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IL MITO E LA SUA FORZA RIGENERATRICE

4/11/2018

1 Commento

 
C’è un aspetto molto poco esplorato che è quello del significato del termine Medusa, proveniente dal verbo greco “medo”, il participio passato, e sorprendentemente vuol dire: misurare, regolare, contenere nella giusta misura, prendersi cura di, pensare, preoccuparsi.
mito, Medusa, Studio Pancallo, psicologia
Medusa è correttamente colui che medita
(M. Bompard-Porte, D. Bennequin, C. Michel, ”Or Meduse Medite“)

In questa veste vediamo come il Mito può esprimere al meglio la sua forza rigeneratrice: incontrare Medusa è il modo per Perseo di accettare il confronto con qualcosa di sconosciuto, l’aspetto distruttivo del femminile e dunque del sentimento, contenerlo così da sviluppare un rapporto con l’affettività più maturo. Imparando a fronteggiare questo passaggio, fondamentale per la sua evoluzione, egli può creare la propria identità.

Il sentimento di unione è poi inevitabilmente connesso al senso dell’abbandono che si configura come un rovesciamento di questo, il contrario di tale vissuto.

È interessante notare come il nome Perseo nei vari significati, porta quello di “colui che smantella”, e Medusa come abbiamo detto ”colei che medita”, si ricompone così il concetto a livello interiore: il bisogno di agire deve essere commisurato a quello di riflettere.

Il Mito suggerisce la strada da seguire nei termini di un’evoluzione interiore: il distacco dalla famiglia, necessario per poter elaborare il valore di ciò che si è ricevuto, e poi, ritagliare tale trasmissione, secondo i bisogni del proprio sentire.
Il miglior modo per essere pronto alla realtà è usare la fantasia
(A. Marcologo, La Misura Eroica)

Rifarsi al Mito nutre l’interiorità dandole modo di evolvere verso immagini capaci di chiarire i vari passaggi da perseguire.
Siamo tutti immersi nella visione mitologica per merito di idee circolanti, trasmesse dalla notte dei tempi e di cui abbiamo bisogno per portare spessore alle nostre esistenze:
Tutte le culture, per distanti che possano essere tra di loro, hanno bisogno della mitologia. Una cultura senza mito non esiste, è svuotata, è morta, ed in realtà riversa il suo istinto mitologico su qualcos’altro, elevando a sacro il profano, com’è oggi la venerazione isterica dell’economia.
(F. Divino, Mithos)
Quindi i miti sono connessi alla verità delle nostre esistenze, raccontano storie, danno una forma precisa alle azioni da compiere in una forma riconoscibile e di stimolo per la Psiche, portano l’uomo in contatto con la sua essenza.

Il termine Mito in generale, fa riferimento ad avvenimenti favolosi e al Mito, in questo senso, si contrappone il Logos, che riporta la verità, tramite una chiarezza del pensiero e del discorso.

Ad un’analisi linguistica più approfondita, la parola Mito esprime il significato di “verità esperita” più che “verità ragionata”, ecco che allora attraverso le storie si porta in primo piano il ruolo dell’immaginazione attiva e il suo contributo alla vita individuale di ognuno.

Si potrebbe obiettare che un racconto mitico come quello di Perseo e Medusa non essendo vero, andrebbe in realtà tralasciato, di certo noi lo utilizziamo come fattore terapeutico e di sicuro ha una grande pregnanza grazie al fatto che il suo riflesso, e quindi l’effetto, ha attraversato i secoli come testimone di qualcosa che riguarda l’uomo nella sua sostanza.

Ciò che conta non è che sia vero, ma che i suoi effetti abbiano messo in moto milioni di menti al fine di creare una realtà tangibile sulla falsariga degli stimoli proposti. Possiamo infatti affermare che: continuiamo a nutrirci di eroi e mostri, ed è grazie alle loro gesta che siamo in grado di ritrovare quella genuina linfa di vita che sostiene il nostro cammino.
[...] il mito, quali che siano la sua origine e il suo contenuto, è ciò che crea e risveglia ogni fare creativo! Questa forza, che l’esperienza mostra essergli interna e che è vitale anche dopo millenni, in condizioni esistenziali e culturali completamente mutate, dovrebbero davvero indurci alla riflessione.
(W. F. Otto, Il Volto degli Dei)

In questa chiave, l’aspetto fondamentale sta nella capacità del Mito di modificare la forma dei comportamenti umani. Le cose profonde della vita così come concepite nei Miti, si connettono alle strutture della psiche dando una regolamentazione a quel fiume impetuoso di immagini caratteristico dei vissuti emotivi individuali.

Il Mito è la forma attraverso la quale, alcune immagini scaturite dalla mente individuale, trovano la loro naturale collocazione che difficilmente troverebbero in altro ambito.
Una caratteristica prevalente dei Miti, è quella di litigare e questa modalità risulta importante per scambiasi alcuni aspetti dell’esperienza collettiva.
Litigare significa anche essere coinvolti, afflitti, persino infettati dall’altro.
(J. Hillman, Figure del Mito)
Anche la vicenda del dio Ade che presta il suo Elmo a Perseo, presenta elementi di conflittualità, e il suo nome risulta ben collegato ad una visione precisa che evoca metafore importanti per la trasformazione psichica.

Ade proviene da Ades, ma la forma più antica era Aides o Aidoneus, e ancora prima Ais, storicamente nelle fonti pervenute, si soleva associare questo nome a casa o palazzo, per indicare il mondo degli inferi come ciò che è invisibile all’umano.
In origine però, era il volto oscuro di Zeus, uno dei padroni dell’Universo, che in alcuni momenti si rivelava capace di sentimenti distruttivi.

Zeus imperava nel Cielo, Poseidone nel mare, Ade negli Inferi.
Ade viene separato da Zeus quando emerse una nuova narrazione che descriveva il rapimento della nipote Persefone ad opera di Ade. Egli per poterla portare con se aprì una voragine nella terra e la rinchiuse dentro: era nato così il regno dei morti.

Ade strappa Persefone a Demetra, la madre, e questa non si da pace:
Ade, innamorato di Persefone, la rapì con il consenso di Zeus; mentre stava raccogliendo dei fiori in compagnia delle ninfe le apparve un Narciso, il fiore da cui anche gli Dèi sono attratti, e quando lei lo colse, Ade la rapì.
Sua madre Demetra, disperata per la scomparsa della figlia, la cercò per nove giorni arrivando fino alle regioni più remote: il decimo giorno, con l'aiuto di Ecate e Helios, seppe che il rapitore era il Dio degli Inferi.
Adirata, Demetra abbandonò l'Olimpo e scatenò una tremenda carestia in tutta la Terra, affinché questa non offrisse più i suoi frutti ai mortali e agli Dèi. Zeus tentò allora di riconciliare Ade e Demetra, per evitare la fine del genere umano: inviò il messaggero Ermes al fratello, ordinandogli di restituire Persefone, a patto che ella non si fosse cibata del cibo dei Morti. Ade non si oppose all'ordine ma, poiché Persefone era effettivamente digiuna dal ratto, la invitò a mangiare prima di tornare dalla madre: le offrì così un melograno, frutto proveniente dagli Inferi, in dono.(Simbolo di morte-vita). In procinto di mettersi sulla via di Eleusi, uno dei giardinieri di Ade, Ascalafo, la vide mangiare pochi grani del melograno: in questo modo si compì dunque il tranello ordito da Ade, affinché Persefone restasse con lui negli Inferi. Allo scatenarsi nuovamente dell'ira di Demetra, Zeus propose un nuovo accordo, per cui, dato che Persefone non aveva mangiato un frutto intero sarebbe rimasta nell'oltretomba solamente per un numero di mesi equivalente al numero di semi da lei mangiati, potendo così trascorrere con la madre il resto dell'anno; avrebbe trascorso così sei mesi con il marito negli Inferi e sei mesi con la madre sulla Terra.
La proposta fu accettata da entrambi, e da quel momento si associano la primavera e l'estate ai mesi che Persefone trascorre in terra dando gioia alla madre, e l'autunno e l'inverno ai mesi che passava negli Inferi, durante i quali la madre si struggeva per la mancanza della figlia.
(M. Papachristos, Miti e Leggende dell’Antica Grecia)
Ade e Persefone saranno i regnanti di questo nuovo mondo dominato dall’oscurità, ma le vicende di Ade e Persefone portano in primo piano le difficoltà connesse alla separazione della simbiosi madre-figlio.

Questo momento viene descritto proprio perché è uno dei passaggi fondamentali della vita, inoltre ci ricordano altre esigenze per il nostro tempo interiore, cioè di saper attraversare sentimenti luttuosi che hanno le medesime ragioni e il medesimo fondamento dei momenti di luce.

Il Mito ha dunque sempre il bisogno di portare in primo piano il lato oscuro delle storie perché è proprio da tale aspetto che trae la sua forza rigenerativa.

Ade, in origine parte oscura di Zeus, non esita a seguire il suo bisogno rapendo Persefone, ed è proprio lui più di chiunque altro, in grado di donare a Perseo un Elmo che lo renda invisibile a Medusa facendolo rimanere visibile, quindi presente al proprio bisogno di distacco dalla madre, distacco necessario al fine di creare una sua propria identità.
 
Quale curiosa metafora sta dietro lo scambio di Perseo e Medusa?

Medusa abita ai confini del mondo, accampata tra il regno dei vivi e dei morti, non può vedere Perseo grazie all’Elmo, altrimenti lui sarebbe morto, ma lui può vederla e grazie a questa protezione, può apprendere qualcosa di diverso, in modo da ridurre dentro di se quella linea di frattura che separa i vivi dai morti, così come separa i viventi dai sentimenti di morte difficili da vivere dentro se stessi.

Tornare verso Medusa e non procedere è come fermare il processo di crescita, la Gorgone richiama al passato, ad una sorta di madre primitiva, capace di sbarrare l’accesso e costringere a frenare la crescita.

Superare questo scoglio vuol dire divenire come Atena, la dea dagli occhi glauchi, in italiano diremmo verdi-azzurri, ma glauco vuol dire anche glaucoma, quindi una dea capace di non vedere comunemente ma avere accesso ad una vista superiore che intercetta l’interiorità.

Atena prende su di se l’emblema della testa di Medusa donategli da Peseo, per sancire l’acquisita capacità di vedere tanto di giorno quanto di notte, tutto ciò accade dopo che Perseo ha conquistato la testa di Medusa senza lasciarsi spaventare dal suo sguardo, come dal sibilo dei serpenti, in fondo, così simili alle smorfie o proteste dei neonati, che strepitano per poter richiamare l’attenzione nel solo modo possibile per loro.

Perseo esprime l’universale bisogno di avanzare, di andare avanti, di smantellare la pesantezza della simbiosi, è colui che grazie all’astuzia ed intelligenza affronta l’aspetto terrificante dei sentimenti scaturiti dalla fusione, ed evolve.

Non a caso nel 1608 la testa mozzata di Medusa raffigurata su uno scudo, venne regalata a Cosimo dei Medici per il suo matrimonio:
[...] aveva certamente la funzione di allontanare tutti i nemici del principe ma anche e soprattutto quella di evitare che l’ombra di un fantasma aleggiasse sul matrimonio.
(J. Clair, Medusa)

Anche Rubens, nel suo intenso ritratto di Medusa, pone l’accento sulla straordinaria fecondità del Mito attraverso la rappresentazione dei capelli di Medusa, in questo celebre ritratto del 1618, li utilizza liberamente, portandoli in primo piano, li dota di un potere rigeneratore, li descrive come dotati di un senso di fecondità già presente nella sua figura.
Il suolo è irrigato dal sangue inesauribile e incorruttibile della Gorgone come da una pioggia benefica.
(J. Clair, Medusa)
La forza del Mito sta sopratutto nel descrivere il momento in cui l’essere umano padrone della propria vita, scopre quello che potrebbe essere, e la descrizione multipla di tale aspetto, è ciò di cui il racconto mitologico si fa portavoce e che nei Miti Greci, trova la sua più grande compiutezza:
Il modo in cui qui all’uomo viene mostrata la possibilità del contrario, la possibilità di non essere ciò che egli è [...]
(F. Shelling, Filosofia della Mitologia)
Come nei sogni ci viene rivelata la possibilità di riconoscere tutti gli aspetti del nostro vissuto, così nel Mito si cerca una compiutezza ed una strada da percorrere per l’insieme dei nostri bisogni:
Diventar coscienti è certamente la più grande esperienza primordiale, perché è per mezzo di essa che è sorto il mondo, della cui esistenza prima nessuno sapeva.
(C. G. Jung, K. Kereny, Pregolomeni allo Studio Scientifico della Mitologia)
Da tutto questo emerge la grande possibilità di comprendere il nostro inconscio e grazie ai simboli del Mito, di venire spinti sempre in avanti, in quell’eterno divenire che dona alle nostre vite l’energia di una costante possibile salvezza dalla stasi connessa al disagio.

Letture correlate:
La chiamata interiore
Il Mito di Medusa
1 Commento
Alberta Arvati
11/8/2019 07:36:36

Tutti i miti insegnano, era questa la loro funzione. Tra tanti ricordo Bauce e Filemone trasformati da Giove in due alberi uniti, uniti in vita e per l'eternità grazie al loro amore e alla loro fedeltà, valore troppo spesso dimenticato.
La vita di Bauce e Filemone è un insegnamento ed è anche un esempio su cui riflettere per comprendere il proprio vissuto, capire i perché di un percorso che a un certo punto ha perso dei punti di riferimenti, ma ne ha trovati altri per evolvere e, nello stesso tempo, per rimanere fedeli a valori su cui si è fondata una vita.

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    La Dr.ssa Anna Pancallo, psicologa-psicoterapeuta è iscritta all’Albo Regionale Veneto, è specializzata in Psicoterapia della Gestalt, titolo conseguito presso la Fondazione Italiana Gestalt di Roma.

 Svolge l’attività dal 1993 e opera negli studi di Treviso e Mantova.

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La Dr.ssa Anna Pancallo,  psicologa psicoterapeuta iscritta all'Albo Regionale Veneto, è specializzata in Psicoterapia della Gestalt, titolo conseguito presso la Fondazione Italiana Gestalt di Roma. Svolge l'attività dal 1993 e opera negli studi di Treviso e Mantova.
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