatura: comprendere che la sperimentazione di se modifica ciò che vediamo.
Ciò che è noto per ognuno è sostenuto da consapevolezze acquisite ma che da sole non bastano a dare una visione della realtà. Come sottolinea il neurobiologo Beau Lotto, “per creare la nostra visione del mondo non usiamo solo gli occhi ma, al novanta per cento, il cervello: come dire che non siamo solo osservatori ma anche creatori di significato” (intervista a la Repubblica del 6 Ottobre 2017).

Appare così chiaro come il riconoscimento di uno spazio interno è direttamente connesso alla capacità che il soggetto ha di dare un significato riguardo a ciò che sperimenta:


“[...]attraverso il confine e per mezzo della sua attività di traduzione ciò che è esterno al sistema pensiero diventa interno ad esso. Ad opera di questo filtro, che è il confine, ciò che è esterno viene accolto e trasformato in materiale omogeneo alla struttura interna, attuando così l’identità progressiva tra oggetto reale ed oggetto della conoscenza.”.
(M. Spagnuolo Lobb, “Psicoterapia della Gestalt”, p.46)


Il nostro eroe ha riconosciuto l’importanza di un nesso tra lui e la testa, qualcosa che influirà significativamente nella sua vita futura. Delimitando la testa in un contenitore e portandola con se ha dato spazio ad una dimensione dove l’importanza della relazione con ciò che si vorrebbe lasciar perdere, perché spaventa, assume un significato centrale e completo.

È un momento di straordinaria empatia questo, l’attimo in cui ha luogo l’esperienza partecipativa con la realtà che dà vita ad una nuova crescita, si aprono nuove possibilità di esistere espresse attraverso una dimensione creativa del percepire. Il mostro non è più solo tale ma diviene l’opportunità di una trasformazione della propria visione personale ed è ciò che guida le gesta del nostro protagonista. Per il nostro eroe l’evoluzione (il ritorno a casa) passa stabilmente attraverso la dimensione dell’andare verso qualcosa che diviene significativo, anche se apparentemente spaventevole, così da poter confluire con il valore dell’esperienza e creare un nuovo adattamento di vita.

Perseo, da secoli stimola le nostre menti a ricordare, a dare voce agli insegnamenti passati in un ottica di miglioramento e crescita, ricordandoci che ciò che è stato non è solo memoria storica, ma un tempo fatto di esperienze individuali e collettive che ci portiamo dentro, e che necessita sempre di nuove e più mirate acquisizioni per poter comprendere e valorizzare il presente. Tra ciò che ci precede e l’oggi esiste una relazione alla quale concedere una valenza, per il mito tale continuità viene resa esplicita attraverso il tentativo costante di dare una forma a ciò che appare caotico e senza senso, così da poter affermare il significato più profondo dell’individualità umana. 

Perseo è l’eroe che incarna il nostro bisogno di celebrare la vita attraverso l’avvicinamento dell’inconsueto, in questa metafora riconosciamo un sentimento universale di forza e pienezza straordinariamente avvincenti. Difatti solo nel cambiamento l’uomo respira la propria libertà dando spazio all’energia creatrice e sviluppando, nel contempo, una capacità riparativa fondamentale per attraversare l’esistenza.


“Guardiamo al presente, ma dal punto di vista di ciò che è eternamente umano.”
(W. F. Otto)

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    La Dr.ssa Anna Pancallo, psicologa-psicoterapeuta è iscritta all’Albo Regionale Veneto, è specializzata in Psicoterapia della Gestalt, titolo conseguito presso la Fondazione Italiana Gestalt di Roma.

 Svolge l’attività dal 1993 e opera negli studi di Treviso e Mantova.

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