Una prospettiva gestaltica Innumerevoli articoli e libri sono stati scritti sull'approccio della Gestalt alla psicoterapia. Questo contributo che oggi vi proponiamo, nello specifico, serve come punto di riflessione, sintesi e possibilmente analisi, di come la resistenza al ciclo dell'esperienza viene affrontata da una prospettiva psicosomatica centrata sul corpo. La base è la Psicologia della Gestalt che ha influenzato la nascita della Terapia della Gestalt di Max Wertheimer (1880-1943) e Fritz Perls (1893-1970). Da allora la Terapia della Gestalt è stata ulteriormente influenzata e trasformata da una serie di filosofie e approcci contemporanei che hanno arricchito la terapia in quanto tale. Questo scritto si focalizzerà su alcuni dei principali pilastri della Terapia della Gestalt in Europa. Possiamo sicuramente confermare che gli umani sono stati a lungo affascinati dalla connessione tra la mente e il corpo. Socrate e Platone sostenevano che la mente e il corpo sono entità separate. Aristotele invece vedeva la mente e il corpo come una sola cosa; la conoscenza, sosteneva, cresce dall'esperienza e dai ricordi. Nella nostra società occidentale diamo un'importanza socio-culturale alla convinzione che la mente governi il corpo (volere è potere), quindi che il pensiero sia più potente dell'emozione, come se una persona molto intelligente fosse immune dalle difficoltà emotive. Ciò sarebbe vero se fosse certo che la mente sia in grado di controllare il corpo e le emozioni. La Terapia della Gestalt prende in considerazione "l'intera esperienza" di una persona, l'idea che il tutto sia maggiore della somma delle sue parti, che buona parte del nostro benessere emotivo riposi nel modo in cui percepiamo il mondo, nel modo in cui diamo un senso all'input sensoriale: ciò che vediamo, ascoltiamo e sentiamo nei nostri corpi. Come in ogni periodo storico, lo Zeitgeist, lo "spirito del tempo" in lingua tedesca, crea una certa corrente omogenea in psicologia, in terapia o nel coaching, che ci riconduce all'importanza del corpo. L'esperienza nel qui e ora, la consapevolezza delle sensazioni fisiche, delle emozioni, dei pensieri per superare gli ostacoli e le sfide nella vita dipendono dalla consapevolezza dei propri meccanismi che manipolano e ostacolano il soddisfacimento dei bisogni soggettivi. In parole povere, quali sono le modalità che creano la situazione in cui una persona si trova? Quanto si è coscienti e quanto si è "consapevoli" del qui ed ora? Questo articolo si focalizzerà su come reagiamo e blocchiamo i nostri bisogni all'interno del ciclo dell'esperienza. Esaminando alcuni casi di studio pratici (come esempi), "osservando l'ovvio", utilizzando l'esperienza del paziente nel "qui ed ora", attraverso l'attenzione e la consapevolezza della "realtà del paziente", descriveremo come vengono create tensioni e blocchi fisici come forma di resistenza ai bisogni personali. Per quanto possa essere per qualcuno discutibile, supponiamo come punto di partenza che: ...la divisione mentale-fisica o corpo-mente è totalmente artificiale e che concentrarsi su uno dei due termini nella dicotomia è preservare la nevrosi, non curarla. (Perls, 1973, p.53) Storia di alcuni concetti: tecniche e corpo Poiché ci sono ampie informazioni disponibili sullo sviluppo e sulla storia della Terapia della Gestalt, ci concentreremo solo su alcuni dei punti rilevanti per questo articolo. La Terapia della Gestalt nasce dal lavoro di un gruppo di psicologi tedeschi che operava nel campo della percezione. L'apprendimento principale applicato alla odierna Terapia della Gestalt è la nozione che: ... l'uomo non percepisce le cose come isolate e non correlate ma le organizza nel processo percettivo in intere e significative. (Perls, 1973, p.2) Le esperienze soggettive sono quindi l'obiettivo principale per studiare il comportamento umano, onorando il proprio approccio soggettivo alla definizione e alla creazione della realtà. Ossia, l'esperienza soggettiva degli eventi che capitano ad una persona hanno senso solo per quella persona nel contesto del suo ambiente. Inoltre, un approccio abbastanza nuovo alla psicoterapia nell'attuale contesto storico è la nozione di "olismo integrale" dove, il paziente, non è un oggetto da analizzare ma, piuttosto, un intero organismo, una persona intera. La Terapia della Gestalt enfatizza l'integrazione, i pensieri, i sentimenti, i comportamenti, il corpo e i sogni dalla prospettiva del paziente all'interno del suo contesto soggettivo. Diamo un'occhiata a cosa significa in termini di presupposti teorici e metodologia il ruolo del corpo in tutto questo. Oltre le parole Un saggio un giorno disse: Sprechi tutte le tue energie in parole! Risulta difficile capire tale affermazione provenendo da un contesto culturale dove viene data molta importanza alle parole, all'espressione e al linguaggio. Ma più ci si permette di connettersi al "tutto" dell'essere, più ci si rende conto che il linguaggio, anche se necessario, può limitare ed essere una mera distrazione, se non un vero e proprio podcast di un'opera ben provata, che si svolge nella nostra mente ogni giorno. È certo che uno dei principali pilastri della Terapia della Gestalt è la consapevolezza e, una grande parte della consapevolezza, ha luogo nella mente. Tuttavia, la Terapia della Gestalt si concentra sulla consapevolezza in termini di intuizione, auto-accettazione, conoscenza dell'ambiente e infine consapevolezza della responsabilità delle scelte. Il modo per raccogliere queste informazioni è triplice, attraverso:
Concetti e tecniche In termini di tecniche terapeutiche, nella Terapia della Gestalt non possiamo dire di avere una linea univoca, poiché la terapia è sorta da diverse correnti dell'esperienza terapeutica e della psicoterapia. Si può semplicemente dire che la Terapia della Gestalt ha permesso un "atteggiamento" e fornito alcuni strumenti. Come accennato, l'assunto principale è che l'organismo (persona) deve essere visto nel suo ambiente o nel suo contesto come parte di un campo in continua evoluzione, relazionale, in flusso, interrelato e in corso. I bisogni cambiano con l'ambiente - la vita, le circostanze, l'età, la cultura, gli eventi - e creano il significato che tu assegni all'esperienza. Senza "essere", o senza rendersene conto, non si può vedere in modo chiaro cosa sarebbe necessario. In altre parole, senza essere consapevoli saremmo sempre schiavi di noi stessi; non sarà possibile fare una scelta consapevole, né cambiare la prospettiva, il punto di messa a fuoco, né permettere che lo "sfondo" - vita, eventi, circostanze - cambi. In secondo luogo, la Terapia della Gestalt presuppone che gli organismi (le persone) siano autoregolamentati o omeostatici. La terapia è solo un "aiuto" per guidare e accompagnare la persona verso il proprio soddisfacimento dei propri bisogni. Ciclo dell'esperienza Per soddisfare il tuo bisogno è essenziale non solo essere consapevole del tuo bisogno, ma anche dei modi in cui non ti permetti di realizzarlo. In altre parole, come ti comporti per ottenere ciò che vuoi o per evitare ciò che vuoi? In termini gestaltici questo è rappresentato dal ciclo dell'esperienza (chiamato anche ciclo di contatto o ciclo di autoregolazione), che riflette i meccanismi dell'evitamento. Per evitamento si intende in psicologia clinica una modalità di pensiero persistente e invalidante che non consente all'individuo di affrontare una situazione temuta. La necessità consapevole, invece, richiede un certo contatto prima con sé stessi, in secondo luogo con il proprio ambiente, ma bisogna ricordare che si possono esercitare strategie per "evitare" questo contatto. In ogni caso, la persona, secondo la Terapia della Gestalt, è un organismo di autoregolazione. Ciò significa che una persona potenzialmente sa come ripristinare l'equilibrio o contribuire alla propria crescita e al cambiamento. Ecco alcuni esempi di "affari incompiuti":
Per ora vogliamo sottolineare che se non siamo consapevoli, né ci assumiamo la responsabilità dei nostri stessi bisogni, saremo sempre presi nella strategia dell'evitamento come "deflessione" o "proiezione". Quando si diventa consapevoli del bisogno, si ha la possibilità di perseguire mezzi e modi per soddisfare le proprie necessità. Riuscire a farlo significa che la Gestalt è chiusa e si raggiunge uno stato di equilibrio. Una volta che un "problema" (gestalt) è chiuso, si allontana dalla consapevolezza (diventa terreno) e la persona si focalizzerà, poco dopo, su un'altra figura (questione). In questo modo si "affronta" la vita, frequentando queste figure in modo autoregolato e omeostatico. Il corpo in psicoterapia (influenze e tecniche) Uno dei sistemi più complessi e affascinanti su questo pianeta è il nostro corpo: una vasta rete di nervi, muscoli, tessuti, liquidi, energia, gas, acqua e un ammirevole generatore di calore. Sappiamo moltissimo sui nostri corpi come mai successo prima, ma siamo anche coscienti? Possiamo leggere e tracciare i sintomi, operare e tagliare, ma siamo ancora incapaci quando si tratta di prevenire il dolore e le malattie. Altre culture, non occidentali, sono molto più vicine alla coscienza dei loro corpi di quanto lo siamo noi. La terapia centrata sul corpo ha una sua storia, non entreremo qui nel dettaglio in tal senso, ma è importante riconoscere il modo in cui quelle terapie hanno "tinto" la Terapia della Gestalt oggi. Come descritto in precedenza, la Terapia della Gestalt pratica un approccio "on experience focused" e un approccio "al momento". E lo fa osservando ciò che sta accadendo nel corpo; si potrebbe chiamare consapevolezza corporea. Uno dei fondatori della psicoterapia corporea era Wilhelm Reich, il quale sosteneva che la tensione muscolare rifletteva le emozioni represse, ciò che chiamava "armatura corporea". Reich sviluppo un modo per esercitare pressione con lo scopo di produrre un rilascio emotivo nei suoi pazienti. Più tardi Alexander Lowen nella sua analisi bioenergetica e John Pierrakos in "Core Energetics" estese le scoperte di Reich, e, come accennato da noi prima, sostenevano che nessuna parola è chiara come il linguaggio dell'espressione corporea. Successivamente, sono sorti molti altri approcci e rami della psicoterapia corporea, come:
Questo ampio ma non completo elenco di approcci incentrati sul corpo mostra che l'approccio fenomenologico e l'importanza del "qui e ora", come praticato dalla Terapia della Gestalt, sono direttamente interconnessi con la repressione delle emozioni, o meglio con la repressione dei bisogni. Il linguaggio verbale può essere limitato e limitare il processo conoscitivo su come noi comunichiamo le nostre credenze, pensieri ed emozioni anche attraverso modi non verbali, come gesti, posture, ritmo, tensione o rilassamento dei nostri muscoli, e altri atteggiamenti somatici. Per indirizzare queste informazioni all'interno del corpo, il movimento, il tatto e la respirazione possono essere applicati o esercitati dal paziente al fine di progredire. Tuttavia, questa è una procedura sottile, combinata con l'espressione verbale. L'obiettivo non è quello di produrre una catarsi, ma di spostare delicatamente l'energia, liberare idee e postura, creare consapevolezza e riportare il paziente in contatto con il proprio corpo. In questo modo, l'espressione psicosomatica (sensazione fisiologica come il dolore) non sarà una cosa "esterna", o parte di un corpo estraneo, ma una rappresentazione del proprio "sé" che sta parlando un linguaggio non verbale. Nonostante molti tentativi fatti, abbiamo ancora bisogno di un "dizionario del corpo" per capire i suoi messaggi. La sfida risiede nelle esperienze soggettive e nel pericolo di generalizzare i sintomi. Il corpo è un sistema complesso e affermare che ogni torcicollo o mal di testa proviene dallo stesso problema psicologico, in pazienti diversi, è un errore. Ripudiare l'assunto della Gestalt che ogni paziente deve essere visto come intero, nel suo contesto soggettivo e personale, dando significato anche al proprio dolore fisico facendolo coscientemente è un ulteriore modo per allontanarci da un approccio cosciente. La Terapia della Gestalt, possiamo dire, è un'esplorazione della relazione con il proprio "sé", con il proprio Sé-Corpo. Casi studio sulla repressione e terapia centrata sul corpo "La Psicoterapia della Gestalt è fondata su una teoria del processo. Nella Terapia della Gestalt, l'aspetto più pervasivo del nostro funzionamento è la nostra interazione con - o "contattando" - l'ambiente in modo da trovare il completamento per i nostri bisogni. [...] Il risultato è il raggiungimento dell'autoregolazione, un equilibrio del campo organismo-ambiente." (Kepner, 1999; p.90) Ed è il blocco, o l'ostacolo, del raggiungimento di questo equilibrio che spinge le persone alla terapia, con lo scopo che un paziente possa ritrovare la sua strada per il processo naturale di autoregolamentazione. Attraverso un processo terapeutico che va oltre le parole, possiamo affrontare il problema predominante (figura) all'interno del contesto più ampio che include tanto la mente quanto il corpo (il terreno). ... come paziente, si può ottenere 'la restituzione del tuo corpo' attraverso la coscienza espansa, che ti permetterà di connetterti alle tue necessità, così troverai modi costruttivi e salutari per soddisfare quel bisogno. (Caldwell, C.) Per essere in grado di soddisfare il bisogno del tuo "sé", è fondamentale "sapere", cioè essere consapevole di ciò che è necessario. Tuttavia, nella nostra attuale società è giusto dire che siamo abbastanza distanti dai nostri bisogni, tanto quanto ci siamo distanziati dal nostro corpo e dalle nostre emozioni. Una grande quantità di bisogni sono dettati dalla società, dalla famiglia o dall'economia (status quo, matrimonio, figli, lavoro stabile, macchina, casa ...) e possono non essere sempre collegati, o essere espressione, del bisogno organismico di ognuno. Ora, quando ci concentriamo sul corpo, diventa evidente come il bisogno, la soddisfazione o il disinteresse ad esso abbia una risposta fisica. Questo bisogno può essere consapevole o non consapevole, di conseguenza avremmo la risposta. Per fare un esempio semplice, succede innumerevoli volte che qualcuno dica che non ha dolore alla schiena o problemi di tensione. Eppure, al contatto e all'esplorazione, all'improvviso diventa consapevole della tensione accumulata e di un dolore nascosto. Se una persona non è consapevole di come la tensione si accumula nel proprio corpo, tendiamo a chiederci in quale misura, questa persona, possa essere consapevole di altri bisogni. Dopo tutto, il corpo è stato descritto come una tela o un tempio che mostra le curve e i bordi del proprio paesaggio emotivo. Come dice Perls: "Una persona che ha perso il 'sentire' di se stesso ... non può aspettarsi che la sua 'autoregolazione' (appetito) funzioni correttamente." (Perls, 1947/1969, p.45) In altre parole, se non si è consapevoli di un bisogno è probabile che non lo si realizzerà; si ripeteranno schemi e comportamenti che si tradurranno in frustrazione e probabilmente nella formazione di una "armatura" fisica. La storia di Piero Un paziente, chiamiamolo Piero, ha affermato di soffrire di un dolore al petto. Disse che si trattava di una sensazione di pressione, combinata con una sensazione di calore, che aumentava in certe situazioni, creando un picco che lo paralizzava così tanto che non era stato in grado di lavorare per un giorno o due. Piero, ha affermato che avrebbe dovuto "ritirarsi dal mondo" e semplicemente "aspettare" che tale situazione passasse. Nel corso degli anni aveva provato diverse terapie, soprattutto coaching e PNL, ma non aveva progredito molto. Dopo la prima sessione terapeutica, quando si collegava al corpo, attraverso esercizi di respirazione e tocco morbido attorno al diaframma, Piero "entrava in connessione" per la prima volta a nuove sensazioni. È questo uno degli elementi essenziali in un processo di Gestalt: concentrarsi abbastanza a lungo sul corpo del paziente, in modo che possa prendere coscienza delle sue sensazioni, nella misura in cui gli consente di "connettersi" al bisogno di fondo. In altre parole, passare da un'intuizione cognitiva verso la consapevolezza di un'esperienza olistica e corporea integrata e darle un equo credito. Nel caso specifico, Piero, che è stato guidato da e verso le sue sensazioni fisiche, si è collegato a se stesso coscientemente e ha potuto incontrare sentimenti che erano stati memorizzati in una zona specifica. Piero ha potuto sperimentare così visioni, ricordi e voci relative a suo padre morto 15 anni prima. Per la prima volta dopo la morte del padre Piero si è unito al dolore e ha lasciato fluire sentimenti tristi, arrabbiati e d'amore nel giro della stessa sessione terapeutica. La conseguenza fu che la sensazione di oppressione nel suo petto diminuì, si sentì più leggero e più connesso a se stesso. Dopo la terapia, possiamo affermare che questo paziente aveva negato il suo bisogno di piangere e di sentire il suo dolore a causa di introietti culturali, cioè convinzioni come:"i ragazzi forti non piangono", usando strategie di deflessione - essere il bravo ragazzo, sempre sorridente e scherzoso - e desensibilizzazione, cioè analizzando la sua situazione e formando solo il livello cognitivo e mentale senza permettersi di connettersi al suo corpo e alle sue emozioni. Spesso i pazienti "pensano o credono di provare" (Kepner, 1990), come se potessero o dovessero "sapere", piuttosto che fidarsi del fatto che "l'esperienza del momento" del loro corpo potrebbe fornire sufficiente intuizione alle emozioni. Il lavoro per completare la Gestalt, o per arrivare al compimento, ciò che la gente chiama "risoluzione o felicità", si realizza innanzitutto ricollegandosi al proprio corpo, all'esperienza fisiologica ed emotiva nel qui e ora, e alla distanza da concetti mentali e sociali che inibiscono la necessità richiesta di entrare in azione. A questo punto è importante sottolineare che la Psicoterapia della Gestalt: fa la distinzione tra armatura contro sensazioni e sentimento (desensibilizzazione strutturale) e armatura contro la mobilizzazione e azione (retroflessione strutturale). (Kepner, 1999) La tensione muscolare cronica può diventare nel tempo strutturale, nella postura e nei muscoli, in un modo che parti del corpo non potranno "essere percepite", o essere utilizzate come deposito di emozioni e ricordi accumulati. La tensione, il dolore e il disagio espressi da un paziente devono essere guardati e, soprattutto, vissuti individualmente nel contesto dell'ambiente del paziente. In altre parole, un altro paziente con sintomi simili potrebbe non aver sofferto delle stesse convinzioni culturali limitanti e non avrebbe sofferto dello stesso tipo di dolore inespresso, o al contrario, potrebbe aver affrontato problemi simili in modo molto diverso. Ora, per quanto riguarda il modo di affrontare questo tipo di resistenza, l'espressione psicosomatica del non soddisfare il proprio bisogno, non è solo importante connettersi al corpo, ma anche "osservare l'ovvio" nel qui e ora, senza cadere nella trappola dell'analisi (tanto il paziente quanto il terapeuta). Nel caso di Piero, il cliente è riuscito a scaricare le emozioni stagnanti (catarsi), ha ri-raccolto la coscienza del suo corpo e delle sue emozioni, si è aperto ai sogni e ai ricordi del suo passato che aveva a lungo trascurato ma che ora era in grado di trascendere, e ha permesso un processo e progresso energetico. Solo dopo poche sedute ha riferito di sentire meno i sintomi e, cosa più importante, ora ha "compreso" i messaggi del suo corpo non come punizione (prima voleva liberarsene), ma integrando le sensazioni e imparando che questo è un modo in cui il corpo esprime e rende evidenti i suoi bisogni fondamentali che stanno diventando sempre più consapevoli a livello cognitivo. La storia di Anna Anna venne in terapia perché disse che si sentiva confusa. Una donna sulla trentina, una imprenditrice che aveva sempre fatto ciò che voleva, che era percepita come una donna forte e sicura che viaggiava per il mondo e aveva una buona salute fisica. La confusione sorse dalla frustrazione dei risultati ottenuti dalle sue azioni. Anna usava dire:"sto facendo tutto quello che posso, ma ogni volta sbatto contro un muro". E questo modo di dire lo applicava alla sua vita amorosa tanto quanto a quella professionale. Questo muro era fondamentalmente il suo punto cieco. Prima della terapia, non riusciva a vedere che era stata catturata in "una Gestalt inconscia"; un comportamento ripetitivo che si riproponeva fornendo sempre gli stessi risultati. Il suo comportamento non deve essere giudicato buono o cattivo, ma è importante osservare che il fatto stesso di aver creato una "routine" ha provocato disagio, e nel suo caso anche con un sentimento di rabbia. Quindi, Anna aveva "proiettato" la sua rabbia verso il mondo: gli uomini, i colleghi al lavoro e in generale quelli che considerava "stupidi". Oltre il meccanismo di proiezione Anna è anche "retroflessa" con comportamenti alimentari insalubri. Ogni volta che si arrabbiava, invece di connettersi all'emozione, la ignorava, qualunque fosse l'emozione la affrontava con cibo e bevande. Nonostante il suo carattere forte e l'identità di una "donna potente" che si portava sulle spalle, a cui era affezionata, ha danneggiato se stessa e gli altri perché non sapeva di cosa aveva veramente bisogno. La rabbia e la frustrazione di non ottenere ciò che lei voleva attraverso le sue "azioni", la fecero venire in terapia dove si collego effettivamente alle emozioni e ... gridò. Claudio Naranjo disse, la Terapia della Gestalt funziona quando si inizia a ridere di se stesso. Questo è quello che è successo ad Anna che, dopo un po', disse con un sorriso:"in realtà ... devo pagare per piangere". Dopo un processo terapeutico che la collegò alla sua vulnerabilità e al suo corpo, Anna si avvicinò ai suoi bisogni e capì quale fosse il suo schema del ciclo di esperienze. Quasi ogni volta che si arrabbiava si rendeva conto che stava succedendo qualcos'altro. Per lo più, era triste o si sentiva impotente. Attraverso l'inspirazione e il collegamento con il proprio corpo - sintomi come mal di testa, spalle rigide, problemi intestinali, mascelle serrate - Anna imparò a trascendere attraverso l'esperienza e a rispettare i suoi bisogni. Cose come la gelosia, un sentimento che lei non aveva mai sentito prima, o la paura di non avere una vera ragione di vita, avevano senso alla luce della sua vulnerabilità che cominciò a chiedere cura e compassione (aiuto). Qualcosa a cui Anna non aveva "pensato", a cui lei non aveva dato il giusto valore, era il suo contesto socio-culturale. In effetti era sufficiente osservare ciò che stava accadendo mentre parlava. Essendo luminosi e intelligenti, gli "scenari" e le questioni erano cognitivamente sempre molto chiari e "ovvi". Usando quell'abilità presente, ci siamo concentrati sull'ovvio che succedeva durante là sessione terapeutica: come stai respirando mentre parli? Quali sensazioni si presentano nel tuo corpo? Come muovi i piedi, le mani e le mimiche? Che tipo di tensioni sono evidenti? Quando le cose non avevano senso Anna sentiva mal di testa. Quando si sentiva spaventata la sua pancia reagiva. Tra questi e altri "sintomi" Anna imparò a integrare il corpo rendendolo altrettanto importante rispetto alla sua "storia" e lasciandosi guidare dallo stesso nella vita quotidiana. In questo modo Anna imparò lentamente quando fermarsi e dire di no, piuttosto che credere di poter fare tutto. Come abbiamo detto prima, il corpo è un'entità complessa. Alcuni sintomi e reazioni hanno senso solo nel particolare contesto in cui sono stati creati. E una volta che un numero (Gestalt) è illuminato e si dissolve nel terreno, ne viene fuori un altro. Questo andamento del flusso dà origine alle diverse curve di apprendimento nel processo della Terapia della Gestal che si potrebbe descrivere come una spirale. Ci muoviamo lungo questa spirale concentrandoci su problemi simili per tutta la vita, ma imparando ogni volta nuove intuizioni, schemi e strategie di noi stessi, la cui consapevolezza consente scelte risolute prese da un luogo di responsabilità. Approfondimenti, riflessioni e sfide Ora, il ciclo dell'esperienza è complesso, nel senso che non è lineare. Diversi meccanismi possono essere attivati per non soddisfare un bisogno. Ma perché è così? Sembra ovvio che se uno dovesse soddisfare qualsiasi bisogno, come la sete e la fame, anche a livello emotivo, saremmo tutti molto più felici. Questo può essere vero, ma anche il corpo ha un suo ricordo. Esperienze precedenti nello scenario primario (educazione) possono guidarci inconsciamente a un meccanismo di prevenzione. Non solo perché ci possono essere paura e dolore, ma soprattutto perché è un modo omeostatico di prendersi cura del nostro sé (corporeo). Proprio questa resistenza al contatto equivale "all'espressione del proprio essere intrinseco" (Kepner, 1990). A volte il dolore o il trauma sperimentati sono troppo intensi e devono essere evitati, con il fine di poter funzionare nella vita e andare avanti. Un'altra cliente aveva sofferto di atti di bullismo durante la sua gioventù, un'esperienza che l'aveva segnata in modo permanente nella vita adulta. Descriveva se stessa come timida, il suo corpo era magro e il modo in cui lo usava mirava a renderla più piccola, e minuscola, occupando meno spazio in una stanza o su una sedia. Collegare verbalmente l'esperienza dell'abuso infantile era troppo intenso per lei, quindi lavorammo sull'ovvio: cosa stava succedendo nel qui e ora. La mia paziente manteneva una maschera facciale, un sorriso costante tenuto tanto a lungo che a volte il suo viso cominciava a dolere, trasformandosi in tensione e mal di testa, in particolare nelle situazioni in cui doveva affrontare gli altri, cioè essere in contatto con un'altra persona. Mentre "lavorava" con questa tensione, in una delle sessioni, risultò che le sue mani si trasformarono in pugni. Le sue braccia e le sue dita si accesero di calore, energia e tensione; una tensione che chiedeva movimento, un movimento di arretramento che permetteva che la rabbia aumentasse come una forma di autodifesa e di autoprotezione. Questa fu una delle prime volte che permise al suo sé corporeo di esprimere rabbia e resistenza, e usare la propria energia per non bloccarsi ma per spingerla verso l'esterno, per mettere un limite e dire "no". Nel lavorare e integrare il corpo in terapia sembra quasi tutto troppo "ovvio" e non si presentano spesso dei momenti esplicitamente esaltanti (wow!). In effetti, un processo centrato sul corpo è sottile e richiede tempo e attenzione. Principalmente lo scopo è quello di connettersi al bisogno che si trova a volte nascosto oltre la resistenza, il dolore o il muscolo stagnante che inibisce il movimento e l'azione. Qualunque sia la forma di apprendimento di un'esperienza centrata sul corpo e importante collegarlo alla vita reale di tutti i giorni cioè a comportamenti, convinzioni e azioni. In questo ultimo esempio, la sfida per il cliente è stata quella di notare prima le sue sensazioni fisiche, imparare a interpretare le tensioni e il calore, come un modo per dissentire ed evitare il conflitto. Tuttavia, è facile ricadere nelle vecchie abitudini, credenze e posizioni, poiché sono diventati la zona di comfort nel tempo. La domanda quindi tende ad essere, cosa c'è di più scomodo? Evitare lo scontro o esprimere i propri bisogni e desideri? Arriviamo tutti a un punto in cui le nostre zone di comfort, create dai meccanismi di evitamento, iniziano a scomodarsi. E questo di solito è il punto in cui ci rendiamo conto che "qualcosa" deve cambiare. Questa cosa che deve cambiare è il nostro "io", il modo in cui veniamo a soddisfare i nostri bisogni e gesti. Seguendo quanto sin qui detto, credo sia importante sottolineare alcune questioni etiche. Alcune persone sono state alienate dal loro corpo a causa di traumi e abusi, e sebbene la connessione possa essere creata attraverso il movimento e l'auto-esplorazione, il "tocco" deve essere gestito con cura dal professionista. I pazienti di solito vogliono una soluzione "rapida", per sbarazzarsi del problema; questo sarebbe più un intervento chirurgico, eliminando la parte di sé stesso che non si vuol vedere o trattare. Il processo di terapia, consapevolezza, accettazione e quindi guarigione è di natura integrativa, olistica e compassionevole. Innanzitutto con sé stesso. È un viaggio pieno di resistenze che se fosse facile farlo lo avreste già fatto. La terapia centrata sul corpo e la Psicoterapia della Gestalt offrono al paziente la possibilità di tornare in contatto con le proprie esigenze e autoregolarsi. Tuttavia, è giusto dire che questo approccio ha i suoi limiti, in particolare alla luce di patologie come, per esempio, la schizofrenia, per le quali non entreremo nel dettaglio ora. È importante che il terapeuta come il paziente si assumano la responsabilità in termini di intensità del lavoro e di capacità del paziente di integrare la consapevolezza nella vita dello stesso in modo pragmatico. Lo scopo non è solo la consapevolezza, ma soprattutto creare il cambiamento, possedere l'esperienza e riconoscere i propri bisogni in un modo in cui ci si senta a proprio agio nel cambiare il proprio comportamento in un modo che potrà servirvi. Conclusione Come abbiamo visto, osservando i diversi casi studio, una persona esprime i suoi comportamenti, le sue convinzioni e la sua resistenza all'espressione del bisogno e alle sue emozioni collegate attraverso il corpo. Non solo attraverso l'aspetto del linguaggio corporeo, ma piuttosto come espressione facente parte della "totalità" della persona. Riflettendo su questo scritto che vi abbiamo proposto, vorrei invocare almeno la consapevolezza di queste interrelazioni, se non sfidare modelli e forme di terapia puramente linguistici, per estendere l'esperienza alla conoscenza somatica come forma di guarigione e auto-restauro. Tuttavia, nella cultura occidentale, il corpo non ha svolto un ruolo importante, almeno non in termini di espressione di sé. Piuttosto viviamo in un'era di una cultura corporea ossessionata che usa le sue apparenze come una forma di personal branding, allontanandoci ancora di più dal nostro corpo. Al giorno d'oggi, una mente cinica potrebbe obiettare che compriamo parti del nostro corpo (naso, denti, mammelle, glutei ...) con la stessa facilità delle automobili, delle case o di altre merci il cui obiettivo è quello di celare il bisogno dell'organismo della persona. Come abbiamo visto, non entrare in contatto con noi stessi, evitare di entrare in contatto con i nostri bisogni e le nostre emozioni, può essere inizialmente un modo per affrontare lo "stress", ma è anche un modo per evitare il contatto con il bisogno, che alla fine si tradurrà in una questione incompiuta, una Gestalt che non è chiusa. Questo può creare i sintomi fisici, in aggiunta a quelli emotivi, come modo dell'organismo che vuole autoregolarsi. Nel campo della psicoterapia, e oltre, non si può continuare a trascurare e ignorare i sintomi e le modalità di comunicazione del corpo. È divertente vedere quanti "laici" conoscano questa relazione e come il corpo reagisca a determinati fattori di stress, ma quanta poca conoscenza, importanza e integrazione sia permessa nella vita reale di tutti i giorni. Spero che questo documento incoraggi il lettore a uscire dall'ombra, a rispettare pienamente il corpo come parte del suo "sé" e a permettersi di trovare i modi per connettersi ad esso, al fine di decifrarne i messaggi. In questo modo, è certo che le "gestazioni" saranno concluse più velocemente ed efficacemente. Il dolore, le disfunzioni e i sintomi psicosomatici, potranno essere notevolmente ridotti ed eliminati dall'interno. La Terapia della Gestalt riguarda la coscienza sia cognitiva che somatica, il qui e ora di ciò che sta realmente accadendo, piuttosto che un ricordo o un costrutto mentale; la responsabilità, utilizzando un'azione consapevole per cambiare prospettiva o ambiente, per soddisfare i propri bisogni. Liberamente adattato e tradotto > fonte Letture correlate:
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