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“Il gruppo può essere ben più reale del mondo esterno.” (Irvin D. Yalom)  Illustrazione di Martínez Flores Il contesto sociale nel quale siamo immersi stimola l’idea che l’essere umano debba identificarsi soprattutto con la propria parte produttiva e il valore di ognuno assimilabile al ruolo che socialmente ricopre. Nei confronti relazionali di vario genere questo aspetto tende ad essere dato per scontato oppure minimizzato. In realtà mettere in gioco se stessi attraverso una comunicazione in linea con ciò che si prova, vuol dire in certi casi, esporre al mondo una pelle alquanto sottile e in grado di segnarsi con una certa facilita. Come sottolinea J.Paris, “La psicoterapia ha dato a milioni di persone una precisa occasione per parlare di loro stesse. Non è il caso che incoraggi quelle stesse persone a parlare solo a loro stesse.”. L’Alfabetizzazione Emotiva di Gruppo rappresenta la possibilità di un fenomeno relazionale, poiché aiuta a ripensare ad una modulazione dello scambio come risorsa, un microcosmo dove dare spazio alla capacità di interiorizzare la funzione regolativa dell’altro per poter accrescere la propria. Tale ambito permette di esplorare uno dei problemi maggiormente sentiti: la difficoltà a perdere un po’ del proprio mondo a favore dello scambio, in un lento allenamento che favorisce una percezione orientata, in grado di riposizionare la propria narrazione personale. Possiamo divenire più raffinati nei sensi e nel gusto in relazione all’anima, così da portare in primo piano un bisogno di bellezza che cerchiamo altrove. Lo sviluppo interiore richiede prove che nell’ambito di un gruppo terapeutico trovano i modi ed i linguaggi per restituire una bellezza riparata, come un grande affresco che prende forma attraverso il restauro delle singole parti, giunte a legittimare il proprio potere espressivo nella partecipazione corale.
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