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Pegaso, lo slancio tra materialità e leggerezza

22/6/2021

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“Infine sono venuto al mondo. È successo da poco. Non ho capito come. Non era sicuro che potesse accadere. Ma se mi sfiorate una gamba sento cosa hanno da dirsi stelle molto lontane. Se mi puntate un dito sul petto sento il buio senza colpa che pascola nell’universo. Se mi abbandonate io passeggio sull’orlo del vostro silenzio. Guardo. Scrivo. Festeggio ogni giorno l’arrivo nel mondo.”
(F. Arminio, “Resteranno i Canti”)

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Foto di Fidoxa da Pixabay
La materialità e la leggerezza riportano sempre ad una dimensione duale. La difficoltà di coniugare aspetti concreti senza privarli di contenuti che allarghino il nostro orizzonte di senso è ovunque palpabile. Cerchiamo discipline che ci svelino le migliori strade da seguire e nel tempo fatichiamo a dare un volto utile a esperienze o apprendimenti che abbiamo già attraversato.
Il mito ci viene in soccorso perché attesta il desiderio verso il mondo:

“Il mito colma le distanze incommensurabili nello spazio e nel tempo. Trasporta in luoghi e tempi remoti, è una prodigiosa macchina del tempo come la scienza e la tecnologia non sono riuscite a realizzare. Il mito dà voce nel buio, nomina le cose, suscita stupori, battezza l’ignoto. Riveste la vita con abiti da cerimonia. [...] Nel mito è la vita ulteriore che esce dalla dimensione soggettiva, temporale e occasionale per entrare nella sfera del destino, dell’origine, della comunità. Nel mito avviene la liberazione dall’ego, l’eutanasia del soggetto nel racconto che lo trascende. La vita ha bisogno del mito come sortita e proiezione, accesso al piano superiore, pietra di paragone, stella di orientamento, forma oggettiva e racconto. Il mito è la vita vista dall’alto, al di sopra di sé e della sua momentanea circostanza.”
(M. Veneziani, Nostalgia degli Dei)


Il mito nasce da una visione simbolica della realtà che però in essa stessa scorge il senso di una visione più elevata.

Così ci colpiscono le storie mitiche del cavallo alato Pegaso, anch’esso legato alle vicende sia di Perseo che di Bellerofonte, altro eroe che cavalcandolo riuscì ad abbattere la terribile Chimera (mostro recante parti del corpo di animali differenti).

Fu trasformato in costellazione, dopo che ebbe fatto sgorgare una fonte con un colpo di zoccolo, al termine delle sue avventure.

Il suo nome potrebbe derivare da πηγός, "forte, solido", l’etimologia tradizionale è collegata invece a πηγή, "fonte, sorgente”, in relazione alla leggenda secondo la quale appunto con un colpo di zoccolo, Pegaso, avrebbe fatto scaturire la fonte Ippocrene sul monte Elicona.

Conosciuto come pterippi (pteros in greco significa "alato" e ippopotamo significa "cavallo di acqua"). Il significato simbolico del cavallo è profondo, con temi di potere e mobilità. Il cavallo da solo porta anche i temi archetipici di una stabilità fondativa unificata (quattro piedi sul terreno) con ideali più alti (velocità e mobilità).

Il tema prende slancio quando aggiungiamo le ali al cavallo. Il pterippus, o cavallo alato, è un simbolo che aspira alle più alte vette della realizzazione.

Questo animale incarna il concetto di sfruttamento della magia sul piano materiale.
Rendere il pensiero concreto, cioè la materia fisica e trasformarlo per altre strade.

Questi tipi di imprese si realizzano assorbendo tutta la realtà della nostra presenza fisica, bilanciandola con la natura-essenza non fisica.

“È difficile cogliere tali implicazioni, Pegasus offre una grande analogia a causa della dicotomia che possiede. Fondato dalla stabilità del suo corpo, eppure in fuga dal potere effimero delle sue ali. Alto e basso (mente e corpo). Pegaso (di colore bianco) rappresenta la chiarezza della mente, e quanto la chiarezza della concentrazione mentale combinata con il piede stabile, possano trasformare le nostre vite in modi magici.”
(E. Santarato, “Pegaso cavallo alato”)


Se ci rifacciamo al significato junghiano di sincronicità scorgiamo come il tentativo del mito sia sempre quello di mettere assieme la polarità. Gli studi di Jung hanno rappresentato il dare a questo aspetto una valenza scientifica, come pure il bisogno di osservare la dualità in maniera rigorosa come elemento generativo dello stare al mondo.

Marie Luise Von Franz, un’allieva di Jung dice al riguardo qualcosa di assolutamente interessante:

”Ciò che vi è di più essenziale e forse più impressionante nei fenomeni di sincronicità [...] è il fatto che la dualità tra psiche e materia sembra quasi essersi annullata.”
(M. L. Von Franz, “Il Mito di Jung”)


Ed è proprio in questo che sta il fascino principale di Pegaso: poter definire quel confine dove si arriva ad uno stato di grazia perché il mondo appare in tutta la forza della sua perenne espressione.
 
Tornando al racconto di Perseo e Medusa, mettere assieme aspetti non direttamente collegati, è sicuramente l’opportunità che il mito in se si prefigge di sfruttare.

Pensiamo solo alle fattezze di Pegaso, uno splendido cavallo ma dotato di ali, la visione mitica nel conciliare la dualità si libra nella fantasia e concepisce delle ali proporzionate al corpo del cavallo, realizzando così un simbolo altamente fertile come elemento catturante per le nostre menti.

Non è infatti superfluo ricordare come Pegaso abbia attraversato la storia di molti popoli, presso i latini Plinio parla di Pegasi riferendosi a degli uccelli con la testa di cavallo, mentre le antiche tradizioni europee lo descrivono come un animale dai poteri misteriosi, presso i popoli mediterranei rappresenta un simbolo di giovinezza e forza rigeneratrice.

“Si pensa che il cavallo abbia costituito uno degli archetipi fondamentali della mente e della memoria dell’uomo. Il suo simbolismo si estende in due poli distinti, sia verso l’alto che verso il basso, e passa con la stessa prontezza dalle tenebre alla luce, dalla morte alla vita, dagli istinti all’azione. Sintetizza pertanto gli opposti in una manifestazione continua, facendo dell’animale un’idea concretizzata totalmente universale.”
(Giardino delle fate. WordPress.Com, Pegaso)


Pegaso ci riporta all’energia del contrasto e di come vi sia necessità assoluta di questo tipo di esperienza per produrre il nuovo.

Continuando sulla metafora di Pegaso potremmo dire che il suo corpo (cavallo) viene unito all’anima (ali), e sono proprio queste a rendere il corpo unico: un cavallo è anonimo, un cavallo rivestito di ali è magnifico.

L’anima è ...

“quel focolaio acceso dentro il corpo, la più intima e inviolata regione che vibra nell’interiorità, o ne è l’alone glorioso all’esterno, l’aura che circonda e avvolge il corpo come uno strato sottile simile all’etere e poi se ne va richiamata alla luce mentre il corpo cala nel buio? Se è scintilla interiore deve star dentro, ma se lo spirito è vento dovrebbe arieggiare e aleggiare fuori.”
(M. Veneziani, “La Nostalgia degli Dei”)


Così con Pegaso lo spirito si libra in volo reggendo il peso della materialità senza rinunciare ad un’ispirazione più elevata, la parola ali sta a significare infatti in alcune religioni uno dei nomi di Dio, dotarsi quindi di una visione spirituale è fondamentale per guardare il mondo da un’altra prospettiva.

Va detto che il corpo senza l’anima risulta essere assolutamente privo di significato, l’anima lo conduce e lo guida verso il significato della propria esistenza.

“Il corpo ubbidisce all’anima tramite le passioni, i desideri, la volontà, il pensiero. L’anima cede al corpo quando insorgono i bisogni, le pulsioni, i virus, le malattie. Il corpo che risponde all’anima è il suo destino naturale e soprannaturale; l’anima che subisce il corpo e poi si arrende è la sua patologia e la capitolazione d’ambedue.”
(M. Veneziani, “La Nostalgia degli Dei”)


Non è possibile esistere al di fuori dell’Anima, i sentimenti sono i mezzi con i quali l’anima si manifesta. La regolamentazione dei due aspetti, Corpo e Anima, ancora una volta appare essere l’elemento che permette di vivere la polarità.

Il corpo è fatto di carne e terra, l’anima di aria ed energia, entrambi si muovono su binari paralleli dove è l’anima a dare al corpo un senso di soggettività. Non può esserci nulla di importante per noi al di fuori di anima e corpo, il nostro mondo è racchiuso lì dentro con le sue storie e tutto ciò che contengono.

“Il corpo va, l’anima torna. Il moto del corpo è andare, mutare, crescere e deperire, fino a perire, mosso e mai movente. Il moto dell’anima è ritornare, a volte con la mente – e quel moto si chiama nostalgia – a volte col corpo, tramite i sensi, infine con il sesto senso, quello legato alla sfera invisibile. L’attività del corpo è fisica, l’attività dell’anima è metafisica; l’una è corporale, l’altra è spirituale. Ma s’intrecciano e la mente è il luogo eletto per la loro mediazione, laddove convergono e divergono.”
(M. Veneziani, “La Nostalgia degli Dei”)


Il movimento di Pegaso è questo, la fatica di sollevarsi, quella di assaporare la leggerezza del volo ed infine planare nella terra dove, l’attrito con il terreno, lo riporta al suo dover stare entro un limite.

Pegaso è la mirabile fusione del pensiero scientifico (corpo) con quello creativo (anima).

Ecco perché è un simbolo di così grande risonanza che irrompe nel mondo ordinario del nostro tempo, ci fa palpitare, ci commuove e ci rivela chi siamo.

“Se davvero non esistessero, fluttuanti sopra di noi, tutte le rappresentazioni simboliche che l’arte e la musica, la religione, la filosofia e la storia hanno inventato e, successivamente, tutte le interpretazioni e spiegazioni di queste che l’attività degli studiosi ci ha tramandato, che sorta di persone saremmo?”
(H. Vendler)


A ragione potremmo affermare che non esisterebbe tanto una letteratura quanto una tecnologia.

Tornare a Pegaso vuol dire tornare ad una realtà imprescindibile resa viva proprio dalla presenza di simboli mitologici che animano in noi l’energia vitale, il corpo fuori dall’anima precipita nell’alienazione.

“Reincantare il mondo vuol dire figurare l’unione tra anima e corpo tramite l’innamoramento, il trasporto, la passione tramite la musica o la poesia, il mito, l’estasi o l’opera d’arte.”
(M. Veneziani, La Nostalgia degli Dei)


Arrivati fin qui siamo coscienti di come tutto ciò che possiamo esperire serve da nutrimento affinché il dialogo tra queste due entità si affini e possa sviluppare al meglio le sue peculiarità.

Spirito e materia, anima e corpo hanno senso nel compenetrarsi. La vita stessa e il suo maturarsi sono chiuse nello spazio di un amplesso, come esistesse una corporalità dello spirito:

“Io vivo nello spazio di un amplesso – scrive Alda Merini – tu stesso mi maturi senza accorgerti/sotto il tepore delle tue carezze.”
(M. Sabia, “Di Alda Merini o del corpo del canto”)


Letture correlate:
  • Medusa e Perseo: l’incontro
  • Il Parto di Medusa: Una riflessione sulla polarità
  • Anfesibena: la polarità declinata
  • Trasformazione
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    La Dr.ssa Anna Pancallo, psicologa-psicoterapeuta è iscritta all’Albo Regionale Veneto, è specializzata in Psicoterapia della Gestalt, titolo conseguito presso la Fondazione Italiana Gestalt di Roma.

 Svolge l’attività dal 1993 e opera negli studi di Treviso e Mantova.

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La Dr.ssa Anna Pancallo,  psicologa psicoterapeuta iscritta all'Albo Regionale Veneto, è specializzata in Psicoterapia della Gestalt, titolo conseguito presso la Fondazione Italiana Gestalt di Roma. Svolge l'attività dal 1993 e opera negli studi di Treviso e Mantova.
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