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Il nemico esterno: la vicinanza difficile che è in noi

4/6/2021

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Ispirati dal libro “Nemici Miei” di Nicoletta Gosio, e dopo aver pubblicato in queste pagine il prologo dello stesso, pubblichiamo un nostro contributo di sintesi con lo scopo di stimolare la lettura di questo interessante testo.
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Foto di Ohmydearlife da Pixabay
Lo studio, l’anima del libro, tocca uno dei temi centrali del vissuto odierno: la tendenza proiettiva a vedere nell’altro un aspetto deplorevole, legato a giudizi morali di vario genere, al fine di potersi legittimare di sentimenti e azioni conflittuali che altrimenti farebbero fatica ad uscire.
Invero il problema in questione non è di questi tempi, basti pensare alla storia del Novecento dove la tendenza ad etichettare il “nemico” è risultata talmente strutturante nello sfociare in discriminazioni perseguite in maniera ossessiva e pervicace.

Ciò che ha subito una modifica è che tutto questo oggi viene normalizzato attraverso il meccanismo della performance che detta legge, tanto da ritenere una consuetudine abituale l’assumere comportamenti finalizzati ad  un risultato legato al piacere materialista, e avulsi da responsabilità collegate alla propria aggressività repressa.

Questo aspetto, insito in modo significativo nel modo sociale di relazionarsi, svilisce anche l’esperienza psicologica poiché, molto spesso, viene considerato adeguato un approccio anestetizzante rispetto al groviglio che domina oggi il vissuto individuale.

I miti, ricorda Nicoletta Gosio, così come il tema del doppio, oppure i film o le serie tv, esprimono in pieno il concetto di spostamento sull’altro di quei sentimenti che non riescono ad essere accettati come propri.

L’autrice individua due meccanismi centrali riguardo al tema della proiezione, ciò che si riversa nel sociale e ciò che si evita di se stessi.
  1.  La tendenza a rovesciare all’esterno sentimenti di rabbia popola la società di individui  stabilmente arrabbiati verso qualcosa e concorre alla creazione di una visione sociale che pullula di situazioni ostili.
  2. Nel rapporto con se stessi, ciò che risulta fondamentale chiedersi è quanto la non elaborazione di sentimenti “primitivi” come le  invidie, l’impotenza e le vergogne, non potendo essere riconosciute come proprie, concorrano a quello svuotamento della personalità che fa precipitare nell’ossessione maniacale verso qualcosa.

“[...] una precisa posizione, dunque, sostenuta a livello razionale, di resistenza ad assumersi la responsabilità del proprio sentire e agire, che occlude la possibilità di una messa in discussione in linea con la realtà. E cosa assai peggiore, preclude la capacità di fare appello alle proprie risorse e di incrementarle per far fronte alle difficoltà della vita e dei rapporti interpersonali.” 
(Nicoletta Gosio “Nemici Miei”)


Gli ideali grandiosi di se pare abbiano soffocato la realtà del confronto con i propri limiti, e per poter esprimere tale visione, lo sconfinamento negli aspetti narcisistici si mostra alquanto stabile e presente in tutte le aree sociali.

Questo atteggiamento maestoso, fa si che non venga messo in discussione qualcosa di se stessi laddove risulta di ostacolo  al raggiungimento di un modello di perfezione, nel corso della propria esistenza. Un esempio può essere dato dalla tendenza democratizzata di ritenere che ciò che si prova sia sempre giusto perché lo provo io, senza poter riconoscere che la ferita narcisistica è così stabile dentro se stessi tanto da indurre ad eliminare elementi di confronto maggiormente realistici, perché potrebbero portare ad una sofferenza inaccettabile.

“La rabbia narcisistica può essere pertanto un accurato termometro dello stadio di immaturità della visione del mondo e del posto (che sarebbe in verità piccino) che ciascuno di noi ritiene di occuparvi.” 
(Nicoletta Gosio “Nemici Miei”)


Di fatto il problema è sintetizzato in questa frase:

“non è possibile rispettare ciò che non si riconosce, che resta invisibile al proprio mondo interiore.”
(Nicoletta Gosio “Nemici Miei”)


La Gosio sottolinea come tutto questo non possa poi non riversarsi nelle relazioni amorose citando una frase di D. F. Wallace, “Ogni storia d’amore è una storia di fantasmi”, volta a sottolineare come risulti inevitabile nell’esperienza amorosa incontrare i propri e gli altrui fantasmi affinché le relazioni amorose possano sperimentare una loro evoluzione significativa.

“All’amore maturo è affidato il difficile compito di gestire la copresenza e gli antagonismi tra affetti positivi (dolcezza, cura, ammirazione, gratitudine, ecc.) e affetti negativi (disprezzo, invidia, rabbia, ecc.); di conciliare l’attrazione con la repulsione, la ricerca con la fuga, gli aspetti piacevoli e spiacevoli della medesima persona; di integrare tenerezza ed erotismo, i sentimenti protettivi con le quote sane di aggressività necessarie alla condivisione del piacere nell’intimità sessuale.”
(Nicoletta Gosio “Nemici Miei”)


Altro aspetto assolutamente centrato sta nella disamina riguardo alla subdola modalità a cui la ricerca di potere ha abituato:

“concezioni e rappresentazioni distorte degli altri diffuse dall’alto di chi comanda o di un presunto sapere, entrano senza sforzo a far parte di opinioni condivise, penetrano nel senso comune con l’ambiguo pregio di cementare la coesione nel gruppo in una reciproca legittimazione scevra da dubbiosi rimorsi.”
(Nicoletta Gosio “Nemici Miei”)


In realtà l’abitudine al dubbio rafforza l’interiorità del soggetto, poiché ogni volta che si scopre che la lettura di una data situazione è il risultato di un proprio elaborato pregiudiziale, si ritrova il potere che la nostra mente ha di alterare i vissuti. Dopo si può riparare a tale tendenza percependosi maggiormente padroni delle proprie facoltà mentali.

“Coltivare il dubbio, senza rifugiarsi nella sfiducia e nella paralisi, è un esercizio impegnativo, uno sforzo di interrogazione, riflessione, tensione verso la verità e autocritica che va contro l’attuale spiccata tendenza a cercare risposte certe e riaffermazione del già noto e pensato.”
(Nicoletta Gosio “Nemici Miei”)


In conclusione una riflessione sulla domanda psicologica, peraltro oggi molto ampia:

“Nelle variazioni di modalità e accenti, la tendenza a sottrarsi allo sguardo interiore è comunque una disposizione mentale corrente, trasversale a differenti quadri diagnostici: in maniera conforme, i tentativi di indurre a un confronto con i propri affetti piú profondi per riconoscerne l’eventuale ruolo, non di rado suscitano nei pazienti reazioni di indignazione, rabbia, fino ad accese accuse di insensibilità e incomprensione rivolte al terapeuta.”
(Nicoletta Gosio “Nemici Miei”)


Viene da chiedersi quanto tutto questo sia comprensibile non soltanto al paziente ma anche alla comunità terapeutica delle varie figure professionali che si occupano di cura, il fatto che si sia insidiata una frapposizione tra conscio e inconscio piuttosto severa, pare non essere presa in considerazione frequentemente, basti pensare a come viene considerata buona o cattiva una terapia se legittima o meno il paziente a sentirsi nel giusto, e a come siano sempre meno frequenti gli scambi tra professionisti circa i casi da valutare, se gli stessi appartengono a modalità di approccio differente. La tendenza a rifugiarsi nelle proprie comunità terapeutiche pare salvifica anche per il professionista.

“In superficie, c’è una grande attenzione alla dimensione psicologica, che sembra però affrontare il mondo interiore alla stregua di un oggetto manovrabile (la mente-oggetto dopo il corpo-oggetto), e ancora una volta è orientata piú dalla ricerca di rassicurazione che da reale approfondimento. Ne fa parte la puntuale convocazione sulla scena pubblica di specialisti in materia, non di rado disposti a prestarsi a diagnosi inopportune su chiunque, a fornire pareri contrari o a favore su questioni delicate e complesse, a dare risposte semplicistiche e banali che blandiscono o seducono e assecondando l’identificazione con la parte di vittima indifesa, e gratificano (un’oncia per sé, un granello per te) il bisogno di sentirsi approvati e sollevati, aiutando di fatto a non pensare.”
(Nicoletta Gosio “Nemici Miei”)


L’esortazione contenuta in questo testo è piuttosto avvincente, per questo il consiglio di lettura. Riconoscere il nemico dentro di noi, educarlo alla relazione per fare in modo che l’esperienza con il mondo possa risultare una piattaforma adeguata, un potersi plasmare all’attraversamento della vita.

“Quel che ci è realmente nemico è anzitutto il rifiuto di riconoscere le nostre debolezze, i lati oscuri, le contraddizioni, i limiti, le responsabilità individuali, il bisogno di relazioni di fratellanza. Non conoscere se stessi rende impossibile riconoscere l’altro. Non riconoscere l’altro non consente di conoscersi e confidare in se stessi.”
(Nicoletta Gosio “Nemici Miei”)


Bisogna allenarsi ad una comprensione di questi aspetti, e tutti gli allenamenti non hanno come fine risultati immediati, piuttosto liberare la nostra mente dal bisogno di risultati per sapere chi siamo.

Letture correlate:
  • “Vicinanze Animose”, prologo a Nemici Miei di Nicoletta Gosio
  • "Funzionare o esistere?", La singolarità dei vivi e le macchine che influenzano il mondo
  • "Oltre il tempo", la formula per la salute e la longevità
  • Consigli di lettura
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    La Dr.ssa Anna Pancallo, psicologa-psicoterapeuta è iscritta all’Albo Regionale Veneto, è specializzata in Psicoterapia della Gestalt, titolo conseguito presso la Fondazione Italiana Gestalt di Roma.

 Svolge l’attività dal 1993 e opera negli studi di Treviso e Mantova.

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