"La Forma dell’Acqua", il pluripremiato film al Festival del Cinema di Venezia del 2017, successivamente agli Oscar e Golden Globe 2018, diretto da Guillermo Del Toro, è una storia, con molte sfaccettature, che rivendica la legittimità di una visione ampia delle relazioni e degli scambi d’anima. Attraverso i protagonisti ci s’interroga sul diritto di ognuno a sviluppare una corrispondenza con la propria parte più delicata e vulnerabile, affrontando contemporaneamente il timore di non riuscire a trovare un varco per poterla esprimere all’esterno. La metafora dell’uomo anfibio, metà umano e metà no, con poteri taumaturgici è antica nella storia degli uomini così come l’elemento acqua molto presente in questa storia. Infatti, riguardo a quest’ultima, basti pensare ai santuari, meta di pellegrinaggi, e fin dall’antichità costruiti in prossimità dell’acqua, proprio perché purificatrice. Per l’uomo-mostro possiamo rifarci alla tradizione medievale dei bestiari che associavano la figura degli animali ad una qualche funzione di ordine morale dove, la non presenza degli stessi nell’esperienza quotidiana, non veniva considerata motivo per mettere in dubbio la loro reale esistenza. Prima ancora i miti greci, come pure nella visione egiziana e babilonese, testimoniano la medesima tendenza: Gli antichi, specie gli egizi e i babilonesi, avevano popolato di mostri, di belve, di animali il loro pantheon e i loro cieli. Il 'mostro', non necessariamente, né completamente assimilabile alla belva, poteva essere il risultato di un'anomalia della natura, il segno di un fatto straordinario, la testimonianza d'una irruzione del divino nella sfera dell'uomo; non a caso, per questo, esso non era neppur sempre necessariamente alla portata dell'esperienza immediata. "Mostri, belve, animali. Alla Ricerca di un Codice Interpretativo" Guillermo Del Toro autore assieme a Daniel Kraus, dell’omonimo libro che ne ha ispirato il film, fin dall’inizio della loro storia, tendono a far risaltare l’aspetto di vicinanza tra uomo e mostro divino. Infatti, nel primo incontro tra Elisa e l’Uomo Anfibio, si evince questa attrazione quasi magica, che la donna ha verso la creatura misteriosa, rinchiusa dentro una specie di astronave, nel centro di ricerca aerospaziale dove lei lavora come donna delle pulizie. Lo sguardo quasi rapito di Elisa verso il contenuto di questo involucro quando lo vede per la prima volta, il tocco manuale e carezzevole che lei attua sulla cisterna dove è tenuta prigioniera la strana creatura, sono il primo ponte di collegamento tra loro. Elisa esprime il suo bisogno di tendere verso il mistero, quasi a sottolineare come l’essere 'muta' per il linguaggio degli altri, possa in realtà renderla altamente ricettiva ad un linguaggio di tipo diverso, più antico e sfaccettato: il linguaggio interiore. Così, nel momento in cui Elisa scopre che ogni tanto l’Uomo Anfibio viene lasciato legato dentro una grande piscina, ricoperta di acqua verdastra, prende forma il desiderio di un contatto più ravvicinato. L’uovo, in quanto archetipo universale di trasformazione (non a caso nelle culture antiche è spesso associato ad un serpente avvolto sopra), diviene l’elemento unificatore di tale contatto. L’uovo come sottolinea Jung, è il principio della materia, qualcosa a cui tornare per rinascere. I passaggi interiori dei protagonisti descritti nel libro de "La Forma dell’Acqua", guidano l’interlocutore con mano sicura verso un ascolto graduale, che a mano a mano suscita emozioni profonde e forti. Avanza fino a che il bordo della piscina non le tocca lo stinco. La superficie dell’acqua èimmobile, ma non totalmente. Basta guardare, guardare sul serio, per vedere l’acqua respirare. Elisa inspira, espira e appoggia il sacchetto sul bordo. Il rumore della carta che scrocchia è forte, sembra quello di un badile conficcato nel terreno. Osserva il pelo dell’acqua per scorgere una reazione. Niente. Allunga una mano dentro il sacchetto e sussulta per il rumore che produce. Trova quello che cercava e lo estrae. Un uovo sodo. Dopo questo primo momento di contatto più ravvicinato, Elisa appare più forte, meno spaventata nell’esprimersi, sempre più desiderosa dello scambio con l’Uomo Anfibio. Ha riconosciuto in lui, la medesima paura di poter venire rifiutati dall’altro, ma assieme, sul bordo di quella piscina con un uovo in mezzo, si è fatta strada la capacità di andare oltre, di potersi collegare al proprio bisogno attraverso il riconoscimento dell’essenza altrui. [...] devi trovare nel tuo desiderio una legge, devi pensare che il tuo desiderio sia una legge; e questa legge non opprime la vita ma la rende generativa. Questo sembra affermare rapita Elisa, al crescendo di un ritmo incalzante come il Bolero di Ravel, un incontro che diviene danza, il desiderio prende corpo dentro di lei, guida la sua forza, la rende sicura di tendere verso questo scambio così singolare. Quale straordinaria sicurezza si è fatta strada in Elisa? Lasciare spazio ai suoi sentimenti: senza giudizio, senza vergogna, solo questo può renderla veramente viva! Le scarpe ai suoi piedi, un particolare che l’ha sempre contraddistinta, sono ora ancora più femminili e colorate, ha finalmente trovato riscontro di ciò che prova e di ciò che è specchiandosi in un’altro, ed è una gioia che diviene visibile. Attraverso le sue scarpe ondeggia ma procede, impavida e fiera, verso la conoscenza del mondo. Ora è maggiormente consapevole di quella sottile soglia che distanzia ogni essere umano dalle ragioni del bene e del male, si è incamminata in quella direzione, ma è solo muovendosi dentro questa sottile linea di demarcazione con il suo sentire e le sue azioni, che può dare veramente voce a ciò che prova nel suo profondo. [...] la vasca è meglio della cisterna, ma cosa sarebbe meglio della vasca? Un’altra cosa a caso. Qualsiasi altra cosa al mondo. La Terra è piena di laghi e stagni, torrenti e fiumi, mari e oceani. In quelle notti, Elisa rimane a fissare la cisterna chiedendosi se davvero può ritenersi una persona migliore di quei soldati che hanno catturato la creatura o degli scienziati che la tengono soggiogata. E ancora: Elisa è preoccupata dalla veemenza di quelle emozioni. E se gli avesse solamente reso la vita più difficile? Prima di sbirciare attraverso l’oblò, deglutisce lacrime dense e maschera il labbro tremante dietro il sorriso più sereno che è in grado di fingere. Non si comprende del tutto questo ultimo passaggio se non si sottolinea il fatto che l’altro a cui noi diamo vita dentro di noi ci muta per sempre. Tutto dipende dallo sguardo e da cio che lo attrae: noi diventiamo cio che guardiamo, noi diventiamo ciò che ci ri-guarda. Elisa dunque non può più fermarsi, non può più tornare indietro, è divenuta un po’ lui, come lui è divenuto un po’ lei. Lui vuole che metta su un disco che non può sentire perché vuole fare felice lei, e sa che questo farà felice lui. L’acqua ha dato forma ad un comune sentire, riducendo progressivamente la distanza e tirando fuori il bisogno profondo di entrambi che attrae, galvanizza, dà un senso di grandezza alle loro vite, una forza nuova per entrambi, un’epifania d’anima. Sperimentare un’emozione di reciproca fiducia, aver ricostruito attraverso l’altro una parte importante di se stessi, questo è ciò che conta veramente. Ed essere in grado di affermarlo questo sentire, senza se e senza ma, sprigionare l’energia che il desiderio può contenere. Il desiderio, è ora quel senso di soddisfazione che scaturisce dall’aver raggiunto un impossibile a cui si riesce ad accedere, il miracolo di un bisogno divenuto realtà. Questa straordinaria forza propulsiva, ha aperto le finestre alla vita, e se ci soffermiamo su questo aspetto, diviene chiaro, come la vita si umanizza solo se incontra l’impossibile. Per questo motivo nessuno dei due può più fermarsi e così procedono, fino a creare un nuovo mondo, dove è possibile far coesistere l’attrito, colmare la distanza, creare una nuova unità. Si sporge verso di lui. Verso se stessa. Non c’è differenza ora lo La descrizione di una rinascita commuove e rincuora sempre, i personaggi di una storia attraverso un libro o un film hanno un potere importante per la crescita emotiva di ognuno. La storia di Elisa e dell’Uomo Anfibio non è che il passaggio di un’anima attraverso la vita. [...] Una buona storia [...] come un buon viaggio, ci lascia con un elisir che ci cambia, ci rende più consapevoli, più vivi, più umani, più completi, più partecipi di tutto ciò che esiste. L’arte è il luogo dove ci lasciamo emozionare da ombre su uno schermo, da parole su una pagina, il luogo dove diamo impulso alle nostre anime, affinché possano lottare, con somma e risoluta leggerezza per riempire di passione le nostre vite. Letture correlate:
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