L’ansia da performance colpisce spesso individui abituati a elevate prestazioni. Secondo uno studio pubblicato nel 2023, Imposter Phenomenon di M.R. Huecker et al., tale sindrome ha una particolare rilevanza in coloro che lavorano in campo sanitario e, in generale, negli accademici o in individui che occupano alti profili professionali.
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Viviamo in tempi segnati da paura, incertezza e divisione. La crisi ecologica, economica e politica, unita all’avanzata delle nuove forme di totalitarismo e fanatismo, ci pone di fronte a una domanda essenziale: cosa significa essere umani? Rob Riemen, scrittore e intellettuale olandese, prova a rispondere in L’arte di diventare umani. Quattro lezioni sulla crisi della nostra epoca (Mondadori), un’opera che si muove tra saggio filosofico, pamphlet politico e romanzo di formazione. Un libro che vuole essere un omaggio alla grande tradizione dell’umanesimo europeo e, al tempo stesso, un monito urgente contro le insidie del presente.
Nel mito di Perseo e Medusa, la necessità dell’eroe di costruire un regno dopo il rientro dalla propria avventura sancisce l’aver sviluppato la capacità di gestire gli aspetti difficili che albergano nella propria anima e, attraverso questo processo, essere riusciti a soddisfare in modo efficace i bisogni interiori che la movimentano. L’unicità del protagonista riflette, fin dall’inizio del racconto, quel bisogno di individuazione che rende Perseo altamente attraente agli occhi di una visione contemporanea: un individuo che lotta per far emergere in sé qualità umane più in linea con le complessità che albergano nella propria anima.
Ogni essere umano è inevitabilmente il prodotto del tempo in cui vive.
La modernità accelera i processi di validazione della realtà, imponendo ritmi che comprimono gli spazi di riflessione e sottraendo profondità alla comprensione dell’esperienza. Tuttavia, proprio nelle zone d’ombra del soggetto si annidano i nuclei di maggiore trasformazione, quelli che, se attraversati, consentono di ridefinire la qualità delle relazioni. Ogni 27 gennaio, la Giornata della Memoria ci invita a riflettere sull’Olocausto, un genocidio che ha segnato profondamente il XX secolo e la coscienza dell’umanità. Questa ricorrenza, tuttavia, non deve limitarsi a un semplice esercizio di ricordo: deve spingerci a comprendere le dinamiche umane, sociali e psicologiche che hanno reso possibili tragedie come questa e che, con volti e modalità diverse, si ripresentano anche nel presente. Il saggio di Helm Stierlin su Hitler (Carocci, 2003) rappresenta un’analisi illuminante. Divenuto un classico, questo studio non solo ricostruisce gli eventi storici, ma esplora la personalità di Adolf Hitler e la sua capacità di trascinare milioni di persone in una spirale distruttiva. Come osserva lo psichiatra Luigi Cancrini, esistono disturbi di personalità che possono risultare vincenti in determinate circostanze, soprattutto in individui con tratti antisociali e masochistici.
Il grande pugile Muhammad Ali soleva dire che non aveva mai vinto un incontro sul ring, ma durante la preparazione che lo precedeva. Con questa frase intendeva mettere in risalto l’importanza di un allenamento continuativo e consapevole, non limitato al momento della prestazione. Approfondendo il concetto di allenamento, ci troviamo di fronte a una miriade di approcci e valutazioni, molti dei quali tralasciano elementi essenziali per una pratica realmente benefica e sostenibile nel tempo. Oggi più che mai è necessario allenare il corpo per migliorare la qualità della vita, e la ricerca scientifica offre ampie conferme in merito. L’esercizio fisico non è solo una questione di forma esteriore o di prestazioni atletiche, ma un elemento chiave per la salute globale dell’individuo.
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