“Con gli occhi dei greci”, la lettura che oggi vi proponiamo, è, a nostro avviso, un libro che si pone in un modo completamente differente dal solito tran-tran sull’importanza dei greci antichi, e risulta essere efficace anche per affrontare i mali del mondo, che poi sono i mali che affliggono ogni persona. L’interessante proposta letteraria della ricerca del professor Mario Bonazzi, che ha studiato lingue e filosofia classiche all'Università degli Studi di Milano, ed oggi è Professore Ordinario di Filosofia Antica e Medievale all'Università di Utrecht (Paesi Bassi), è una raccolta di saggi e articoli rivisitati dallo stesso già pubblicati nel Corriere della Sera. Senza paura di mescolare temi differenti, unendo profondità e leggerezza, ben deciso a non lasciarsi irretire in un classicismo di maniera, questo libro mostra che è proprio volgendo lo sguardo verso quelle distanze remote da cui i greci ci parlano dove potremmo trovare una valida guida per orientarci nei complessi problemi del vivere nei nostri giorni. Dalla felicità, all’amore, alla morte, dalla giustizia alla forza, dall’amicizia alla nostalgia, non c’è argomento di cui i greci antichi non si siano occupati con una libertà e una spregiudicatezza che ancora oggi lasciano ammirati. Siamo convinti di vivere tempi interessanti, nuovi e originali, allo stesso tempo stiamo vivendo una crisi profonda dell’umanità, come la guerra che ora ci tocca da vicino. La prima convinzione è anche una forma di protezione, per difenderci dalla paura dell'insignificanza di fronte a un sistema che evolve rapidamente senza dare punti di riferimento; la seconda ci costringe crudamente a riflettere su ciò che siamo, rompe i piani dettati dalla nostra zona di confort, ci proietta ancor più nell’incertezza del futuro. In ogni caso, entrambe le situazioni ci pongono dei quesiti eterni. Qual è il senso della nostra esistenza? Cosa ci facciamo qui? Perché agiamo come agiamo? Sembrano problemi astratti, ma esprimono preoccupazioni reali, per chi come noi è di passaggio. La storia, dalla quale proveniamo, può aiutarci ad elaborare il nostro pensiero. Anche se i greci, nei quali riconduciamo le nostre radici occidentali, o la nostra storia più in generale, possono essere di grande aiuto. La sfida più difficile e importante è con la natura o, meglio, struttura della nostra memoria, quella collettiva, non meno di quella individuale, che è sempre selettiva, cioè sceglie quello che vuole e a volte ricostruisce quello che non c’è. L’idea classicheggiante di una Grecia marmorea e olimpica, serena e solenne, capace di guidarci da lontano, è una finzione culturale, come ci ricorda l’autore. Questa Grecia eterna, che aveva fatto gridare Ernest Renan al miracolo, quando per la prima volta vide il Partenone, non esiste. Esistono invece tante espressioni della grecità, tanti modi diversi di porsi della stessa davanti ai problemi dell’esistenza, spesso in disaccordo, a volte folli a volte geniali, però sempre interessanti. Ci sono ad esempio la Grecia dei filosofi e la Grecia dei poeti, quella di Platone e quella di Omero: la prima convinta che la ragione umana possa trovare il senso recondito delle cose dietro all’apparente confusione dei fenomeni e delle vite; la seconda più disincantata nei confronti di una realtà che sembra sfuggire alla nostra capacità di comprensione e, come diceva Aristotele, “se non si capiscono le domande non si troveranno mai le risposte giuste”. Aggiungiamo che non è possibile sciogliere i nodi che non si conoscono ma, anche se sembra quasi contraddittorio, le difficoltà incontrate dal pensiero aiutano a vedere i nodi che si trovano nelle cose. Per questo ancora oggi vale la pena mettersi davanti allo spettacolo del mondo con gli occhi dei greci, per vedere le cose secondo angolature differenti, da prospettive inattese, scoprendole diverse da quelle che pensavamo, inoltrandoci lungo strade impervie, senza fretta di arrivare subito da qualche parte. Ognuno poi farà le sue scelte. L'opera di Mauro Bonazzi, al di là delle apparenti coincidenze con altri testi sui medesimi temi, su ciò che rappresentano i greci per la nostra cultura e per i nostri mali contemporanei, colpisce, si per il valore attuale della filosofia antica, ma soprattutto perché utilizza l’eredità greca da un altro punto di vista, meno consueto, meno generalizzato. “Muoversi all'interno dello sguardo interiore implica andare fuori da letture generalizzate che, molto spesso, non contengono verità psicologiche adeguate al nostro reale modo di funzionare.” (Anna Pancallo, “Dirigere lo sguardo, sperimentare il cambiamento”) Oggi, infatti, si parla spesso di classici, ma troppo spesso elevandoli su un piedistallo quasi inaccessibile, che li allontana da noi, quando invece li dovremmo avere molto più vicini. I greci sono stati autentici maestri nel formulare domande, nel sollevare dubbi, attraverso una potente e magica metafora della vita. Per questo ci invitano a tornare sui nostri passi per riflettere con loro sul nostro presente. La loro visione del mondo continua ad essere tremendamente ricca, una linfa vitale che se ben tradotta, ancor oggi, può essere di grande aiuto. Le tante pubblicazioni di libri e articoli, i costanti riferimenti alla classicità e gli articoli che spesso vengono proposti dalla “carta stampata” dimostra che il mondo classico "importa" e propone un atteggiamento esistenziale da non sottovalutare: “in un mondo come il nostro, prigioniero dell'immediatezza, in cui la tecnologia sta occupando sempre più spazio, sembra indispensabile lottare per un umanesimo che promuova la pausa e sia dotato della lucidità necessaria per saper guardare l'altro.” (M. Bonazzi, “Con gli occhi dei greci”) Non possiamo fare a meno di elencare i diciannove capitoli che compongono il libretto, perché in molti casi sono tremendamente suggestivi:
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