Il piacere è simile al naufragio. Tu sei l’isola corallina ed io l’anfora inclinata sul fondale. In chimica, la polarità è una proprietà delle molecole per cui una molecola (detta polare) presenta una carica parziale positiva su una parte della molecola e una carica parziale negativa sulla parte opposta di essa. Le molecole che non presentano il fenomeno della polarità sono dette apolari o non polari. (Wikipedia) La polarità in filosofia è l'espressione del rapporto di reciproca dipendenza di due elementi contrapposti. A differenza del semplice dualismo, la polarità implica una condizione di complementarità tra gli opposti, tale per cui ciascuno dei due poli, pur essendo limitato e avversato dal polo contrario, trova in quest’ultimo anche la sua ragion d'essere e il suo fondamento costitutivo, perché l'uno non potrebbe esistere senza l'altro e viceversa. (Wikipedia) In psicologia riguardo al funzionamento interiore, riveste un significato su due piani: quello di condizione costitutiva della psiche e del movimento di incontro/contrasto, dove una parte è sempre in rapporto all’altra. La frase di R. Assaggioli “il più importante segreto della vita” esalta il concetto di polarità che si rivela essere la forma stessa della vita, almeno come essa si manifesta a livello umano. Esso sottostà infatti a tutta la manifestazione, per cui ogni cosa che esiste, ogni evento, ogni fenomeno ha il suo opposto, tutto è duplice, tutto è bipolare, come se l’Uno si fosse scisso in due e il nostro compito fosse quello di mettere in relazione il due per ritrovare l’Uno. Il concetto stesso di energia presuppone il principio di polarità in quanto non c’è energia se non c’è differenza di potenziale per cui, una visione dinamica della vita psichica, presuppone di per sé differenze di potenziali date da molteplici coppie di opposti che si esprimono ai vari livelli - fisico, emotivo e mentale - all’interno della personalità, e a livello interpersonale, quando consideriamo la sua dimensione relazionale. Il processo di crescita e di evoluzione della nostra personalità dipende dalla dinamica tensione di molteplici polarità, dove è necessario trovare livelli di sintesi via via più differenziati: corpo-psiche, conscio-inconscio, attività-passività, introversione-estroversione, inferiorità-superiorità, emotività-razionalità, sensualità-spiritualità, aggressività-amore, maschile-femminile, Io-Tu (anche all’ interno del rapporto terapeutico) e via dicendo. Sicuramente questo concetto apre la strada ad una visione della realtà del funzionamento umano più complessa e sfaccettata rispetto al pensiero logico. Tale prospettiva pur trovando legittimità a vari livelli, stenta ad essere applicata in modo funzionale: Il sé moderno vive tuttora in un vasto e, in senso fondamentale, alieno universo, che è la conseguenza causale di processi evolutivi esclusivamente materiali: un universo privo di qualsiasi significato o scopo, indifferente alle aspirazioni spirituali e morali dell’umanità e inesorabilmente silenzioso. Il concetto di polarità costitutiva potrebbe in sintesi essere rigettato per tre ordini di motivi:
L’impianto polare della psiche ci apre ai misteri della coscienza che è importante decifrare. Esiste inoltre un ulteriore problematica circa la difficoltà ad accettare il concetto di polarità nato dall’idea che l’anima non faccia parte del mondo fisico ordinario. Molto spesso nel lavoro dello psicologo vengono poste alcune domande: "posso avere un consiglio pratico?" Oppure, "in pratica cosa dovrei fare?" Queste domande sembrano tralasciare un aspetto importante: tutto è pratica, anche il silenzio! Si tratta di riconoscere che quando si sviluppa un'azione, questa è costituita sempre da due livelli: ciò che si sta facendo sul momento da una parte, ed i processi che vengono messi in moto dall’evento in sé dall’altra, di natura neurobiologica. Ciò che spinge ad interrogarsi sulla natura pratica o meno delle comunicazioni sta nella tendenza a voler quantificare dei meccanismi che si manifestano solo in rapporto all’azione. Bisogna dunque sperimentare nuove modalità al fine di cogliere in che maniera si può indirizzare diversamente ciò che si vive. Quando agisco, contemporaneamente porto questo qualcosa anche ad un’altro livello di cui posso essere cosciente solo in parte. Fare appello a Dio e all’anima da una parte e alla materialità dall’altra come livelli separati, può risultare essere meno reale di quanto si è abituati a pensare. Proviamo a ragionare un pò su questo tema. La coscienza è prodotta nel cervello, e presumibilmente da certi tipi di scariche neuronali che sono correlate a specifiche architetture di neuroni. Sappiamo, quindi, che la coscienza è causata dai processi neuronali che avvengono nel cervello, e che essa esiste nel cervello. Quando alzo un braccio per fare intenzionalmente qualcosa non ho bisogno di prendere contatto con gli assetti neurobiologici che stanno dietro al movimento dell’alzare il braccio, c’è un’unico processo distribuito su due piani diversi: uno di cui sono cosciente e l’altro che opera dietro le quinte. Questo processo rispecchia in pieno il modo in cui funziona la percezione umana nella psiche. Il termine Figura-Sfondo è stato coniato in Psicoterapia della Gestalt attorno agli anni venti. Questo approccio terapeutico pone attenzione al fatto che gli esseri umani percepiscono in una maniera precisa, in termini di figura/sfondo, dove la figura è ciò che cattura la nostra attenzione, e che portiamo in primo piano nel nostro percepire, lo sfondo ciò che rimane secondario ma comunque già presente anche quando non lo percepiamo. Alcuni esempi calzanti sono dati in primis dai fattori visivi delle opere d’arte. Le forme simmetriche più pregnanti e semplici, vengono percepite come figure, quelle asimmetriche e irregolari come sfondo. Nell’immagine successiva se vi concentrate maggiormente sul colore nero vedrete due volti, se guardate il colore bianco sarete catturati dall’immagine di un calice. In questa celebre immagine costruita nel 1921 dallo psicologo danese Rubin, possiamo notare tanto due volti di-fronte, quanto un calice veneziano su uno sfondo nero, tale percezione visiva opera in maniera distinta nel cervello e non in contemporanea, cosicché in tempi diversi è possibile cogliere entrambe le figure. Trasferendo questo concetto nell’interiorità possiamo dire che: [...] in figura vengono dunque unificati, in primo piano, gli aspetti del reale di cui siamo consapevoli in un determinato momento; sullo sfondo vengono relegati tutti quegli stimoli che decidiamo non meritino attualmente la nostra attenzione. Questo ci dice che il nostro cervello compie delle scelte nel vedere una cosa o l’altra della realtà ed è quello che vediamo sul momento che decidiamo essere la realtà per noi. Altro aspetto riguarda il fatto che la figura e lo sfondo sono dialoganti, questo possiamo percepirlo maggiormente nel quadro di Renè Magritte, "La Firma in Bianco" 1965, dove questo processo di continuità della forma appare pressoché evidente. Magritte ha inteso descrivere proprio questo dialogo tra visibile ed invisibile nella sua pittura. Questa relazione tra figura e sfondo è presente tanto nella figura di Rubin che in quella di Magritte solo che avviene in modalità differenti. Cosa possiamo concludere circa l’esperienza umana? Che esistono processi concomitanti ma che vengono percepiti in momenti diversi e che tutti questi processi fanno parte del reale. Trasferendo tali considerazioni sul vissuto individuale ci si accorge di come ognuno di noi fissa alcuni aspetti dell’esperienza e li pone in figura, e relega sullo sfondo altri aspetti della medesima, ma entrambi sono presenti nella vita dell’individuo sia se vissuti in momenti diversi sia se dialoganti in quel determinato momento. Ciò che poniamo in primo piano, la figura, sta sempre in un rapporto di interdipendenza con lo sfondo, ed entrambi sono collegati reciprocamente poiché togliendone uno l’altro scompare. Se guardiamo l’immagine di Rubin in un modo abbiamo il focus su una cosa, se cambiamo il focus, cambia anche l’immagine e le sensazioni che ne scaturiscono. In ogni caso anche se si percepiscono in momenti differenti, i due aspetti sono presenti entrambi nella costituzione della figura. Guardiamo ad esempio quest’altra immagine: Qui è presente un immagine e sullo sfondo il movimento: Ci sono evidenze sperimentali neurofisiologiche che dimostrano che lo spostamento di un’immagine sulla retina eccita neuroni specializzati nell’area MT (Middle Temporal o V5) detti 'rilevatori di movimento'. Ma lo spostamento di immagini sulla retina non è necessario e nemmeno sufficiente per produrre una percezione di movimento. Il sistema che produce la percezione di movimento considera l’output (rendimento) dei rilevatori di movimento ma anche il movimento degli occhi. È il nostro sguardo a caratterizzare dunque il movimento. La percezione del movimento è quindi un meccanismo elastico, una sorta di adattamento creativo che è una proprietà della psiche e dimostra la sua essenza polare in rapporto all’organizzazione percettiva che possiede di se stessa come dell’esterno. La polarità crea dunque percezioni differenti della medesima realtà e addirittura illusioni realistiche come il senso di movimento in un’immagine statica. Vi fu tra noi la distanza Le parole di questa poetessa ci portano a percepire il senso di difficoltà che spesso accompagna il riconoscimento della propria polarità. La terapia offre una opportunità di dialogo tra le polarità così da farle riconoscere al soggetto come parti di un "continuum" della propria esperienza personale, ci dice che tutto ciò che percepiamo sta sempre in rapporto con qualcos’altro frutto delle nostre esperienze personali. In ogni individuo esiste una tonalità espressiva riguardo se stesso e il mondo, e ognuna di queste vibrazioni contiene in se una polarità, [...] la differenza fra gli esseri umani non è fra chi ha un’emozione e chi ne ha un’altra, ma sulla forma con cui le manifestiamo, sul loro stile. Attraversiamo il mondo grazie alla forza vitale della nostra anima, la quale sta in relazione con la qualità delle nostre esperienze. Ciò che sentiamo fa avvertire ad ognuno il valore della propria esistenza. Per collocarci in un presente, non basta vedere, pensare o agire: Ci troviamo immersi nel sentire e solo se ci fermiamo a pensare quello che ci accade possiamo vedere come siano proprio gli atti affettivi che orchestrano il ritmo del nostro esserci. E questi atti affettivi si muovono su una percezione che di per se risulta ambigua perché polare. Nell’arte chi ha maggiormente esaltato questa ambiguità è stato Salvador Dalí: l’artista catalano (1904-1989) era uno dei principali esponenti del Surrealismo, una corrente artistica attiva dal 1924, e che ebbe grande fortuna in tutto il XX secolo. Questo movimento valorizzava la parte meno visibile della coscienza, dove hanno luogo le tante anomalie percettive, la medesima dove alla luce di quanto espresso, è meno facile riscontrare l’aspetto della polarità, e che secondo Dalí potremmo cercare di comprendere mediante il sogno e l’immaginazione. Il cortometraggio Destino, descrive alla maniera surrealista, come per rimanere fedeli a ciò che si prova, risulti necessario attraversare numerose peripezie poiché ogni cosa è in contatto con il mutamento. Il progetto era in origine del 1946, ma è stato completato solo nel 2003 grazie ad un nipote di Walt Disney ed alle annotazioni presenti nei diari di Gala, la moglie di Dalí. [...] la vera conquista del film sono immagini doppie e metamorfosi. Rientrano nelle opere più squisitamente surrealiste di Dalì i paesaggi in cui ogni cosa è qualcos’altro, elementi diversi formano un’unica immagine più ampia, ed elementi del paesaggio assumono sembianze antropomorfe. Tutto questo poteva essere solo suggerito nell’immagine dipinta, ma con l’apporto dell’animazione il meccanismo delle immagini doppie si rende ancora più esplicito e avvincente. Quello che nel dipinto tradizionale ci viene mostrato sincronicamente, mediante l’accostamento delle diverse immagini, nella diacronicità introdotta dal film permette che i vari elementi che compongono l’immagine ci vengano mostrati prima singolarmente e poi, senza che il pubblico se lo aspetti, concorrano a formare l’immagine complessiva, che solo alla fine si rivela nel suo insieme. Ancora meglio funziona il meccanismo della metamorfosi, che solo l’animazione può realizzare davvero in maniera compiuta. Basti confrontare un dipinto come Metamorfosi di Narciso, del 1937, con una delle innumerevoli trasformazioni che avvengono in Destino, come le formiche che si trasformano in ciclisti. Quello che nel dipinto è soltanto suggerito, mediante la giustapposizione del personaggio e della sua trasfigurazione in elementi naturali, nel film trova una concreta applicazione, e le cose si trasformano realmente l’una nell’altra, come nemmeno nel cinema si sarebbe potuto fare. In conclusione possiamo affermare che il nostro excursus si rivolge al funzionamento umano in sé ed al modo in cui si ripercuote sulle nostre vite, per affrontare tale aspetto è necessario prendere confidenza con la nostra polarità, saperla riconoscere ed utilizzare attraverso un processo di meccanismo creativo. Sei migliore del Nulla.
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