COME RITROVARE L’EREDITÀ INTERIORE Cosa si oppone ad una rigenerazione? Sicuramente la difficoltà ad individuare i propri desideri. Il desiderio rimane collegato al bisogno di sviluppare una certa autorità su se stessi, ed è in questo senso che dobbiamo accogliere una domanda: la mancanza di autorità crea vuoto? Quando accade che in questa assenza di potere ci allontaniamo dal desiderio? La psicoanalisi pone l’accento sulla metafora del padre, dove il padre non è l’entità fisica severa alla quale richiamarsi, piuttosto l’allenamento e lo sviluppo di quella capacità di porre dei confini alla voglia di godimento illimitata, largamente presente nel nostro mondo e che porta ad un dissolvimento della coscienza. Cosa resta della capacità umana di abitare il mistero, si chiede ad esempio Massimo Recalcati? L’enigma è tipico del desiderio e ci porta ad essere dove non avevamo previsto di essere, ma nell’unico posto in cui poter essere in quel momento. Nel finale del film “Departures” c’è una scena in cui padre e figlio si riconciliano in modo insperato, ciò che muove in tale direzione l’azione del figlio coincide si con il padre in carne e ossa, ma è anche connessa al trovare il proprio bisogno attraverso un’immagine nuova della paternità, riprendere con se quella dolcezza tradita e quelle aspettative smorzate, per altra via. Il bambino che aveva vissuto l’intollerabile ferita di un distacco paterno, attraverso un sasso che aveva donato al padre e che lui ha conservato, ritrova tutta la compiutezza del vissuto di un altro adulto, che come lui non aveva mai dimenticato. Il filo sottile che legava entrambi non si era mai spezzato e li ha portati a vivere l’eredità di quella trasmissione. Il tema della riappropriazione del proprio desiderio si ritrova anche nel film sulla scrittrice Mary Shelley. Mary era figlia di Mary Wollstonecraft, filosofa e promotrice dei diritti delle donne, antesignana del femminismo, sua madre morì dopo dieci giorni dalla sua nascita. Mary ebbe un infanzia ed adolescenza non facili a causa della matrigna con cui non aveva buoni rapporti ma acquisì una cultura straordinaria, per una donna dell’epoca (era nata nel 1797 e morì nel 1851), grazie al padre filosofo, a un precettore e all’amore per i libri; liberò molto presto le ali della sua fantasia. Il suo amore per il poeta Percy B. Shelley era inizialmente modulato sul bisogno di colmare il vuoto lasciato dalla scomparsa della madre, la successiva disillusione conseguente ai tradimenti di lui, la portò a concepire il Romanzo "Frankenstein o il moderno Prometeo". Il concetto del buono che diviene mostro per riparare alle ingiustizie subite, la riabilitazione dell’istinto aggressivo in grado di infondere energia ed amore per se stessi, è il Prometeo della mitologia greca, un titano ribelle che ruba il fuoco dall'Olimpo per salvare l'umanità, da cui viene tratto il tema della ribellione contro il destino. Tornando a Mary, la strada impervia è quella di dover trovare il proprio desiderio al di là dell’altro, ma la ferita da abbandono non facilita tale cammino. È terribile essere invasi, ma sentirsi abbandonati è anche peggio. Sentirlo in ogni momento, sentire la minaccia degli altri che si separano da noi e che ci lasciano soli. Perché alla fine noi vogliamo sapere che ci siamo e che siamo importanti per qualcuno. In realtà possiamo essere certi dell’amore altrui solo quando coincide con le nostre aspettative, il cammino di Mary è proprio questo, portare fuori la strana creatura di nome Frankenstein, il suo profondo bisogno di ribellarsi al dolore di donna che subisce il potere dell’uomo, la necessità di esprimere la potenza del mostro, di una creatura che si fa portavoce di istanze transformative perché in grado di sfidare la paura. Solo attraverso questa esperienza rigeneratrice Mary imprime una nuova luce al rapporto con Shelley, infatti, dopo la pubblicazione del romanzo a a seguito della morte della prima moglie di Shelley, i due si sposano. Ma tutto questo è successivo al tempo del lutto abbandonico, in cui per dirla con le parole di Recalcati, [...] si fa esperienza del mondo come del relitto di un veliero che avevi conosciuto prima nelle sue forme più gloriose Allora la trasmissione cosa chiede? Ci chiede di seguire ciò che sta sullo sfondo di un indeterminato bisogno che trova nutrimento strada facendo, attraverso l’incertezza del desiderio, che perseguita come Legge, diviene ciò che seguo, il mio fondamento, la base sulla quale alimentare la mia passione di vita: [...] la testimonianza è innanzitutto testimonianza non di cosa è in essenza il desiderio, ma di cosa può essere un’esistenza di desiderio. I legami infatti, sono possibili solo se trovano il collante in una nuova inclusione nell’universo interiore dell’altro, solo questo ci tende verso l’altro e ci porta a desiderare di includerlo nel nostro mondo. L’universo paterno della trasmissione reca in se questa possibilità, rifugge dall’idea dell’autogenerazione riconoscendo un valore non soltanto simbolico ma fondante, al potere generativo del desiderio. Questo è il valore della trasmissione, ed è un valore di vita poiché ci espone al rischio dell’accidentalità e al caso, donandoci la grande opportunità di trovare il nostro coraggio. Come Perseo sapremo perdonare l’abbandono di questo padre per poterci infine ricongiungere alla sua eredità? Il nostro sguardo, scrutando l’orizzonte, ricerca questa possibilità di rendere evidente un’eredità, di poter veder ardere il proprio fuoco di vita, essersi permessi di accogliere ciò che si è appreso in termini di desiderio per costruire la propria soggettività in termini generativi. Incarnare il desiderio dell’altro non vuol dire provare le stesse cose, vuol dire aver preso le distanze per poi riconoscere cosa di questo desiderio è anche un bisogno nostro, un bisogno modificato dalla nostra soggettività, un bisogno divenuto proprio. Perseo all’inizio della sua impresa non conosce minimamente il suo bisogno più profondo, lo scopre attraverso la paura, attraverso la deviazione da ciò che credeva essere fondamentale per lui: riportare a casa Medusa e sentirsi potente per questo, mettere fine al dolore con il potere sull’altro. Quante volte si fanno questo tipo di pensieri? Ho paura di perdere me stesso, quello che ho costruito, l’immagine che gli altri hanno di me. Eppure come sarebbe bello non essere più nulla, liberarmi di questo sforzo, essere me stesso punto e basta, essere leggero come una nuvola. Ed ecco gli strumenti magici con le loro funzioni risolutive hanno la capacità, nel caso di Perseo, di penetrare le sue abitudini, lo proiettano verso un altro mondo, gli fanno fare esperienza di qualcosa che prima non aveva mai colto. La leggerezza dei calzari alati si ma per andare verso Medusa, aggirarne lo sguardo per poi vedere le cose per ciò che sono. Ora che le proprie ansie sono smantellate, egli può portare su di se il senso della morte e attraverso l’invisibilità di un Elmo creare uno spazio nuovo dove vivere l’abbandono e il potere di trasformazione dei sentimenti di lutto. Poi infine tornare a casa e incarnare il desiderio altrui, quello di Atena, di sua madre, di suo nonno ecc... poiché ne ha riconosciuto il valore e perché avendolo trasformato, non si sente più minacciato. Itaca t’ha donato il bel viaggio. Senza di lei non ti mettevi in via. Nulla ha da darti più. E se la trovi povera, Itaca non t’ha illuso. Reduce così saggio, così esperto, avrai capito che vuol dire un’Itaca. [...] bisogna morire al godimento mortale, bisogna morire nel godimento senza speranza della pulsione di morte, per poter rinascere, risorgere ad una vita nuova, alla vita del desiderio e del godimento Altro. Si tratta di consegnare la vita al deserto affinché la vita possa riconquistarsi come umana. Letture correlate:
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NEWSSTUDIO PANCALLOLa Dr.ssa Anna Pancallo, psicologa-psicoterapeuta è iscritta all’Albo Regionale Veneto, è specializzata in Psicoterapia della Gestalt, titolo conseguito presso la Fondazione Italiana Gestalt di Roma. Svolge l’attività dal 1993 e opera negli studi di Treviso e Mantova. Categories
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Maggio 2023
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