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Il pericolo dell'anestesia emotiva

10/12/2018

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A piedi e spensierato prendo la strada aperta,
In salute, libero, il mondo davanti a me,
Il lungo sentiero marrone davanti a me, che mi conduce dovunque io scelga. [...]
(Walt Withman, Canto della strada aperta)

Il Corso Medusa, è l’occasione per la Psiche di porsi domande profonde sul senso della propria vita, l’opportunità di costruire una risposta originale, un ulteriore tassello ai fini di un’evoluzione.
anaestesia emotiva, studio pancallo
Max Ernst, La nature à l'aurore, 1938 (particolare)
Perché sia realmente una nuova possibilità, questo Corso si propone di sottolineare alcune delle questioni più rilevanti sul cambiamento, lo fa ogni anno sperimentando angolazioni differenti in modo che ogni interiorità possa trovare quelle coordinate utili per poter nuotare nel mare della conoscenza.

Il Mito di "Perseo e Medusa" costituisce una valida traccia per approfondire e rendere attuabile un percorso di trasformazione.

La consapevolezza per risultare utile deve essere sorretta da una Psiche che percepisca attraverso uno spettro più ampio, tale possibilità deve essere stimolata e condotta da esperienze capaci di convogliare diversamente le emozioni presenti nella persona.

Philip Zimbardo, uno psicologo statunitense, pone una questione rilevante per il nostro tema quando afferma che: laddove il bene viene "essenzializzato" (P. Zimbardo, "L’Effetto Lucifero. Cattivi si diventa?") diviene una categoria fissa non più in relazione con gli altri. A questo punto s’interrompe l’empatia e risulta molto più facile scivolare in comportamenti non adeguati.

Inoltre:
La techne ha reso la nostra vita infinitamente più facile, spiamo i segnali di disagio o tristezza che talvolta affiorano in noi con raccapriccio perché ci vergogneremmo di offrire un immagine diversa da quella della gioiosa spensieratezza che sembra diventata d’obbligo. A forza di rispedire al mittente le nostre emozioni negative 'inappropriate' la nostra sensibilità si va sempre più appannando, le modalità visive che utilizziamo con una prevalenza via via più schiacciante e in perenne connessione con gli amici virtuali, ci impediscono di coltivare momenti di riflessione, di vuoto fertile, di pensiero, obliterando in tal modo qualunque istanza etica. [...]
(R. Mazzeo, Introduzione a "Le sorgenti del male" di Z. Bauman)

E ancora:
La presa di distanza dal dolore e la convinzione di essere migliori nella 'politically correct' del nuovo paradigma di tanta parte dell’occidente, ci inducono a dimenticare che ciascuno utilizza una propria modalità specifica per farsi del male, e sopratutto ciascuna generazione sceglie nuovi atteggiamenti e comportamenti che, seppure di per se stessi virtuosi come smettere di fumare, non sono affatto al sicuro da un tipo di male, di vizio, di pericolo differente.
(R. Mazzeo, Introduzione a "Le sorgenti del male" di Z. Bauman)

Per quale motivo dobbiamo dunque avere paura di questa massiccia desensibilizzazione normalizzata, di cui diveniamo coscienti sopratutto nel momento in cui entriamo in contatto con quel magma incandescente fatto di energia interiore, di un istinto che rifiuta la desensibilizzazione (l’anestesia rassicurante dei modi di fare), che si erge protagonista dei suoi bisogni facendo sentire la propria voce?

Le più importanti ricerche scientifiche sul problema della percezione, dell’apprendimento e della nostra capacità elaborativa dei dati dell’ambiente, ci dicono che nessuno di noi riceve passivamente i dati esterni. Alla nascita nessun essere umano rappresenta un "ambiente in purezza" ma presenta attività sue precise che si sono relazionate con il materiale ereditario in maniera organizzata. Questa la caratteristica individuale di ogni essere umano che, per essere rispettata, richiede una relazione più ampia con il modo di funzionare di ognuno e con le cose del mondo.

La conoscenza a cui possiamo realmente attingere è fatta dello stare dentro le cose per andare incontro ad una trasformazione del proprio essere.

[...] io nacqui ogni mattina.
Ogni mio risveglio
fu come un’improvvisa
nascita alla luce:
attoniti i miei occhi
miravano la luce
e il mondo [...]"
(G. D’Annunzio, Maia-Laus Vitae, ll)

Jung suggerisce come "l’uomo arcaico" rappresenti una struttura sommersa o latente della nostra Psiche che riemerge attraverso esperienze emozionali di vario tipo, ciò che risulta di fondamentale importanza sta nel fatto che tale struttura assume un diverso significato a seconda del quadro culturale in cui si inserisce. Un aspetto che consente un continuo processo di aggiornamento della nostra Psiche, una sorta di cooperazione tra il "vecchio e il nuovo" dentro di noi che si modifica a seconda di come viene stimolato.

Il viaggio nel Mito è una particolare esperienza di se stessi e del mondo, le componenti arcaiche indirizzate adeguatamente rispondono dando spazio ad una modifica dei nostri giudizi:
"Non sono i nostri giudizi a costituire il nostro essere, quanto piuttosto i nostri pregiudizi."
(Gadamer in M. Ceruti, "Il vincolo e la possibilità")
Sapere da dove partiamo è un elemento fondante per lottare ai fini di una integrazione,
significa innanzitutto pensare che il nostro tempo è il tempo di un naufragio dell’esperienza del soggetto inconscio, significa pensare che il nostro tempo è un tempo esposto al rischio di estinzione del soggetto dell’inconscio.
(M. Recalcati, "L’uomo senza inconscio")
Una mutazione è in corso, la stessa che porta l’eroe a muoversi in una valle assolata.

Per ridare vigore all’esperienza è necessario che l’eroe torni a combattere che possa celebrare, come diceva Freud (Sigmund Freud, "Interpretazione dei sogni"), il "carattere indistruttibile" del desiderio. Solo questo lo apre al recupero: la manifestazione di un desiderio verso qualcosa e la gestione di un tempo per pensare, potersi perdere per ritrovarsi ancora.

Per questo ogni prova psicologica è associabile alla creazione di uno spazio nuovo dove confrontarsi con le regole del limite, con la trasformazione del concetto di vita come godimento dell’immediato; una consuetudine che celebra una falsa liberazione delle pulsioni le quali si configurano sempre come delle forme repressive del Sé.

La confusione tra godimento e desiderio consuma i propri talenti e incrina fortemente il concetto di verità, un esperienza che dà spazio all’assaporare una necessità di riappropriazione, serve a creare una nuova alleanza con il proprio inconscio e ristabilire il fascino dell’enigma presente all’inizio di ogni impresa.

Donare maggior spessore alle strutture inconsce, mediante un allenamento interiore, ci permette una più matura dimensione affettiva e una minore tendenza a sfruttare le risorse analitiche.

[...] il mito non può essere falso, se permette di vivere e di espandersi, ma riflette una verità non di ordine logico o astrattamente speculativo, bensì una concreta verità esistenziale.
(G. Vialli, "Lo specchio infranto")
Il Mito offre una piattaforma, un modello al quale attenersi, tratteggia un campo di esplorazione e indica la direzione da prendere.
"Noi entriamo nella 'selva oscura' dal punto più buio, dove non ci sono sentieri. Dove c’è un sentiero o una strada, è il sentiero di qualcun altro; ogni essere umano è un fenomeno unico. L’idea è trovare il proprio percorso verso la felicità".
(J. Campbell, "Percorsi di felicità")


Letture correlate:
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    La Dr.ssa Anna Pancallo, psicologa-psicoterapeuta è iscritta all’Albo Regionale Veneto, è specializzata in Psicoterapia della Gestalt, titolo conseguito presso la Fondazione Italiana Gestalt di Roma.

 Svolge l’attività dal 1993 e opera negli studi di Treviso e Mantova.

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