Ad un certo punto della sua indagine riflessiva sul mito Jung dirà queste singolari parole:“gli Dei sono diventati malattie”. (C. G. Jung, Opere XIII) Cosa voleva dire Jung con questa espressione?
Certamente la sua premura era di sottolineare che il rifarsi al mitico era divenuto un elemento scomodo per una visione del mondo che cercava certezze e realizzazioni sicure.
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La maggiore difficoltà dell’essere umano sta nel potersi perdere nel nulla, nello stato di angoscia. Questo vissuto può essere ben plasmato dal mito, nel senso ampio del termine, così da evitare un disgregarsi delle forme spirituali, che sono un vero e proprio dramma esistenziale, che deve essere mediato tramite un dialogo tra pratico e teorico, azione e coscienza. Per superare questo problema è necessario far rientrare il mondo magico nella struttura della mente umana, cioè dare valore al fatto che la struttura dell’esistenza porta alla trascendenza come elemento costitutivo dell’essere. Un destino, quello dell’uomo, inteso come opera aperta sulla quale poter intervenire al fine di ricreare più e più volte il senso della propria esistenza.
“La magia è il ponte tra l’età dell’oro di una creatività primordiale e il potere attuale di produrre dei miracoli” (B. Malinowski) Grazie alle due pubblicazioni precedenti, “Introduzione alla forza del Pensiero Magico” e “Il linguaggio simbolico” abbiamo capito come il pensiero magico sia correlato a quello simbolico, e come, nel lavoro interiore, permetta una trasformazione dei vissuti poiché, l’atto magico che il lavoro terapeutico propone, consente di percepire e insieme di dirigere ciò che è precluso da un eccesso di razionalità, la quale rende difficile cogliere la natura delle cose.
Sappiamo che oggi la sofferenza psichica si colloca tra le maggiori sofferenze contemporanee. Ogni epoca potremmo dire ha avuto le sue sofferenze ma, in quale modo si manifesta quella dell’oggi. La sofferenza prevalente è quella legata alla solitudine, nonostante le situazioni nelle quali creare legami siano svariate. Possiamo ipotizzare, quindi, che le persone si sentono sole pur all’interno delle relazioni e ciò avviene perché, tale scambio, mette in gioco solo alcune parti di se stessi: rimaniamo nella superficie delle cose.
“Una buona pratica preliminare, migliore di qualunque altra, è la pratica della meraviglia. Esercitarsi a non sapere e a meravigliarsi. Guardarsi attorno e lasciare andare il concetto di albero, strada, casa, mare e guardare con sguardo che ignora il risaputo. Esercitare la meraviglia cura il cuore malato che ha potuto esercitare solo la paura.” (Chandra Candiani) La “Forza del Pensiero Magico” è un concetto che pone attenzione sul bisogno di allenare il pensiero simbolico, ciò che sta alla base del nostro funzionamento emozionale.
Caratterizzate da una dinamicità squassante nella loro fermezza marmorea, generate da un potente virtuosismo tecnico, da una incontenibile esuberanza espressiva e con un vigoroso impatto psicologico, le sculture del Bernini - teatrali e sofferenti anime - sono la massima espressione di uno scultore olistico (permetteteci questa definizione) che concepiva la sua arte, e quindi la vita, nell’armonia del tutto. La Medusa del Bernini, in particolare, c’inquieta ed esalta nell’espressione che cela un mistero: lo sguardo.
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