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Lo sguardo e il Mito

19/1/2018

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L'invisibile è il luogo degli dei, dei morti, degli antenati, del passato intero. Non esige necessariamente un culto, ma penetra in ogni anfratto della mente. Simile ad una corda metallica, può anche non vibrare e rimanere inerte. [...] L'invisibile non va cercato lontano. Anzi si può anche non incontrare perché troppo vicino. L'invisibile finisce nella testa di ciascuno.
(R. Calasso, Il Cacciatore Celeste)

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Attraverso la citazione sopra proposta possiamo valutare come il tema dello sguardo per ciò che concerne il Mito, non sia da considerare come uno sguardo fisico, è la possibilità di vedere l'invisibile presente in ognuno di noi.
Tale aspetto mette in contatto con il concetto di natura. Essa si configura come un elemento di cui tutti gli dei o i protagonisti del mito si nutrono, per questo motivo Atena non si mostrava mai senza l'egida con il volto di Medusa, serviva a mantenere la parentela con l'elemento natura, inoltre la Gorgone Medusa viene raffigurata sempre di fronte, mentre di solito nell'arte antica, le figure venivano rappresentate solo di profilo. Nelle immagini che possediamo il mostro è sempre di faccia, a guardare chiunque negli occhi. Il potere dello sguardo dunque risultava significativo, natura e sguardo le due associazioni che rileviamo come prevalenti.

Natura perché i miti greci sono costellati di figure che sono a metà tra l'umano e l'animale come a sancire ciò da cui proveniamo. Lo sguardo è un elemento che sancisce l'entrata nel mondo adulto. Perseo che "regge" lo sguardo di Medusa supera la prova ed entra a far parte del mondo degli adulti.

È duplice il significato dello sguardo, l'essere attratti dallo sguardo di Medusa ci ricorda l'impossibilità umana di una completa padronanza di noi stessi. Siamo prima di tutto natura e ciò che sperimentiamo rientra all'interno dei suoi parametri, non diversamente da Perseo, siamo costretti a fare i conti con questa natura, se ci annientiamo in essa, siamo perduti, se sappiamo collocarci in maniera adeguata e gestire in modo non distruttivo il fatto, ineliminabile, di dover far derivare la padronanza di noi stessi da istanze che non trovano in noi la loro origine, quanto piuttosto nella natura umana, siamo capaci di procedere.

L'uomo è un animale come gli altri la sua struttura biologica è la stessa degli altri esseri viventi, lui pure è sottomesso a tutte le leggi dell’Universo, come quelle della gravitazione, della chimica, della simmetria, e così via. Perché allora supporre aprioristicamente che sia necessariamente una mania, un'illusione o un miraggio, la pretesa di ritrovare altrove le proprietà della sua natura, o, inversamente, di ritrovare in lui le leggi che si constano reggere le altre specie? Tutto invece fa ritenere più probabile la continuità. Mi pare comunque sia una forma di antropocentrismo, (porre l'uomo al centro dell'universo) se non di antropomorfismo, (considerare essere inanimati o soprannaturali dotati di qualità umane) quella che porta ad escludere l'uomo dall'universo e a sottrarlo alla legislazione comune. Antropocentrismo negativo, ma non meno pericoloso dell'altro che lo situa al centro del mondo e rapporta tutto a lui solo. Due effetti del medesimo orgoglio.
(R. Callois, L'occhio di Medusa)

La domanda da porsi allora risulta essere questa: esplorando la natura dell'uomo nei suoi aspetti profondi, utilizzando come guida il mito, possiamo trovare il modo per riappropriarci di una forza nuova? Rigenerata dalla linfa vitale della natura?

Questo è ciò a cui il tema di Medusa relativo allo Sguardo prova a rispondere.
Possiamo dunque tentare un collegamento tra gli ocelli, occhio semplice presente negli invertebrati, oppure anello circolare del piumaggio di alcuni animali, il mito di Medusa e la nostra psiche?

Sia che si parli di occhi o di ocelli, l'aspetto più importante pare essere la forma circolare, strumento tipico di fascinazione. Sono chiamati primate quando sono visibili, secondari quando vengono scoperti dall'insetto quando vuole creare paura.

L'efficacia degli ocelli è stata dimostrata da parecchi naturalisti, gli ocelli presenti negli invertebrati derivano dal voler imitare l'efficacia dello sguardo dei vertebrati, circolari come un occhio spaventevole. Possiamo pensare anche al fatto che ogni cerchio immobile ha un potere ipnotico, contemplare a lungo qualcosa confonde, paralizza, addormenta, poi se attorno al cerchio scuro abbiamo anche qualcosa di brillante siamo ancora più ingannati, questo effetto puramente ottico mette in moto la nostra immaginazione.

Ovviamente l'ocello non è l'occhio bensì il suo ricordo e quello che evoca. I gufi e le civette ci riportano agli ocelli perché gli occhi non sono ai lati della testa ma dentro un cerchio piatto dal quale guardano nella medesima direzione.

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Gli occhi rimangono sempre al centro e le pupille sono dilatate e fisse, per vedere di lato, l’animale deve girare la testa. Così questi occhi accentuati all’estremo, cessano di essere occhi, cioè organi della visione verso l’esterno, per divenire come degli occhi soprannaturali, chi li guarda è bloccato da un immaginazione che sopraffà la realtà esterna, è catturato da questa visione ed entra in un altro mondo. Non a caso questi animali sono associati al malagurio ed al malocchio. Allora i talismani o le contromagie servono a frapporre tra se e il possibile avversario, forme di ocelli che ipnotizzano.

Medusa ripropone questa tematica, abita all'estremità dell’Occidente, al di là del fiume Oceano, che limita il mondo, vicino al Regno dei Morti ed al Giardino delle Esperidi (luogo leggendario della mitologia greca dove c'era un albero di pomi d’oro), dove regna un eterna primavera.

Le Gorgoni sono tre sorelle, Medusa è l'unica mortale, le loro braccia sono di ferro, possiedono delle ali potenti, il loro volto è circolare. Gli occhi sono dilatati ed hanno uno sguardo che folgora, dei veri e propri ocelli che paralizzano e tramutano in pietra chiunque si avvicina. Conosciamo poi il resto del racconto.

Il racconto si presta a molteplici valutazioni, in questo contesto dello sguardo c'è ne una che mi appare come più adeguata. Un racconto di iniziazione, dove la nostra parte che ha bisogno di crescere, rappresentata da Perseo, si reca in un mondo altro, diverso da quello a lui visibile, viene qui messo alla prova, al fine di diventare adulto e conquistare la maschera (Medusa) che lo porta a pieno titolo nel mondo degli adulti.

Può prendere su di se la capacità di gestire la sua e l'altrui distruttività perché capace di gestirla in maniera adeguata. La testa di Medusa non è che una maschera che testimonia il diritto acquisito di far parte del mondo adulto dove si fa ricorso ai poteri di costruzione e di distruzione a seconda delle situazioni.

Atena ottiene da Perseo la testa di Medusa che pone sull’egida, il simbolo del comando in pelle di capra che in origine era un'ampia spoglia animale, ricopriva tutto il busto arrivando sino alle reni, posata sul volto veniva rimpiazzata dalla maschera di Medusa con gli occhi immensi, la lingua penzoloni, la capigliatura di serpenti.

Così si ritrova nella pittura di un vaso di Amasis (ceramografo vissuto tra il 560 e il 514 a.c.) da cui si vede che l'egida era stata un costume completo qui ritroviamo il collegamento tra le fattezze umane e il collegamento alla natura animale.

Possiamo dunque valutare come l'uomo abbia ...

paura dell'occhio il cui sguardo provoca stupore paralizzante, costringe a fissare un punto fisso, priva immediatamente di coscienza, volontà, capacità di movimento. [...] Per obbedire a questo richiamo che eccede la sua comprensione e al quale gli stessi insetti si mostrano sottomessi, concepisce l'idea di dipingere degli occhi, dei cerchi, delle maschere, strumenti ad un tempo di difesa e offesa.
(R. Callois, L'Uomo e la Maschera)
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L'uomo dunque suppone dei miti, dei fantasmi, tutto ciò che gli permette di essere libero dentro la sua natura costruendo dei limiti, la sua coscienza si paralizza davanti ad una natura non solo rigida e geometrica.

Tutto questo permette ad una straordinaria forza creatrice di emergere, arrivare ai confini del proprio mondo e tornare vittoriosi avendo reinterpretato la morte come passaggio verso il nuovo.

L'allenamento allo sguardo consente di riunire l'esperienza del mondo visibile con quello invisibile, la luce compare sul cammino umano quando l'oscurità è rischiarata dalla nostra presenza.


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    La Dr.ssa Anna Pancallo, psicologa-psicoterapeuta è iscritta all’Albo Regionale Veneto, è specializzata in Psicoterapia della Gestalt, titolo conseguito presso la Fondazione Italiana Gestalt di Roma.

 Svolge l’attività dal 1993 e opera negli studi di Treviso e Mantova.

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La Dr.ssa Anna Pancallo,  psicologa psicoterapeuta iscritta all'Albo Regionale Veneto, è specializzata in Psicoterapia della Gestalt, titolo conseguito presso la Fondazione Italiana Gestalt di Roma. Svolge l'attività dal 1993 e opera negli studi di Treviso e Mantova.
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