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Strutture del magico

23/6/2022

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“La magia è il ponte tra l’età dell’oro di una creatività primordiale e il potere attuale di produrre dei miracoli”
(B. Malinowski)
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Foto di Syaibatul Hamdi da Pixabay
Grazie alle due pubblicazioni precedenti, “Introduzione alla forza del Pensiero Magico” e “Il linguaggio simbolico” abbiamo capito come il pensiero magico sia correlato a quello simbolico, e come, nel lavoro interiore, permetta una trasformazione dei vissuti poiché, l’atto magico che il lavoro terapeutico propone, consente di percepire e insieme di dirigere ciò che è precluso da un eccesso di razionalità, la quale rende difficile cogliere la natura delle cose.
Oggi esiste un gran bisogno di ricorrere alle strutture del magico, e potremmo riassumerne le motivazioni in tre punti principali:
  1. la crisi di fiducia nel benessere;
  2. la visione di una scienza non più infallibile;
  3. la ritorsione della tecnologia contro l’uomo.

Questi punti mettono in risalto tutto ciò che oggi genera angoscia negli strati sociali ed allora, il ricorso ad aspetti del funzionamento messi in ombra da una direzione prevalente dall’orientamento sociale, diventa l’ancora per poter reinterpretare la propria storia.

Per Freud il bisogno di magia era da collegare al desiderio, l’atto magico era visto come una pratica per trasferire un bisogno sul piano oggettivo. Per Jung, invece, la visione del magico è collegata ad un bisogno di stabilità del nucleo sociale, che necessita di elementi di salvezza da praticare per contribuire all’evoluzione del mondo. Laddove le rappresentazioni collettive tipiche del magico che alimentano tale prospettiva vengono eliminate, si lascia spazio a fobie e manie di vario genere.

Queste riflessioni di esperti terapeuti ci fanno comprendere come non sia possibile eliminare l’elemento magico dal contesto umano e sociale.

La caratteristica strutturale più importante del magico è data dal fatto che il momento presente contiene in se tanto il passato quanto il futuro, e questo aspetto si integra completamente con il linguaggio mitico che racchiude tutti i momenti temporali in modo integrato.

Nel racconto di Perseo e Medusa ad esempio, ciò che arriva successivamente come avvenimento è collegato ad un passato che preannunciava già il futuro. Il fatto che Atena punisca Medusa preannuncia già che provvederà a Lei in altro modo. Anche la nascita di Perseo figlio del Dio Poseidone, che non lo riconosce, è in qualche modo connessa al fatto che Medusa venga sedotta dal Dio del mare, fratello di Zeus, uno dei dodici dei dell’Olimpo, per essere poi punita da Atena, che a sua volta è figlia di Zeus e nipote di Poseidone.

Questi intrecci tendono a voler dichiarare la celebrazione di desideri che per essere affermati devono riunire aspetti al momento disordinati, attraverso avvenimenti che sottolineano una fede nella riunificazione, che acquista sempre maggiore nutrimento man mano che la storia progredisce, questo fa si che l’analisi tra gli elementi in gioco non sia casuale.

Ciò che risulta di grande importanza nel mito greco è che il Pensiero Magico non è riflesso sulle cose come puro desiderio, ma è dotato di strumenti a loro volta magici, come lo Scudo Specchio, l’Elmo di Ade o il Falcetto - nel caso del mito di Medusa -, tutti elementi che servono a sviluppare azioni in grado di collegare la vita dell’uno con quella degli altri per creare una storia di riunificazione.


“La coscienza dei mezzi indispensabili a ottenere uno scopo determinato è la prima ad insegnare all’uomo a comprendere l’interno e l’esterno come membri di una catena causale e ad assegnare loro, all’interno di essa, un posto particolare e inalienabile.”
(E. Cassirer, “Spazio Tempo e Casualità Magiche”)


Come dire che attraverso la mediazione dell’agire deriva la coscienza dell’essere, cioè di chi si è.

​Il merito di uno studioso come Cassirer è stato quello di aver rintracciato il magico non soltanto nelle civiltà primitive o extraeuropee, ma nella stessa civiltà europea e nello stesso mondo moderno. Questo elemento, inoltre, è senza dubbio ripreso da Jung quando parla dell’uomo arcaico dove sottolinea che, nonostante l’altezza del grado di coscienza raggiunto dall’uomo moderno, permangono negli strati più profondi elementi di arcaicità. L’anima rappresenta il prodotto evolutivo che, studiato nelle sue origini, mette in evidenza tali aspetti pregressi. Ma, al tempo stesso, tali funzioni non sono facili da accogliere per l’uomo moderno perché rappresentano una devianza dal percorso che si è stabilito, inoltre, la tendenza moderna a voler  dominare la natura, non permette quella vicinanza con l’esterno come se fosse dotato di un anima.

Le strutture del magico sono state analizzate anche da uno dei più importanti psicologi del comportamento infantile: Jean Piaget. Per lui in alcuni stadi dello sviluppo, esistono elementi del magico propri dell’individuo dovuti principalmente a due elementi fondamentali:
  1. confusione tra pensiero e cose;
  2. l’immediatezza dell’atto fisico nel bambino che lo porta ad operare nei confronti delle persone che lo circondano una trasposizione di sue attitudini associate ad oggetti. In altre parole il gesto che il bambino compie è magico perché è simbolico, tipo ridere come il sole, comportarsi come il gattino che gira per casa rivestendolo di un vissuto emotivo preciso, oppure con il proprio orsetto di peluche.
    ​
L’elemento magico, sempre secondo Piaget, permane anche nell’adulto e può essere osservato in tre processi:
  1. l’imitazione volontaria, cioè percepire come proprio ciò che appartiene agli altri. Pensiamo ad esempio ai concerti dove si tende ad assumere il comportamento di quelli che stanno accanto, o negli stadi;
  2. gli stati di inquietudine che sconfinano nel magico, tipo: ho un evento importante, prima di iniziare vado a farmi una passeggiata e ad un certo punto sento il bisogno di prolungarla perché se lo faccio andrà tutto per il meglio;
  3. il desiderio che vuole rappresentare in modo concreto l’astratto, come se avesse il potere di animare le cose facendole procedere per il verso giusto del tipo: pratico un’azione di qualunque genere, se ad esempio non mi tolgo la giacca anche se ho caldo mi riuscirà.
    ​
Anche i riti sono un atto magico perché ripetono gli inizi dell’atto cosmico descrivendo così un tempo sacro attraverso dei rituali che sono stati compiuti per la prima volta da un antenato o un eroe.

Oggi ad esempio un autore molto celebrato sulle analisi sociali, Byung-Chul Han, propone un ritorno al simbolismo dei riti poiché capace di fermare la paura della morte imperante della nostra società.


”I riti e le cerimonie sono azioni umane genuine capaci di far apparire la vita in chiave festosa e magica, mentre la loro scomparsa la dissacra e la profana, rendendola mera sopravvivenza. Da un reincanto del mondo, perciò, ci si potrebbe aspettare un’energia curativa in grado di contrastare il narcisismo collettivo.”
(B. C. Han, La scomparsa dei riti)


Il rito dunque visto come potenza per ristabilire un equilibrio turbato dalla forza di desideri prorompenti e del sentirsi all’interno di vicoli ciechi in cui, a volte, la vita ci sospinge.

Gli antichi testi di magia prevedono sempre tre elementi tipici per l’efficacia della stessa:
  1. effetti fonetici o imitazioni di suoni naturali;
  2.  l’uso delle parole che invocano (abilmente ripreso ad esempio dai moderni cartoni animati di Disney);
  3. le allusioni mitologiche, cioè il riferimento agli antenati o eroi, da cui la magia è stata trasmessa.

Attraverso questo excursus è chiaro come la forza del magico si fondi su un modo di affrontare l’esperienza emotiva, dove la verità è rivelata dal gioco delle emozioni sull’organismo umano, rendendo l’uomo capace di affrontare con fiducia i suoi compiti, una vera e propria ritualizzazione dell’ottimismo.

In una chiave legata all’oggi, ed al lavoro qui proposto con l’esplorazione del tema del Pensiero Magico attraverso il mito di Medusa, il linguaggio magico presenta una possibilità evolutiva legata al tenere assieme la polarità.

Da un lato il sapere di dover affrontare una paura, ed esercitarsi a farla emergere, dall’altro la ricerca del riscatto, costituito dal cercare tale possibilità in una visione trasversale rispetto alla realtà oggettiva.

Inoltre il magico, come il mito, spingono ad osare, a non fermarsi al cospetto del martellante suono della vita oggettiva, per dare un senso a ciò che appare poco decifrabile.


“Pensiero magico e pensiero mitico vedono il mondo attraverso le leggi dell’analogia, della corrispondenza e della connessione; non lo ritengono frutto del caos e del caso, dominato dalla separazione atomistica degli elementi, a cui imporre le norme della scienza e della ragione. Il pensiero mitico conduce a una visione del destino, mentre il pensiero magico conduce a un’azione sul mondo; il mito è una parola che trasfigura, la magia è una pratica che trasforma.”
(M. Veneziani, “Alla Luce del Mito”)


Uno spezzare, la linea progressiva del tempo, per abbracciare la ciclicità circolare che connette il tutto dell’universo.

Letture correlate:​
  • ​Introduzione alla forza del pensiero magico
  • Il linguaggio simbolico​
  • Il Parto di Medusa: articolazioni e meccanismi profondi della psiche
  • Trasformazione
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    La Dr.ssa Anna Pancallo, psicologa-psicoterapeuta è iscritta all’Albo Regionale Veneto, è specializzata in Psicoterapia della Gestalt, titolo conseguito presso la Fondazione Italiana Gestalt di Roma.

 Svolge l’attività dal 1993 e opera negli studi di Treviso e Mantova.

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