Attraverso il suo libro “L’eredità emotiva: Una terapeuta, i suoi pazienti e il retaggio del trauma”, la psicoanalista Galit Atlas ci invita a visitare il suo metodo clinico e, in un certo senso, la sua mente. La scrittura di Atlas, emozionante ed evocativa, descrive vividamente lo stato emotivo dei suoi pazienti raccontando, con il loro consenso previo, le loro esperienze terapeutiche, stimolando così pensieri e ricordi privati. Per un momento il lettore diventa un ospite nell'incontro terapeutico, osservando e vivendo il processo mentre si svolge. L'abilità di Atlas come scrittrice, ma anche come psicologo clinico, le permette di raccontare argomenti e verità finora nascosti o sconosciuti ai suoi pazienti. Scrivendo di questi momenti di illuminazione espone anche quale sia la sua connessione personale con i propri assistiti. In questo senso L’Eredità Emotiva si presenta come un libro molto personale. Il background di vita e professionale di Atlas Galit, e il rapporto tra questo e i suoi pazienti, trova radici nel mondo ebraico. Atlas è nata (1971) e cresciuta a Tel Aviv e lavora oggi come psicoanalista e supervisore clinico in uno studio privato a New York, inoltre insegna nella facoltà del programma di post-dottorato in psicoterapia e psicoanalisi della New York University. Atlas Galit è anche nota per la sua esperienza nella psicoanalisi relazionale, un campo della psicoanalisi che enfatizza il ruolo delle relazioni reali e immaginarie. Guardare indietro alle esperienze dei propri antenati, e come queste possono influenzare la psiche di una persona, è una delle lenti più comuni nella psicoterapia. Fin dall'inizio della storia della psicoanalisi, Sigmund Freud ha denotato il concetto di “trasferimento”, la comprensione che i conflitti, le ansie e le fantasie inconsce e irrisolti, modellati nella prima infanzia, saranno proiettati su altri più tardi nella vita. Questi modelli possono essere ripetuti e rivelati attraverso la terapia. Successivamente, altri psicoanalisti o studiosi hanno descritto come eventi traumatici non elaborati, come per esempio la Shoa, possano esercitare un'influenza inconscia sulle generazioni successive della stessa famiglia: il trauma non elaborato può essere intergenerazionale, inconsciamente trasferito da una generazione all'altra.
Questi livelli si manifestano sotto forma di un “iceberg metaforico”: la parte cosciente è quella che ci è stata rivelata sopra l'acqua; il precosciente si trova sott'acqua, vicino alla sua superficie e l'inconscio, che può nascondere la storia traumatica familiare sconosciuta, è in profondità nel mare dove coglie tutte le correnti, influendo con il suo movimento perenne nell'intera mente. In sostanza, il trauma familiare intergenerazionale nascosto nella profondità degli abissi, quindi non elaborato, può avere il potenziale di influenzare inconsciamente i nostri comportamenti e di guidare il percorso della nostra vita. Ma Atlas Galit si spinge più in là di Freud, attingendo all'approccio più contemporaneo basato sulla ricerca dell'epigenetica ci suggerisce non solo che ci sono risultati riguardanti i cambiamenti ormonali nella prole sana delle persone che hanno subito un grave trauma, ma che possiamo anche utilizzare questa prospettiva per valutare che la trasmissione dell'eredità emotiva può creare un cambiamento “fisico” nei propri geni e nella propria psiche ed essere, così, incorporata nella propria mente. Utilizzando una espressione a noi chiara potremmo affermare che il Pensiero Magico si unisce alla parte scientifica, dove le emozioni hanno la forza e il potere di determinare cambiamenti genetici; come afferma l’autrice “si eredita i traumi familiari, anche quelli di cui non ci è stato detto” che possono plasmare le nostre vite. Ogni capitolo del libro di Atlas si concentra sulla storia personale di un paziente diverso e sul trauma familiare ad esso relativo. Durante le sessioni di psicoterapia descritte nel libro, vengono rivelati segreti di famiglia e dettagli sconosciuti. Le descrizioni di Atlas delle sue sessioni psicoterapiche consentono al lettore di riflettere su come il materiale emotivo che risale a due generazioni possa riemergere nel presente. Il libro inizia con i nostri avi, la generazione dei nonni, mostrando come il trauma vissuto da un nonno possa diventare una presenza nel panorama emotivo e relazionale del nipote. Ad esempio, nel caso di Eva, Atlas mostra come il trauma della perdita materna nelle generazioni precedenti possa riapparire, in questo caso sotto forma di un desiderio di riparare e trovare un modo per ravvivare ciò che è stato sentito come morto o dimenticato. Successivamente Atlas si concentra sulla generazione dei genitori, delineando come i traumi familiari nell'infanzia o il periodo precedente la nascita possono plasmare il nostro mondo inconscio. Atlas mostra come la terapia può creare una nuova realtà per i loro figli, aiutandoli a vivere la vita al massimo piuttosto che ripetere il trauma personale sconosciuto del genitore. Un buon esempio di tale trauma familiare è presentato attraverso la terapia di Ben. Ben, che ha prestato servizio in un'unità d'élite delle forze di difesa israeliane, ha iniziato la terapia a causa del suo consapevole desiderio di essere un buon padre per i suoi futuri figli. Durante la terapia Ben solleva lentamente argomenti inconsci legati a suo padre e alla nozione interiorizzata che "gli uomini non piangono". La lettura rivela come questa sconosciuta eredità emotiva che Ben portava con sé limitasse la sua capacità di esprimere il suo dolore emotivo. Esplorando la sua vulnerabilità e aggressività, così come la storia di mascolinità della sua famiglia e il suo rapporto con suo padre, Ben si è trovato, così, in grado di esprimere nuove emozioni. La capacità di piangere per il ragazzo che era, il ragazzo e il soldato a cui non era permesso dimostrare il suo lato sensibile, apre nuove possibilità per lui come padre. Infine Atlas si concentra sui segreti personali che “teniamo” nascosti da soli. In questa terza e ultima sezione l’autrice decostruisce in modo inesorabile i traumi personali del passato dei suoi pazienti, che perdono la loro capacità di sperimentare un futuro migliore per se stessi e per le generazioni a venire. In questa parte del libro Atlas cerca di rispondere a una delle domande più complicate e fondamentali della psicoterapia: come può la psicoterapia effettuare un cambiamento significativo nella vita di una persona? In che forma si può rompere il ciclo del trauma ereditario e trasmesso da una generazione all'altra? La risposta di Atlas a questa domanda è chiara e si discerne in tutto il libro: elaborando e comprendendo la propria storia familiare personale, l'eredità emotiva che porta con se, la psicoterapia ha il potenziale per rompere quella catena di traumi intergenerazionale. In senso epigentico, cosi come lo può l’alimentazione, un lavoro sulle emozioni può avere effetti sul corpo e cambiare significativamente il radicamento del trauma psichico e la sua manifestazione fisica in malattie neurodegenaritve o autoimmuni. I nostri geni, i cromosomi e le cellule sono drammaticamente influenzati dal nostro stile di vita, dal livello di stress, dall'esercizio, dalla dieta, dai modelli di sonno e da come la nostra mente sceglie di orchestrare tutti questi fattori. Il nostro ambiente, comportamento e reti mentali, interagiscono per giocare ruoli significativi nel cambiare la nostra biologia fino all'espressione genica. La psicoterapia cerca di migliorare la salute comportamentale, promuove l'espressione genica positiva e la lunghezza dei telomeri. Un approccio integrato richiede di affrontare sempre di più l’interdipenza tra la salute e la psicoterapia; dato che la psicoterapia affronterà sempre di più negli anni a venire temi legati alla visione sanitaria è necessario, che la stessa, possa rivedere un suo costrutto precedentemente consolidato. Il libro della Dott.ssa Galit Atlas presenta una prospettiva assorbente e perspicace su come valutare il trauma intergenerazionale in un processo psicoterapico e come lo stesso possa avere un impatto positivo sulla vita dei pazienti. Per i lettori che non hanno esperienza con il processo terapeutico, e del modo in cui si evolve, il libro offre un contesto più ampio sull'impatto del trauma, non solo sull'individuo, ma anche sulla sua prole. Per i terapeuti che hanno familiarità con la psicoanalisi, la psicoterapia e l'approccio terapeutico, il libro offre un punto di vista contemporaneo affascinante, presentando un esame approfondito dell'eredità emotiva del trauma intergenerazionale e dei diversi modi in cui questo si manifesta nella terapia e nella vita. Anche da un punto di vista sociale, un punto di vista più ampio di quello personale, la prominenza del sottile impatto del trauma intergenerazionale può fornire una visione diversa e più articolata, ci da l’opportunità di poter vedere le cose che preferiamo non guardare o pensare anche come comunità. In questo senso “L’Eredità Emotiva: una terapeuta, i suoi pazienti e il retaggio del trauma” facilita un punto di vista che incapsula sia la propria eredità emotiva che quella più ampia di comunità, valutando quindi anche gli effetti della trasmissione del trauma e i suoi effetti sulla storia nazionale di un paese.
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