Se mai si racconterà la mia storia, si dica che ho camminato coi giganti. Gli uomini sorgono e cadono come grano invernale, ma questi nomi non periranno mai. Si dica che ho vissuto al tempo di Ettore, domatore di cavalli. Si dica che ho vissuto al tempo di Achille. Il gigante Crisaore viene fuori dalla testa di Medusa tenendo in mano una Spada d’oro, proviamo a comprendere appieno il significato di questo simbolo. Nelle mitologie di molte culture compaiono esseri dall'aspetto umano ma di incredibile statura e forza; con un termine originariamente proprio della mitologia greca, essi sono genericamente detti giganti. In molte tradizioni indoeuropee i giganti sono creature associate all'origine stessa del cosmo, e rappresentano il caos primordiale a cui gli dei si oppongono (questo tema per esempio ricorre sia nella mitologia greca che in quella norrena). In genere, i giganti sono rappresentati come esseri di grande forza, estremamente longevi, e spesso anche depositari di una grande conoscenza" Il Gigante che nasce con la spada d’oro in mano reca con se la possibilità di trasmutare tanto il corpo fisico quanto la spada, rendendo entrambi al servizio della propria interiorità. Secondo la visione greca, l’anima deve sapersi sciogliere dal dominio del corpo, prenderne il sopravvento e guidarlo, trasfondendogli tutte le sue energie ed il suo volere. Il gigante con un grande corpo rappresenta l’ostacolo che l’anima incontra per ricongiungersi diversamente alla sua fisicità materiale. Marte è il Dio del ferro e della guerra, dalla tintura di questo metallo, se si riesce ad estrarlo, si può ottenere del purissimo oro. Ecco che la spada d’oro è per eccellenza la capacità di nobilitare l’istinto di guerra, quindi aggressivo, ripulendolo da quei difetti di ira, orgoglio e superbia spesso connessi. Il concetto dell’impulsività come dato da tenere in conto, si rifà ad un elemento naturalmente presente in tutta la cultura greca. Aristotele ad esempio aveva la convinzione che gli esseri umani non potevano vivere secondo la ragione pura, se non per periodi molto brevi. Questo elemento irrazionale tenuto da conto si prestava, come in qualunque società, a visioni differenti e anche l’antica Grecia non ne risultò immune. Il Mito vuole trasmettere concetti di importanza fondamentale per l’evoluzione dell’uomo ed è la vera ragione per cui i miti sono tutt’ora vivi, [...] una volta nella storia un popolo civile cavalcò fino a raggiungere l’ostacolo, se lo trovò davanti e non saltò. Eric Dodd, è uno studioso di lingua e letteratura greca, ciò a cui fa riferimento nella citazione soprastante riguarda il fatto che, il popolo greco, con il linguaggio della mitologia, ha provato a descrivere tutti quei fenomeni che sfuggivano all’aspetto razionale. La terminologia mitica si avvale del potere del simbolo che risultava essere il più adatto a rendere chiari alcuni passaggi umani, il tentativo compiuto dai greci per affrontare le proprie paure appare ancora oggi di un valore e una grandezza inestimabili. Risulta chiaro dunque che per la cultura Greca la coscienza era qualcosa dotata di complessità, nel mito infatti s’incontrano grandi tendenze compensatorie riguardo l’inconscio. Ad esempio la metafora del Gigante ne contiene una precisa: connettere la sua figura con ciò che le emozioni e gli affetti tendono a produrre come stati d’animo, un concetto visibile nel fatto che, [...] ogni qualvolta diventiamo emotivi, cominciamo a esagerare: facciamo ‘di una mosca un elefante’. Una piccola osservazione di qualcuno, un piccolo particolare diventano un immane tragedia, appena siamo travolti dall’emozione. L’emozione stessa è qualcosa di potente che ingrandisce tutto quel che ci circonda. Inoltre è proprio dell’istinto umano che ha anche una natura animale, dover fronteggiare bisogni dotati di carica aggressiva: Gli animali escono dal sonno invernale per riprendere la vita con il suo accompagnamento di rivalità e lotte. Sarà comunque prudente tenersi lontano dalle tempeste, reali o simboliche. Può esserci anche grande calma, volendo. Non a caso nella mitologia, i giganti sono esperti nel modellare il metallo poiché maneggiano il fuoco, il metallo veniva considerato come un veicolo, data la sua conducibilità al calore, affinché il personaggio mitico esprimesse la peculiarità di chi prova emozioni forti. La mitologia greca offre due esempi di metallo: il primo è l’Adamantio, un metallo che dispone della straordinaria durezza del diamante. Di Adamantio era composta la Harpè, la spada con cui Perseo uccide Medusa. Il secondo è l’Oricalco, che ha come caratteristica la straordinaria resistenza materiale con cui venivano costruiti gli scudi degli eroi dei Miti Greci. Nello studio della mitologia i Giganti sono la parte intermedia tra i Titani e gli Dei, andiamo a vedere perché. Esistono nella psiche dei nuclei molto dinamici che vengono definiti archetipi, sono cioè dei modelli originari della psiche che servono a dare ordine e stabilità alla medesima, tipo idee innate a cui il soggetto fa riferimento: il Vecchio Saggio, il Fanciullo, il Guerriero ecc.. Quando qualcuno di questi simboli a cui il soggetto si appoggia viene esperito solo come elemento emotivo, privo della sua funzione conoscitiva e ordinatrice, assume l’aspetto di un Gigante. Il Mito di Medusa pare suggerirci che Crisaore deve avere con se la Spada d’Oro affinché la sua funzione risulti utile ed efficace per l’essere umano. La Spada è un simbolo di nobiltà e coraggio, di capacità di combattere, di saper separare il bene dal male. Esiste anche un significato archetipico leggermente differente, la Spada simboleggia la figura umana stilizzata, nella sua essenza umana e spirituale. La spada, simbolo di luce, di folgore, aiuta l’individuo a difendersi contro i pensieri negativi che la propria mente elabora. Il pensiero negativo è ciò che induce l’individuo a credere di essere circondato da “demoni”, in tale contesto, la spada diviene uno strumento atto a portare la luce là dove regna il buio e, inoltre , essa racchiude la Forza e la possibilità di elargire il perdono. La spada diventa anche strumento di evocazione della Forza Interiore. Per ciò che concerne l’Oro, gli antichi greci ritenevano discendesse direttamente da Zeus ed era per loro un simbolo di immortalità quindi era ritenuto portatore di protezione, crescita e conoscenza. Alla luce di queste valutazioni il Gigante con la Spada d’Oro può ben rappresentare l’emozione deviata dall’eccesso che si ristabilisce grazie alla sua capacità di guarigione. Non a caso nel Mito, Perseo, pur vedendo il Gigante con la Spada uscire dalla testa di Medusa, decide di lasciarlo vivere poiché recava con se una funzione ben precisa che doveva essere esercitata. Il racconto mitico sembra dunque spingerci verso una visione della psiche che vada oltre il bene e il male, dove ciò che conta è la sua possibilità riparatrice scevra da altri orpelli, il fondamento del suo nucleo è la capacità trasformativa. "Certamente!", diremmo noi. Ma cambiare i sentimenti che tendono a sopraffare non è un impresa così facile. Andiamo ad esplorarne alcune caratteristiche di uno dei sentimenti distruttivi, la rabbia. Cos’è la rabbia? La rabbia ci dice che nell’ambiente esiste qualcosa che impedisce di procedere, in senso evolutivo presenta due scopi: 1. prepara la mente a fronteggiare un nemico; 2. garantisce la sopravvivenza. In questo senso la rabbia ha funzioni altamente adattive finché viene percepita come una forma di difesa. Ciò che sale dal corpo non ha una funzione puramente biologica ma ovviamente mette in moto altro: Alcune di queste elaborazioni profonde possono essere influenzate o interamente ridirette da ricordi o progetti che via via maturano nella parte culturalizzata del mio sistema nervoso, quella che riguarda ciò che ho vissuto e imparato nella mia esistenza. La rabbia però può risultare anche un sentimento molto insidioso poiché non ha bisogno di una realtà per affermarsi, e di questo va tenuto assolutamente conto. Corpo e Psiche sono le due facce di una stessa medaglia, al tempo stesso la caratteristica della coscienza è di arrivare sempre dopo rispetto al corpo e tale meccanismo porta gli esseri umani a sentirsi in colpa. I sentimenti difficili esistono perché gli individui soffrono e non è possibile eliminarli, la ragione che è in noi vorrebbe credere che il male non debba esistere, poi la materia (corpo) con le sue evidenze e limitazioni, ci dice altro. Il nostro compito è indubbiamente quello di migliorare tale dualità che risulta però saldamente ancorata dentro di noi, in realtà chiamiamo male ciò che non vorremmo che fosse, tale aspetto coinvolge tanto la nostra natura quanto i nostri giudizi di valore. Per creare un cambiamento passare attraverso ciò che è bene o male per noi risulta fondamentale, la scienza ci viene in soccorso circa questi aspetti e sembra confermare in toto il Mito: Un’emozione si sente quindi prima di tutto nel corpo, ma questa reazione fisiologica deve essere suscitata e controllata. Deve essere suscitata, perché il sistema nervoso autonomo non si affaccia direttamente sul mondo, né esterno né tutto sommato interno. Devono esserci eventi sensoriali quindi, o il richiamo alla mente di qualche ricordo o di qualche riflessione, a iniziare l’intero processo e sappiamo bene quanto le percezioni di qualsiasi tipo siano a loro volta mediate dall’azione, propulsiva o frenante, del sistema nervoso centrale, se non della coscienza vera e propria.” Ognuno di noi infatti registra in modo differente gli accadimenti reagendo in maniera personale, questo dimostra che c’è sempre una componente cognitiva e culturale anche nel nostro modo di reagire emotivo: ma c’è anche un’interazione con la sfera emotiva superiore, dotata di una sua propria memoria, che costituisce l’ultima istanza di controllo delle emozioni, e che risiede nel cosiddetto sistema limbico. Già su questo punto non possiamo prescindere dalla dualità, ciò che è emotivo è anche cognitivo, il bene e il male dunque sono già presenti nel corpo e rappresentano una dicotomia irrinunciabile. Tutto questo ci porta ad una considerazione fondamentale: la nostra mente si è formata in un tempo dove scorrazzavamo in un ambiente selvaggio e i nostri incontri erano molto diversi da quelli di oggi. Si è dunque organizzata in maniera da permetterci decisioni veloci e cruciali, questo non vuol dire che non possiamo maneggiare le cose con un atteggiamento più oggettivo, al tempo stesso al di fuori delle malattie genetiche importanti, la trama della nostra vita si snoda su meccanismi genetici (informazioni ereditarie) che costituiscono la base sulla quale ricamare la nostra esistenza. Questa natura della nostra psiche ci porta verso aspetti non sempre edificabili, cosa fare allora? Intanto prendere in considerazione che il progresso materiale avviene in tempi molto più brevi di quello morale, ciò induce al fatto che anche se abbiamo sviluppato abilità indubbie, non vuol dire che siamo sullo stesso piano da altri punti di vista, inoltre la nostra considerazione sulla polarità porta inevitabilmente a concludere che l’aggressività, il male, l’egoismo, l’odio, l’invidia sono atteggiamenti presenti nell’umano. Tutte le nostre disposizioni più elementari, tutti i nostri meccanismi biologici, e in generale preculturali, hanno in potenza una intrinseca polarità, ma manca loro il momento valutativo. Che arriva con la cultura, che valuta il risultato complessivo e sceglie. Tale valutazione tende a essere collettiva, ma ovviamente presenta spessissimo notevoli differenze fra individuo e individuo. La mente grazie alla sua struttura polare è dotata di una propria plasticità che gli permette di apprendere e modificarsi nel corso dell’intera esistenza. Noi siamo una superficie dinamica, e Crisaore sembra ricordarcelo. Sviluppare confidenza con gli aspetti legati all’istinto, ci porta ad interiorizzare una conoscenza di noi stessi, tale conoscenza implica una maggiore capacità di coordinamento intrinseca ad ogni evoluzione. Crisaore si pone come l’antidoto alla nostra paura, la ricerca della nostra intima realizzazione non può prescindere dal portare lo sguardo alle emozioni difficili. Questo passaggio non deve necessariamente smarrirci, piuttosto serve a ridare alle nostre vite il vento moderato e rinfrescante della brezza marina; un vento capace di spirare tutte le volte che la nostra ricerca di senso trova la strada. Io sperando, temevo. Sono audace dacché non spero più.
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