Cosa intendiamo per narrazione del corpo, quali le sue caratteristiche? Intanto dobbiamo valutare che il corpo cerca sempre la relazione, questo aspetto affonda le sue radici nella relazione madre/bambino. Poi, quando interviene il trauma, ne risente anche l’aspetto relazionale. Nel creare una narrazione del corpo prendiamo in mano i movimenti attraverso i quali il corpo comunica e li regolamentiamo. “Il corpo conserva le tracce se la memoria del trauma è codificata nelle viscere, nelle emozioni sconvolgenti e di crepacuore, nei disturbi autoimmuni e nei problemi muscolo-scheletrici, e se la comunicazione viscere/cervello/mente è la via maestra per la regolazione emotiva, ciò richiede un radicale mutamento nel nostro modo di concepire la terapia”. (B. Van der Kolk, “Il corpo accusa il colpo”) Quindi potremmo aggiungere che se “perdiamo” il corpo perdiamo noi stessi. Ad esempio molte persone non percepiscono vaste aree del loro corpo, oppure dopo diverso lavoro non percepiscono aree specifiche perché lì esiste come un blackout della percezione. Basti pensare alla respirazione, non è facile respirare correttamente e condurre il respiro nelle 3 fasi: toracica/del plesso/addominale. Anche se il sé cosciente svolge un ruolo fondamentale nel mantenimento dell’equilibrio interno, per mantenere il nostro corpo al sicuro, abbiamo bisogno di cogliere le sensazioni fisiche e di rispondere ad esse in maniera adeguata. Le nostre funzioni di base infatti sono governate da una conoscenza non verbale che soggiace dentro il nostro sé cosciente. Mantenersi attraverso il movimento vuol dire dare nuovo significato all’invecchiamento come pure ai nostri traumi, vuol dire agire su due livelli fondamentali:
“Il corpo non è solo il ‘contenitore’ delle nostre storie -pensieri, emozioni, idee, ricerche - è soprattutto l'interprete protagonista di queste storie.” (H. Dentale) A questo interprete, nel corso della nostra vita, dobbiamo ridare voce affinché possa essere a passo con il proprio tempo, oltreché svolgere una funzione fondamentale: “se è vero che io ho coscienza del mio corpo attraverso il mondo, se è vero che esso è, al centro del mondo, (...) è vero, per la stessa ragione, che il mio corpo è il perno del mondo, e in questo senso ho coscienza del mondo per mezzo del corpo.” (M. Marleau-Ponty) Potremmo aggiungere che ciò che cogliamo con il corpo non lo coglieremo mai in altra maniera, e dunque l’abitudine a concentrarsi su movimenti precisi riporta il corpo verso una centralità che non è solo fisica ma anche emotiva. Allenarsi a portare l’attenzione sull’uso dei sensi nel quotidiano, apprendere come operare soluzioni differenti dall’abitudine, sentirsi più capaci di stare nel disagio. La narrazione scaturisce da parti del corpo che si abituano al movimento sviluppando così la capacità di parlare, di sussurrare al nostro sé cose seppellite che ritrovano lo spazio di un espressione compiuta. La narrazione è il corpo che parla, un processo che attraverso la ritualità di un allenamento riprende in mano la propria voce per articolarla nel suo legittimo canto.
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