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Dalla concezione greca del mondo all'occhio dell'inconscio

26/2/2018

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Preferisco venire dal silenzio per parlare. Preparare la parola con cura, perché arrivi alla sua sponda scivolando sommessa come una barca, mentre la scia del pensiero ne disegna la curva. La scrittura è una morte serena: il mondo diventato luminoso si allarga e brucia per sempre un suo angolo.
(V. Magrelli, Ora Serrata Retinae)
occhio, inconscio, occhio dell'inconscio, studio pancallo
Per comprendere meglio il concetto che il mito di Medusa racchiude dobbiamo tenere in considerazione che il greco antico concepiva e rappresentava la vita in maniera diversa da come fa la lingua italiana, attraverso i modi verbali distingueva al meglio la realtà dall'irrealtà stabilendo gradi distinti e specifici di realtà soggettiva in modo da consentire un ponte verso l'interiorità del soggetto.
Il greco antico è una lingua che permette di valutare aspetti del soggettivo che nella lingua italiana sono celati o dati per scontato.

Un esempio è dato dalla frase: "vorrei navigare per mare", in Italiano viene compresa come una possibilità non presente nella realtà del soggetto, la stessa frase in greco è tradotta nel senso di evidenziare come un desiderio possa diventare una possibilità se l'uomo fa i conti con la suo motivazione riflessa nel mare, il suo coraggio e la sua forza, lasciare tutto e partire, oppure avere coraggio e restare. (Liberamente tratto da A. Marcolongo, Il Greco La Lingua Geniale)
Ogni lingua con ogni sua parola, serve a dipingere un mondo. È grazie alla lingua che potete formulare un’idea, dar voce ad un’emozione, comunicare come state, esprimere un desiderio, ascoltare una canzone, scrivere poesie.
(A. Marcolongo, op. cit.)
In un momento storico dove la lingua viene spesso utilizzata per celare le intenzioni reali fatichiamo a comprendere e a comprenderci. Il senso della lingua è nel capirsi ma siamo figli di un tempo dove il parlare per non capirsi pare essere diventata una consuetudine piuttosto abituale.

Virginia Woolf diceva queste parole:
È al greco che torniamo quando siamo stanchi della vaghezza, della confusione; e della nostra epoca.
(V. Woolf, Diari)
Per approfondire il mito di Medusa siamo in qualche modo richiamati verso la lingua greca, una lingua che non lascia spazio alla indeterminatezza, non si preoccupa di quando succedono le cose, piuttosto delle loro conseguenze. Il mito di Medusa bisogna immaginarlo in questa lingua e comprendere che per loro la storia di Medusa era in un certo senso vera e dunque bisognava fare i conti con le conseguenze di tale racconto.
 
Il completamento di questo concetto ci porta ad estendere le nostre considerazioni al rapporto che i Greci avevano con la natura ed in particolare modo con i colori; li vedevano come connessi alle espressioni dell'anima, quindi più vivi e in certo senso più belli, collegavano l'intensità e la luce dei colori a sentimenti personali.
occhio, inconscio, occhio dell'inconscio, studio pancallo
Il colore "glauco" era il colore traboccante di luce o rilucente, un colore che nella nostra lingua non esiste.
Sono glauchi gli occhi di Atena, chiari come quelli di una civetta, di colore ceruleo, azzurro, grigio-azzurro.
(A. Marcolongo, op. cit.)
Dunque è questo lo sfondo da cui trae forma la storia del mito di Medusa. La mitologia ha in se quattro funzioni:
  •  la prima è quella di conciliare l'esistenza di ognuno con la natura da cui la vita trae origine, una conciliazione che può avvenire recuperando il senso di garbo e di dolcezza verso le esperienze difficili come le storie dei miti stanno ad indicare.

    Pensiamo al momento della narrazione in cui  Perseo stende la testa di Medusa, appena recisa, su un letto di foglie, esiste una gentilezza in questo gesto che colpisce, si comprende come tutto  questo racchiuda un rispetto voluto.

    Fare esperienza del cuore della vita, è questo che i greci vogliono dirci attraverso i racconti oppure sviluppare la capacità di affinare, attraverso il mito, quel senso del gioco che serve a vivere bene.

  • La seconda e ulteriore funzione della mitologia sta nel presentare un'immagine dell'universo che crei una giusta soggezione. Bisogna essere coscienti dei pericoli!

  • La terza sta nel mantenere un certo sistema sociale, il senso del diritto del gruppo e delle sue regole condiviso attraverso le storie.

  • La quarta è quella che ci riguarda maggiormente, è una funzione psicologica:
    "(...) il mito deve trasportare l'individuo attraverso le fasi della vita, dalla nascita alla maturità e attraverso la senilità fino alla morte." (J. Campbell, Percorsi di Felicità).
    Lo fa con un linguaggio particolare che presenta due elementi cardine: parla di mondo esterno per riferirsi a quello interno, parla di futuro ma intende il qui e ora.
Se pensiamo all'Odissea di Omero ritroviamo anche qui il senso del viaggio interiore attraverso Telemaco che cerca di trovare il padre e nel viaggio di Ulisse che attraverso varie peripezie ed incontri, cerca la ricomposizione del suo maschile-femminile interiore per riuscire a vivere le esigenze di entrambi, la resistenza di Penelope nell’attesa, la psicologia della gestazione che richiede notevoli doti interiori, la capacità di vivere il presente perseverando ed affinando le proprie capacità personali.
 
Anche l'Odissea dunque ricalca, in termini diversi nella stesura, molto simile nei concetti, il valore e il senso della vita come proposto dal Mito di Medusa.
occhio, inconscio, occhio dell'inconscio, studio pancallo
C'è un eroe che non sa di esserlo, che per scoprire qualcosa di evolutivo in se stesso deve mettere in crisi la propria vita fin là costruita, lo fa con paura e disagio ma alla fine riemerge. Questa è l'idea della vita per i greci, non diversamente da ciò che vorremmo tutti noi. Oggi abbiamo però un problema in più, ci astraiamo dalla realtà piuttosto che imparare a sognare.
Il viaggio dell'eroe è uno dei modelli universali attraverso cui questa radiazione (luce) si mostra nel modo più brillante. Penso che una buona vita sia un viaggio dell'eroe dopo l’altro. Ripetutamente siamo chiamati nel regno dell’avventura, verso nuovi orizzonti. Ogni volta si presenta lo stesso problema: rischio? E se si rischia, ci sono pericoli e aiuti, realizzazione e fallimento. La possibilità di fare fiasco c'è sempre. Ma c'è anche la possibilità della felicità.
(J. Campbell, op.cit.)
Arrivando dunque allo sguardo di Medusa possiamo affermare che pietrifica rimandando Medusa a se stessa nell'impossibilità di una relazione con il mondo, Medusa non possiede quell'autonomia dello sguardo capace di farla evolvere.

Lo sguardo di Medusa può essere definito come uno "sguardo senza pupilla" (A. Sordini su Merleau-Ponty), non può approfondire ma al tempo stesso nella sua superficialità di visione esprime una profondità, attesta un dolore. Una sorta di profondità della superficie.
Non è lei a vedere ma ciò che è visibile della sua condizione si riflette inequivocabilmente sull'altro che non può fare a meno di vedere, guardandola. Sono occhi che non vogliono vedere chi li guarda, paradossalmente però questi occhi sono molto potenti perché esprimono in maniera assoluta il disagio di Medusa e fanno pensare a queste parole di Musil:
(...) l'occhio che per tutta la vita osserva soltanto i piccoli disegni che gli uomini e le cose proiettano sull'immane sfondo, si era rovesciato di colpo, e l'immane fondo giocava con le immagini della vita come un oceano con i fiammiferi. (R. Musil, L'uomo senza qualità)
occhio, inconscio, occhio dell'inconscio, studio pancallo
Perseo incontrando Medusa accetta il confronto con ciò che non può sostenere della sua vita, accetta di dover attraversare la paura e l'ignoto tipici del cambiamento, accetta altresì di prendersi cura di quella parte che attesta un disagio e di trattarla nel modo migliore ai fini di una rinascita, senza giudizio, senza rimprovero, con la coscienza di un errore avvenuto a cui bisognerà rimediare.
 
Nel mondo dei greci e dei miti il significato della storia di Medusa appare semplice e grande nello stesso tempo: affrontare la prova e tornare vincitori, inventarsi dei modi per farne esperienza e portare a casa la vittoria.

Sulla rotta di Perseo troviamo una strada per tornare alla nostra casa interiore armati di strumenti magici che la psiche è in grado di creare quando coglie le proprie capacità di rinascita.

Il mito ci interessa perché evoca risorse che mettono in moto aspetti dell’umano fondamentali per la propria autostima e il proprio benessere, il godimento della vita e la partecipazione ad uno scambio di senso con altri esseri umani.

Ritornare al mito affinché il viaggio nel corso delle nostre esistenze possa tornare ad essere eroico, di volta in volta, e per sempre.

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    La Dr.ssa Anna Pancallo, psicologa-psicoterapeuta è iscritta all’Albo Regionale Veneto, è specializzata in Psicoterapia della Gestalt, titolo conseguito presso la Fondazione Italiana Gestalt di Roma.

 Svolge l’attività dal 1993 e opera negli studi di Treviso e Mantova.

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La Dr.ssa Anna Pancallo,  psicologa psicoterapeuta iscritta all'Albo Regionale Veneto, è specializzata in Psicoterapia della Gestalt, titolo conseguito presso la Fondazione Italiana Gestalt di Roma. Svolge l'attività dal 1993 e opera negli studi di Treviso e Mantova.
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